Cosa succede dopo le sanzioni

Oltre Vladimir Putin, un’altra Russia è ancora possibile?

Vladimir Putin è, da anni, il più aggressivo esponente di un modello di società alternativo a quello democratico e progressista. Costruito sui favori politici alla sua cerchia di oligarchi, abbraccia alcuni postulati neo-liberali come la flat tax (la Russia è l’unica grande economia al mondo ad averla in vigore, sin dal 2001, al 13 per cento, lievissimamente modificata nel 2021), mentre nega i principi democratici. E mantiene la coesione interna grazie alla retorica nazionalista e al supporto della retrograda chiesa ortodossa.

È un modello in cui non c’è spazio per i diritti civili, dove ad esempio da quando Putin è salito al potere (1999) le minoranze Lgbt sono state duramente represse. Ma non c’è spazio nemmeno per i diritti sociali, almeno in confronto all’Europa.

Pur essendo un paese mediamente più povero di noi (a valori nominali il reddito per abitante è meno di un terzo di quello europeo), le disuguaglianze sono maggiori: l’indice di Gini, 37,5, è inferiore agli Stati Uniti (41,4) ma molto superiore alla Germania e alla Francia (32), e più alto anche della Spagna (35) e dell’Italia (36).

Putin ha lanciato una aperta sfida al modello occidentale, nel 2019 ha dichiarato al Financial Times che il liberalismo, cioè la democrazia liberale, è diventato «obsoleto»; sostiene le forze della destra sovranista in Europa e negli Stati Uniti. Ma il suo modello, a differenza anche di quello cinese, non ha saputo garantire la prosperità ai suoi cittadini: al di là della tecnologia militare, erede della tradizione sovietica, non c’è un solo prodotto che i russi sappiano fare e che il mondo acquista. Vendono materie prime. E sulla vendita di materie prime l’élite russa si arricchisce e fa la guerra, come un qualsiasi regime predatorio dei tempi passati.

Solo la verità può armare l’opinione pubblica contro le bugie di Putin

L’aggressione all’Ucraina va collocata in questo quadro. Non è solo la paura della Nato (che peraltro inevitabilmente si rafforzerà a Est, dopo quanto successo). Ma è il fatto che gli ucraini, cittadini di un paese così intimamente legato alla storia e alla cultura della Russia, quasi una nazione gemella, preferiscano in maggioranza vivere come europei: cioè in un regime democratico, tutto sommato, sebbene anche lì vi siano state gravi violazioni dei diritti dell’uomo (a cominciare dalla strage di Odessa nel 2014). L’Ucraina dimostrava, dimostra, che un’altra Russia è possibile. È una minaccia mortale per il regime di Putin.

Se questa è la situazione, allora le sanzioni più dure, e coraggiose per noi, sono benvenute. Ma servono anche una strategia di massiccia controinformazione, rivolta al popolo russo, e concreti aiuti all’opposizione anti Putin.

Altre volte nella storia, proprio per guerre sbagliate (dalla Crimea nel 1853-56 al 1905, al 1917, poi all’Afghanistan), la società russa è stata capace di spezzare il giogo dell’autocrazia, che sembrava invincibile. Oggi può accadere la stessa cosa. La guerra in Ucraina si decide anche in Russia.

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