Come ampiamente previsto, le elezioni hanno consegnato il paese alla coalizione di destra guidata da un partito con radici neo-fasciste. Data la nefasta legge elettorale, bisognava essere totalmente sprovveduti per sperare in un risultato diverso, date le insanabili fratture a sinistra.

Il segretario Enrico Letta ha quindi scientemente deciso di perdere pur di mantenere una politica economica centrista imperniata sulla cosiddetta agenda Draghi e dallo spasmodico e fallimentare corteggiamento ddi Carlo Calenda.  

Ma se Atene piange, Sparta di certo non ride. Il Movimento Cinque Stelle ha attenuato la caduta elettorale sfruttando i numerosi autogol del Pd e il successo del reddito di cittadinanza, una misura rivelatasi fondamentale per contrastare la povertà.

Il Reddito di cittadinanza, il decreto dignità e la proposta di salario minimo hanno permesso al M5s di presentarsi con un’agenda economica progressista, attirando elettori di sinistra che non volevano disperdere il voto.

In realtà, il M5s ha una politica economica contraddittoria che si caratterizza per misure regressive come il Superbonus, che avvantaggia soprattutto i cittadini più ricchi e decarbonizza l’economia a costi elevatissimi, e la ferma contrarietà ad una riforma fiscale progressiva.

Dato che il 5 per cento più ricco degli italiani paga un’aliquota effettiva inferiore al resto della popolazione, sarebbe infatti necessario alzare le imposte di successione, introdurre un’imposta patrimoniale e aumentare la progressità e la base imponibile dell’Irpef, abolendo ad esempio il regime forfettario introdotto dal primo governo Conte.

La politica economica 

Per tutte queste ragioni, è fondamentale in questo momento di governo della destra estrema lavorare per superare la stantia terza via blairiana del Pd e le numerose incoerenze del M5s – in parte dovute all’ingenua volontà di superare la fondamentale divisione tra destra e sinistra.

L’Italia continua infatti ad allontanarsi da un emergente Nuovo Consenso di politica economia che si sta diffondendo in un numero crescente di paesi sviluppati, in primis negli Stati Uniti, dove è chiamata Bidenomics.

La nuova agenda di politica economica vuole superare le politiche neoliberiste, grazie a un maggiore intervento dello Stato per combattere le disuguaglianze, aumentare il potere contrattuale dei lavoratori, incrementare la spesa in sanità e istruzione, affrontare l’emergenza climatica e guidare gli stessi processi d’innovazione e di sviluppo economico.

Purtroppo, mentre l’Unione Europea con il Next Generation Eu e il Fit for 55 ha compiuto timidi passi in questa direzione, il governo Draghi ha perseverato sulla vecchia strada.

E le cose non possono che peggiorare dato che i fondamentali economici dell’Italia si stanno deteriorando rapidamente per la guerra in Ucraina e la nuova coalizione di governo propone di riformare il sistema fiscale introducendo la flat tax.

Perché l’Italia possa sposare la Nouvelle Vague economica è necessario che la Sinistra riparta dalla Costituzione, superando le contraddizioni del Pd e M5s per elaborare una nuova agenda di politica economica con una visione di crescita sostenibile e inclusiva che rilanci la produttività, permettendo così all’Italia di uscire da una stagnazione pluridecennale. Per questo sono tra i promotori  dell’appello “Campo progressista, imparare la lezione e ricominciare insieme”.

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