Nel corso degli ultimi mesi abbiamo assistito all’incremento di una polarizzazione estenuante intorno all’invasione russa dell’Ucraina, un fiume di parole, informazioni e tesi che hanno determinato una involuzione del dibattito pubblico: si sono falsificate e mistificate le ragioni degli aggrediti, tentando di oscurare il ruolo politico e diplomatico dell’Europa. Ora che la resistenza ucraina si avvia verso una controffensiva che potrebbe permettere a Kiev di liberare i territori illegalmente occupati da Putin e sedere ad un tavolo negoziale in modo equo, il parlamento europeo è stato chiamato a decidere su come rafforzare le capacità produttive dell’industria della difesa europea e consolidare le catene di approvvigionamento.
Questo è Asap, non un provvedimento emergenziale volto a inviare armamenti a Kiev, ma una misura strutturale, uno strumento che si colloca nel più ampio quadro dettato dall’invasione russa e dalla necessità di una rinnovata difesa europea. In questo contesto ai 500 milioni stanziati per lo “strumento”, che sono stati recuperati da altre voci di bilancio destinate alla difesa, gli Stati membri possono, ed è importante sottolineare che è solo una possibilità, aggiungere risorse allocate per altri programmi dell’Ue, come il fondo di coesione, oppure fondi provenienti dai Pnrr nazionali. Quella che è solo un’opzione è divenuta nel corso di questi giorni nel racconto pubblico una certezza, come se fantomatici signori della guerra a Bruxelles avessero voluto snaturare la missione rifondatrice del Pnrr, in virtù di una corsa sconsiderata agli armamenti.

Val la pena chiarirlo con nettezza: non è vero che siamo chiamati a scegliere se finanziare missili oppure asili; è vero invece che siamo chiamati ad agire affinché i nostri figli possano vivere in un continente libero e sicuro, e che altri bambini e bambine in Ucraina non siano deportati o vedano la loro casa distrutta nel cuore della notte da droni, missili e truppe di mercenari. Torna quindi sempre la questione di fondo: l’aggressione all’Ucraina è un’aggressione al cuore dell’Europa. Il sostegno alla resistenza di quel popolo e di quel governo è una difesa anche dei nostri confini per non far precipitare il mondo in una spirale di violenza. Quello che sta accadendo, come mi ha raccontato Oleksandra Matviichuk, premio Nobel per la pace 2022, è frutto delle mancate azioni di contrasto contro le politiche liberticide di Putin nel corso degli anni.

Nulla accade nel momento in cui avviene, soprattutto ad Est. Accogliere, difendere e tutelare la democrazia liberale è la prima missione dei progressisti italiani ed europei, una scelta che solo nel dibattito pubblico italiano viene vista come superflua, mistificata e indebolita com’è da un benealtrismo che sottende un’eterna assenza di maturità intorno a temi cruciali della nostra vita pubblica.
Lo hanno capito i progressisti di tutto il mondo: penso a Pedro Sanchez che in Spagna ha aumentato il bilancio delle spese di difesa come mai prima, portandolo a 12,8 miliardi di euro, con l’obiettivo del raggiungimento del rapporto del 2% del Pil. L’hanno capito anche i democratici americani, persino i più radicali, come Alexandra Ocasio Cortez che ha sempre votato a favore dei provvedimenti sull’Ucraina e di aumento delle spese militari per un totale di 40 miliardi di dollari. Personalità che certo non possiamo raccontare come “pericolosi” guerrafondai. Questo graduale disallineamento, destinato secondo alcuni ad aggiungersi al collage di istanze minoritarie di cui spesso il “dibattito a sinistra” si nutre, non rappresenta nulla di nuovo. Vale la pena, forse, ricordare che un'identità nuova non si è mai composta di mera alterità con la vecchia, o presunta tale. E che l'unica cosa che oggi fa ripiombare il mondo nel vecchio è l'aggressione militare di Putin, in una traiettoria da guerra fredda e da sfera d'influenza. E se ha senso una dialettica tra vecchio e nuovo, dialettica che tendo a rifiutare per la sua estraneità ai nodi concreti della contemporaneità, non c’è nulla di più nuovo e fondante dell’identità dei progressisti come la difesa dello stato di diritto e della democrazia; nulla di più essenziale come la difesa della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli. Nulla di più imprescindibile come il sostegno agli aggrediti e agli innocenti.

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