Il partito “pigliatutto” è stato definito da Otto Kirchheimer negli anni Sessanta come l’omologo nella democrazia elettorale dell’attore economico che usa il mercato con strumentale coerenza, ovvero non per tener fede ad un progetto o a un’idea, ma per ottenere il massimo di successo che nel caso del partito significa la maggioranza dei voti.

 A questi partiti dai confini labili e attraversabili  alcuni studiosi addossano la responsabilità di aver aperto le porte alla reazione populista, perché rendono il pluralismo della scelta elettorale una parvenza, come quella di chi sceglie fra coca cola e pepsi cola. 

I partiti che vogliono essere alternativi al populismo devono saper porre limiti alla tentazione di essere partiti pigliatutto. E’ nel loro interesse, non una raccomandazione moralistica.

Sappiamo come la tensione tra morale privata ed etica politica sia alla base di ogni razionalità politica che si rispetti: se vuoi salvare l’anima, direbbe un Machiavelli da manuale, devi stare alla larga dalla politica.

Dunque, perché criticare il partito che vuole vincere ed è per ciò pronto a imbarcare anche chi è non proprio in sintonia con il suo orientamento?

 Il bello della massima machiavelliana è che non è per nulla semplice, e limiti all’attore politico ne prevede, eccome! Limiti dettati dalla “verità effettuale” che presume un’attenta conoscenza del contesto e dei suoi attori per ben decidere.

Vincere significa ottenere un successo nell’interesse della città, generatore di effetti durevoli. Per questo la ragione strumentale va usata con cautela.

La qualità del successo distingue un ambizioso che conquista il potere per la propria vanagloria e un ambizioso che, come un bravo artigiano, cerca la propria soddisfazione e la trova anche nell’apprezzamento del suo prodotto da parte di chi lo usa con profitto o lo ammira. 

In questo incontro tra leader e bene generale sta la peculiarità della politica, che non è un semplice fare spregiudicato per vincere.

 Scomodare Machiavelli serve anche per valutare un partito politico. Parliamo dunque del Pd e del  sua dinamismo preelettorale.

Il campo nel quale cerca di farsi largo comprende un ventaglio ampio di pretendenti o di possibili alleati che va da Azione a Italia Viva, da Articolo 1 a Cinque Stelle.  Queste sigle non sono tra loro indifferenti e un’azione prudente lo sa; sa che non può essere illimitatamente spregiudicata.

 Non tutti i piani B sono piani B.  Perché vincere è più che racimolare voti. Non si può pescare dovunque c’è dell’acqua. Nel suo ammirevole dinamismo, questo sembra fare in alcuni casi il Pd in vista delle prossime elezioni, quando tiene un modus operandi che rischia di scontentare proprio quell’elettorato che con fatica si sta riavvicinando dopo il terremoto renziano. 

Alleanza à la carte? Con i M5s in molti casi (a Padova, Verona e in altri comuni del Piemonte, della Toscana, della Puglia e della Sicilia) e con IV e Azione in altri.  Siamo sicuri che queste allegre brigate siano tra loro indifferenti o equivalenti? La politica ha la memoria corta; ma non troppo.

Alleanze poco prudenti

Certo, le generalizzazioni sono da evitare, soprattutto nel caso delle elezioni amministrative, dove ogni città fa scuola a sé.  Ma alcuni connubi sembrano poco prudenti e restano indigesti ad una comunità di cittadini che si è impegnata per strappare un sindaco alla destra.  

Valga per tutti il caso di Piacenza, dove il Pd ha scelto una candidata di antico lignaggio renziano (celebre per il suo ardore rottamante e il suo diromptente discorso all’Assemblea Nazionale nel 2018 quando chiese a tutta la dirigenza post-renziana di azzerasi) e che ha dalla sua l’appoggio di un guazzabuglio che tiene insieme una lista civica che comprende nomi di destra (alcuni dei quali sostenitori della sindaca di destra uscente), Articolo 1 e Coraggiosa! 

Ammesso che sia realistico voler vincere, occorrerebbe pensare a vincere con il consenso largo di tutti gli elettori del proprio bacino ideale invece di pescare ovunque, anche a destra. Insomma, per ritornare a Machiavelli, la prudenza è una virtù politica che ha a cuore un successo generativo di successo, e che non può per questo tener dentro tutti come fa il partito pigliatutto, una mossa che scontenta prima di tutto coloro che più si impegnano a far sì che il successo sia effettivo e duraturo.

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