Un paio di giorni fa su Youtube mi capita un video pubblicitario di trenta secondi di quelli che in genere salti. È un nuovo spot del Parmigiano Reggiano; mi colpisce perché il testimonial è Stefano Fresi, che in questi stessi giorni è testimonial anche in altro spot di Enel che avevo trovato respingente, in cui interpreta Mario - un pigro fancazzista che ama stare sul divano e scendere in ciabatte al negozio Enel sotto casa «perché fate tutto voi».

Ma questo spot di 30 secondi lo trovo ben peggiore. Nello spot del Parmigiano Reggiano il personaggio interpretato da Fresi è con un gruppo di ragazze e ragazzi bellocci, un po’ hipster, in visita a un caseificio dove si produce il formaggio e incontra un operaio, un casaro, di nome Renatino. Fresi dice: «Nel parmigiano reggiano c’è solo latte, sale e caglio, e nient’altro. L'unico additivo è Renatino, che lavora qui da quando aveva 18 anni, tutti i giorni, 365 giorni l'anno».

Come reagiscono i ragazzi? Gli dicono: «Renatino, posso dirti? Sei un grande» e «Sei er mejo», e poi gli chiedono: «Ma davvero lavori 365 giorni l'anno?». Renatino non parla, fa solo sì con la testa. A quel punto gli domandano: «E sei felice?». Renatino bofonchia: «Sì».

Difficile credere ai propri occhi: un quarantenne trattato come un bambino scemo che si dichiara felice di un autosfruttamento oltre il limite delle forze umane; lo trovo così terribile che sembra una parodia, siamo dalle parti di Avanzi, di Boris.

Ne scrivo perché mi sembra incredibile che nessuno l’abbia notato e fatto notare. Effettivamente non siamo abituati ad analizzare i contenuti pubblicitari come faremmo con altri prodotti culturali. Il contenuto e lo stile del video sono talmente sconcertanti che in poche ore moltissimi ne scrivono e chiedono la rimozione dello spot.

Cominciano gli hashtag e i meme: #freerenatino, #parmigianoreggiano sono in trendtopic. L’account del Parmigiano ha risposto con un commento, affermando le licenze poetiche di un film di finzione «per rafforzare messaggi e comunicazioni, in questo caso, l’intento è quello di sottolineare la grande passione e impegno».  Il commento viene sbeffeggiato e Parmigiano Reggiano cancella e blocca tutte le reazioni sui suoi social.

In poche ore uno dei brand italiani più amati del mondo diventa un bersaglio di critiche e satire. Eppure l’investimento economico e simbolico per questo spot è molto consistente.

Nicola Bertinelli, il presidente del consorzio Parmigiano Reggiano, a settembre scorso annunciava entusiasta la produzione di un mediometraggio intitolato Gli Amigos commissionato al regista Paolo Genovese con l’agenzia CasiraghiGreco&, «a metà tra una produzione cinematografica e uno spot, un placement elegante che conserva la forza scenica di una storia fatta di tanti attori, tempo e passione». I soldi spesi in questo spot sono diversi milioni di euro, passaggi in Rai importanti sono stati programmati, e sembra chiaro come questo film sia un prodotto per un pubblico non solo italiano ma internazionale.

Incredibile che nessuno si sia preoccupato di comunicare un messaggio così chiaro di apologia dello dell’autosfruttamento. Carlo Mangini, direttore comunicazione del Consorzio Parmigiano Reggiano alla fine ha rilasciato per scusarsi una dichiarazione molto fumosa, non cogliendo il punto delle critiche e ribadendo l’attenzione ai consumatori: «Il nostro prodotto è inclusivo», ha chiosato. 

Che ne direbbe il New York Times di una campagna del genere? Sempre di più i pubblicitari fanno caso ai temi più sensibili oggi, dalle questioni di genere all’antirazzismo, eppure in molti non hanno nessuna dimestichezza con la storia e il valore della cultura del lavoro.

L’effetto degli Amigos è che in pochi giorni Renatino è diventato, suo malgrado, un working class hero. E per riconoscergli dei meriti a questo punto lo spot potrebbe essere solo ritirato.

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