Parlare di Andrea Purgatori non è facile, lui prima di essere un giornalista per me era un amico, quasi un famigliare, conosceva i miei figli, mia moglie e con me aveva un’amicizia quarantennale.

Del suo lavoro di giornalista, che dire, sono i fatti che parlano. La passione e il coraggio che ha messo in tutte le sue inchieste rimarranno nella storia del giornalismo, non può essere diversamente.

L’ultimo incontro

L’ultima volta che ci siamo incontrati è stato al Senato, quando è stato convocato insieme all’avvocata Laura Sgrò, il promotore vaticano Alessandro Diddi, il capo della procura Francesco Lo Voi e il presidente del tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, per discutere sull’eventualità o meno di promuovere la commissione di inchiesta parlamentare sul caso di Emanuela.

Non sapevo in quel momento del suo stato di salute, eppure si percepiva che qualcosa non andava. Ma, nonostante stesse soffrendo, ha voluto essere presente per dare ancora una volta il suo contributo alla causa. Questo era Andrea.

Il suo intervento sulla necessità di una inchiesta fu chiaro e limpido, di una levatura unica mettendo a tacere i tentativi di alcuni senatori e dello stesso Diddi che insistevano sull’inutilità dell’inchiesta stessa.

Daje Andre’

Mi mancherà Andrea. Mi mancherà la sua spalla nei momenti di difficoltà e nel proteggermi da quel fango che ultimamente ci arrivava addosso. Mi mancherà quando non potrò mandargli messaggi per chiedergli un parere, per chiedergli cosa ne pensasse di questo o di quel fatto.

Mi mancheranno anche le sue battute o quando mi scriveva «Daje forza Roma daje» alla fine di qualche partita vittoriosa. Ma soprattutto mi mancherà sentirlo al mio fianco nel portare avanti questa battaglia, che sicuramente vinceremo.

Quando accadrà l’avrà vinta anche lui, perché una parte del merito è certamente anche sua. E oggi, ricordando l’incoraggiamento che mi davi con quel «Daje Pie’ qualcosa troveremo», ti saluto così: «Daje Andre’, qualcosa troveremo in questa vita e oltre».

© Riproduzione riservata