La settimana quirinalizia ci ha offerto uno spettacolo unico, con il parlamento a giocare la partita e sugli spalti la tifoseria. La regia è stata tenuta dai media, con maratone quotidiane fatte di un mix di zoom sull’emiciclo di Montecitorio, interviste ai big politici, commenti da studio e sondaggi. Abbiamo capito dalle (sole) sette votazioni a vuoto che si stava recitando il dramma della fine della democrazia parlamentare.

La prova ci è stata data dai sondaggi: alla fine delle fumate bianche e dei candidati effimeri, si è voluto conoscere l’opinione del “popolo” che ha confermato la diagnosi. La democrazia dell’audience: un po’ come quando si vuole conoscere l’opinione della gente sulla pena di morte e la si sondaggia mentre si è appena consumato un brutale omicidio.

Il parlamento è stato sul banco degli imputati per una settimana, e i sondaggi ci dicono che la maggioranza di italiani preferirebbe l’elezione diretta del capo dello stato. Il popolo dell’audience detta l’agenda al popolo dei cittadini, come nella democrazia populista. 

A giustificazione del presidenzialismo di fatto è stato portato il discorso di insediamento di Sergio Mattarella. Nel discorso, uno dei migliori tra quelli fin qui pronunciati, il presidente ha rimesso le cose al loro posto: la centralità del parlamento, il valore della democrazia alla base della quale ci sta la dignità.

I commentatori hanno contato il numero delle volte in cui la parola “dignità” è stata pronunciata e hanno concluso che Mattarella ha inaugurato un presidenzialismo di fatto, dando l’agenda di lavoro al parlamento e al governo.

Eppure, lo schema del discorso di Mattarella è stata la Costituzione, la quale oltre a regolare e limitare i poteri delle istituzioni contiene diritti e propositi. Tra questi ultimi vi è il rispetto della dignità come condizione della realizzazione della persona.

Mattarella ha snocciolato proprio questi diritti e questi propositi offrendo una sinossi della prima parte della Costituzione come a voler ricordare alla Repubblica le promesse fatte. E’ questo un presidenzialismo di fatto?

Nella settimana quirinalizia il presidente della Corte Costituzionale ci ha ricordato opportunamente che l’elezione diretta del presidente richiederebbe una riforma importante della Costituzione perché tutto l’impianto della repubblica andrebbe rivisto per riequilibrare i poteri.

Ora, la riscrittura della Costituzione è una cosa seria come hanno compreso tutti coloro che sono caduti nel tentativo. 

Dal grande Francis Bacon passando per David Hume fino ai contemporanei, una massima celebre si è imposta ai costituzionalisti e agli studiosi di costituzionalismo: la costituzione è come Peter sobrio che scrive le norme pensando a sé ubriaco.

Nessuno vorrebbe essere governato da regole scritte da un Peter ubriaco. Ecco, il popolo dell’audience che è portato dove il vento dei sondaggi lo porta è come Peter ubriaco.  

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