- Quello che cerchiamo di fare con Second Tree è ribaltare quel paradigma, mostrare i profughi in un’altra luce, come un bacino di talenti che all’Europa conviene accogliere.
- Non è facile, perché vuol dire rinunciare all’immaginario che romanticizza le vittime, che feticizza l’assistenza. Che vede la persona che aiuti come una collezione o una somma di necessità, come un “bisognoso”.
- Piccole realtà come la nostra possono certamente coltivare i frutti di un cambio di percezione, e perciò di approccio nei confronti dei migranti. Ma questi frutti devono essere portati al mercato (l’opinione pubblica) e venduti (raccontati) da una politica più coraggiosa.
Sono arrivato come volontario nel campo profughi di Katsikas, nel nord della Grecia, nell'aprile del 2016. Ci abitavano 1.300 persone, che erano sbarcate sulle isole greche fra la sera del 18 e la mattina del 20 marzo. Questo faceva di loro quelli fortunati. Erano arrivati sulla terra ferma, e poi a Katsikas, qualche giorno dopo. Avevano ricevuto un sacco a pelo e un posto in una piccola tenda affollata. Ibrahim, che oggi vive e lavora a Valladolid, in Spagna, assieme alla moglie Siham e i due



