La dichiarazione sulla dignità umana pubblicata dal dicastero per la Dottrina della fede è piena di no: no all’aborto, no alla Gpa, che deve anzi essere resa reato universale – con una concessione all’attuale governo che riprende un pronunciamento del papa del gennaio scorso –, no all’eutanasia, no alla poligamia, no alla cosiddetta teoria del gender (qualsiasi cosa essa sia), no al cambio di sesso, con qualche cauta apertura per chi abbia «anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente».

Tutte queste posizioni vengono presentate come conclusioni derivate da una sola premessa: gli esseri umani sono creati da Dio a sua immagine e somiglianza e da ciò deriva la loro dignità assoluta e incondizionata – qualunque cosa la parola ‘dignità’ voglia dire; la dichiarazione non ritiene di darne una definizione, ma in questo è in buona compagnia: i riferimenti alla dignità non si contano nel diritto e nella filosofia e pochi definiscono il termine con una qualche chiarezza.

Secondo la migliore tradizione della teologia cattolica, si sostiene che tutto questo si possa comprendere e accettare anche solo esercitando la nostra ragione. La chiesa si rivolge a tutti, non solo ai fedeli.

Divieti non coerenti

Ma qui le cose si fanno difficili. La dignità umana appare derivata e secondaria. È solo perché siamo creature di Dio e fatti a sua immagine e somiglianza che abbiamo dignità. La dignità «compete alla persona in quanto tale per il solo fatto di esistere e di essere voluta, creata e amata da Dio».

È solo per concessione, in un certo senso, che abbiamo dignità: in quanto oggetti d’amore divino, non in sé. La volontà di Dio ci fa degni: si tratta di una forma di volontarismo teologico. Le violazioni della dignità umana sono innanzitutto un’offesa al Creatore, oltre e più che alle vittime. Gli esseri umani sono strumenti della Creazione, in un certo senso. Un non credente potrebbe non accontentarsi di questo umanesimo a metà.

La dichiarazione nega la Gpa perché il nascituro ha «diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta». A parte che nulla è pienamente artificiale o pienamente naturale, l’origine degli esseri umani in quanto creature di Dio non è pienamente umana, ovviamente.

Quindi, quel diritto all’origine, proprio come il diritto ad avere figli, non si può avere, alla luce proprio della teologia della dichiarazione. E la Gpa contrasta, si dice ancora, «con la dignità fondamentale di ogni essere umano e il suo diritto di venire sempre riconosciuto per se stesso e mai come strumento per altro».

Ma, se così fosse, la dignità umana non potrebbe derivare dall’essere creature, cioè prodotti della volontà altra del Creatore, per quanto sublime e amorevole essa sia. Il no alla Gpa non è del tutto coerente con le premesse della dichiarazione.

Libertà

Lo stesso vale per la negazione della teoria del gender e il cambio di sesso. Si dice che la differenza sessuale è essenziale, originale e creata da Dio. Però, nei casi di anomalie genitali si può operare il cambio di sesso. Ma non sono le anomalie anch’esse create? Non dovrebbero essere accettate come dono di Dio? Come si distingue all’interno della Creazione? Se qualcosa è normale e qualcosa no, possiamo rifiutare le parti statisticamente anomale della Creazione?

Ma allora perché non rifiutare anche alcune delle parti normali che sono improbe? Perché l’anomalia dei genitali sì e le manifestazioni psicologiche della disforia no? La dichiarazione afferma che «l’essere umano non crea la propria natura», che è un dono. Ma può cambiarne alcune parti?

La dignità umana si lega ai diritti e alla libertà umani, si dice nel documento. Ma la libertà è evocata prima come esecrabile libertà di fare il male e solo dopo come libertà di vivere all’altezza della propria dignità. E, peraltro, anche la libertà è un dono di Dio, e «sganciata dal suo Creatore, la nostra libertà non potrà che indebolirsi e oscurarsi».

È per questo che non si debbono creare nuovi diritti per soddisfare desideri e propensioni «soggettive». I diritti si debbono basare sulla natura umana, che però si riduce a essere creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio.

Ma se l’essenza umana fosse di essere liberi, liberi anche di costruirsi? Se l’intuizione delle teorie sociali del gender fosse questa, alla fin fine? Per questa visione di un’umanità libera e padrona di sé non c’è spazio nella dottrina cattolica. Questo la separa irreparabilmente dall’orizzonte della nostra epoca.

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