E se a criticare la finzione fosse una finzione? Questa è una meta-meta storia che comincia al festival di Cannes e che ha come coprotagonisti Volodymyr Zelensky e il regista Jean-Luc Godard. O almeno, così pare.

Quel che è certo è che il 17 maggio, in una sala gremita del Grand Théâtre Lumière, il presidente ucraino è comparso su un maxischermo durante la cerimonia di apertura della kermesse cinematografica. E se davanti all’assemblea nazionale francese aveva evocato liberté, fraternité, égalité, toccando i punti sensibili della storia nazionale così come ha fatto nei vari parlamenti, di fronte all’audience di cinefili ha fatto riferimento alla storia del cinema. Citando “Il grande dittatore”, ha lanciato il suo affondo retorico: di fronte alla guerra, «il cinema sta zitto o ne parlerà?». E ancora: «Abbiamo bisogno di un nuovo Chaplin per dimostrarci oggi che il cinema non è muto».

Politica e finzione

Da sempre l’arte, e il cinema, si intrecciano con la politica. Esistono i film che parlano di politica, ed esistono i film «fatti in modo politico»: «È ora di smetterla di fare film che parlano di politica. È ora di fare film in modo politico», è una delle citazioni più inflazionate di Jean-Luc Godard. Critico del cinema dal 1956, quando inizia a scrivere regolarmente sui Cahiers du cinéma, la rivista di André Bazin, Godard è anche artefice del cinema. Critica del cinema e pratica rivoluzionaria si intrecciano in tutti i suoi film, non solo in quelli sperimentali e militanti come «La gaia scienza», nata dai tormenti del maggio 1968.

Politica e arte si intrecciano, ma è la politica a dovere indicare al cinema di cosa occuparsi, su cosa parlare e su cosa invece tacere? Alla cerimonia degli Oscar, nonostante le insistenze di star come Sean Penn, l’intervento su maxischermo di Zelensky non c’è stato. A Cannes, invece sì. «Solo la voce caustica di Godard si è levata su tutto questo», scrive tale Silvia Cattori in un commento finito il 24 maggio in rete. Ma cosa ha detto esattamente Godard?

Meta-critica e meta-fiction

Sempre in rete, si trova una citazione in francese, il cui passaggio portante è questo: «L’intervento di Zelensky al festiva di Cannes si spiega da sola se la si guarda sotto l’angolo della “mise en scene”, della messa in scena: un cattivo attore sotto lo sguardo di altri attori. Da molto tempo, avrei dovuto dire qualcosa su tutto questo. Ci è voluta la messa in scena di una ennesima guerra mondiale, e la minaccia di un’altra catastrofe, perché si sapesse che Cannes è uno strumento di propaganda come un altro. Propaganda l’estetica occidentale. Rendersene conto non è granché, ma è già qualcosa. La verità delle immagini avanza lentamente. Ora, immaginate che la guerra stessa sia questa estetica dispiegata durante un festival mondiale, nel quale le parti in causa sono gli stati in conflitto, o piuttosto, “in interesse”, mentre diffondono rappresentazioni delle quali siamo spettatori… Voi, io. Si dice spesso “conflitto di interesse”, il che è una tautologia: non c’è conflitto, piccolo o grande che sia, se non c’è un interesse. Bruto, Nerone, Biden o Putin, Costantinopoli, l’Iraq o l’Ucraina, non è cambiato molto, se non la massificazione dell’omicidio». 

Effetti di senso

Che la guerra in Ucraina si combatta anche sul campo di battaglia delle idee, lo sostiene anche il politologo Ivan Krastev, che preconizza una sempre più forte polarizzazione tra «fronte della pace e della giustizia». Tattica e strategia belliche tengono conto delle pubbliche opinioni, e si imperniano anche sugli effetti di senso. Perciò la comparsa di Zelensky a Cannes è una “messa in scena nella messa in scena”, per usare le parole di Godard.

Che però sono a loro volta una messa in scena del loro autore. Sì, perché la critica della fiction è essa stessa una fiction: «Ceci est une fiction!», scrive su Facebook il 21 maggio Espaces Négatifs. «Scopriamo ora quale caos frenetico abbiamo provocato! Quel testo era un estratto di un lavoro prodotto da un collettivo che lavora sui film di Godard, e le frasi sono concepite come farebbe Godard, considerando le sue citazioni, le sue interviste, i suoi film». Nel frattempo in rete continua a circolare il fake Godard, come se fosse vero. Ma che cosa è autentico davvero? Bisognerebbe meta-meta-meta domandarselo. 

© Riproduzione riservata