La destra italiana continua a esibire la sua proverbiale irresponsabilità. Di fronte a una scelta importante come la successione di Sergio Mattarella anche la ministra degli Affari regionali Maria Stella Gelmini, forse per farsi perdonare alcuni timidi accenni di smarcamento dall’ortodossia del suo benamato presidente, lo ha proposto come candidato al Colle.

Si può sorvolare, per rispetto della senectute, sulle sue condizioni di salute, così precarie da averlo obbligato, dall’inizio dell’anno, a ricoverarsi in ospedale varie volte – che coincidevano, certo casualmente, con le udienze del processo su Ruby Rubacuori, la minorenne che partecipava alle “cene eleganti” nelle magioni del Cavaliere.

Ma non si può certo archiviare come niente fosse il suo pedigree politico e giudiziario, su cui non vale la pena tornare ancora. Come non bastasse, l’onorevole Gelmini avanza la candidatura del leader di Forza Italia per la “pacificazione” nazionale, come fossimo all’indomani di una guerra civile: insomma, Berlusconi come un novello Mandela. Non c’è proprio limite all’impudenza.

La questione Quirinale è troppo seria per trascinarla su questo terreno fangoso. Qui è in gioco la reputazione internazionale del nostro paese.

In questi anni una personalità come Sergio Mattarella, con la sua altissima caratura morale, ha garantito l’Italia rispetto alle oscillazioni della politica, che ha spaziato dall’iperattivismo di Matteo Renzi, all’inquietante populismo giallo-verde.

L’investitura a Mario Draghi ha rafforzato ulteriormente l’immagine del paese. A questo punto non è possibile scendere dal livello a cui la nazione è stata portata da questa presidenza.

È indispensabile che al Quirinale vada una persona dalla moralità specchiata, senza ombre sul suo passato e con una autorevolezza internazionale a tutta prova.

Invece di proporre nomi che sono semplicemente offensivi per l’intelligenza degli italiani, la classe politica deve discutere su quelle personalità di alto profilo che siano in continuità con la presidenza Mattarella. Chi si sfila da questo proposito non persegue l’interesse nazionale.

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