Per i suoi amici e i suoi compagni il primo giorno di primavera è la festa di compleanno di Emanuele Macaluso, e così da quando se n’è andato, il 19 gennaio del 2021, quella festa si fa ancora.

Nessun intento di santificazione, ma amici e compagni che ne rileggono le battaglie, esercizio indispensabile (dovrebbe essere) per i democratici nostrani: quelle del dirigente comunista, del sindacalista, del formidabile giornalista e saggista (i suoi libri sono un percorso di lettura e rilettura delle vicende della sinistra italiana, fino all’ultimo, Comunisti a modo nostro, una conversazione serrata con Claudio Petruccioli, edito da Marsilio).

Siciliano di Caltanissetta, oggi avrebbe cento anni. Ci è andato vicino: è morto due anni fa, a due giorni dai cento anni dalla nascita del Pci, e in quell’anno le iniziative sul centenario sono state un po’ tutte anche ricordi di Macaluso.

Che del resto quella lunga storia l’aveva attraversata tutta: da antifascista del Partito comunista clandestino, da dirigente sindacale in Sicilia ai tempi della strage di Portella della Ginestra – e lì torna a fare uno dei suoi ultimi comizi – da dirigente di partito, dal 1951 nella sua Sicilia e poi parlamentare per sette legislature, da direttore dell’Unità dal 1982 al 1986, delle Ragioni del Socialismo, e ultimo direttore del primo Riformista, dal 2011 al 2012. Un impegno integrale, una passione di vita, da cui non è andato mai in pensione.

Un giornalista speciale

Era «migliorista», cioè riformista, l’area di Giorgio Napolitano, amico di una vita. Il termine fu coniato dalla sinistra con intenzioni denigratorie. Fu proprio Macaluso a suggerire ai compagni di rivendicarlo come una medaglia. Perché era il migliore dei miglioristi, credeva nella necessità dell’unità della sinistra, nel senso del dialogo fra comunisti, prima, ed ex comunisti poi, con i socialisti. Una riflessione utile anche oggi all’identità fluida dei partiti della sinistra italiana, che mai vollero farsi socialisti né socialdemocratici.

Era anche giornalista, di un albo speciale: perché il giornalismo, diceva, «non è soltanto un bel mestiere ma un impegno politico, civile, culturale volto a far prevalere ideali e valori che incidono nella società. Però testimoniato da comportamenti adeguati». «I suoi corsivi erano taglienti e garbati», ci racconta il socialista Rino Formica.

«Ed era un giornalismo inedito nella storia comunista, non era così neanche Togliatti, che nella polemica politica era brusco». I due stringono i rapporti all’inizio degli anni Novanta, quando Psi e Pds aderiscono al Comitato per la celebrazione del centenario del Psi. Un’esperienza che svanì quando esplose Manipulite.

Ma Macaluso continuò a credere che bisognava andare in quella direzione, «la ricostituzione della sinistra italiana che affrontasse tutti i problemi delle antiche lacerazioni». Nessuna nostalgia del Pci, nessuna cortesia verso i nuovismi, nessuna tentazione verso i partitini. Garantista solitario fra i suoi, amico di Leonardo Sciascia, con cui pure aveva avuto forti polemiche, ma che aveva difeso dagli attacchi quando lo scrittore ruppe con il partito.

Da cosa non nasce cosa

Quando nel ‘97 il Pds si avviò verso una nuova trasformazione, mentre si scavavano solchi fra sinistra di governo e sinistra radicale, si ritirò una settimana in campagna con Paolo Franchi. Ne nacque Da Cosa non nasce cosa (Rizzoli), che indicava la strada di una sinistra riformista. Non fu seguita. Ma resta un libro memorabile rispetto alle altre elegie del momento. «Il titolo era geniale, ed era suo», racconta Franchi. Geniale e urticante, come dieci anni dopo il libro sulla nascita del Pd, a cui mai si iscrisse: si intitolava «Al capolinea. Controstoria del Partito democratico».

Macaluso ha vissuto quasi cento anni ma è rimasto sempre un contemporaneo. Perché era curioso ed aveva la cifra umana che lo ha reso indispensabile a molti giovani. «Da quando se ne è andato, sono caduto troppe volte nella tentazione di chiedermi: cosa avrebbe detto, cosa avrebbe pensato», ci racconta Peppe Provenzano, ex ministro e suo allievo. «Era fiero di essere nato il primo giorno di primavera, ricordava teneramente gli auguri di sua madre, mentre da ragazzo rischiava la vita in sanatorio, “oggi è la tua sedicesima primavera”.

ANSA

Cent’anni

Era nato nel ‘24, l’anno del delitto Matteotti. E Macaluso è tutto lì, nel sanatorio in cui matura il suo socialismo, nella Caltanissetta offesa e instupidita dal Regime, dove i poveracci andavano in miniera o partivano per la Guerra di Spagna, nell’antifascismo che segna la sua militanza nel Pci e il suo legame vitale con Sciascia.

Oggi il suo assillo sarebbe la situazione internazionale, la pace, la guerra e il ritorno dei nazionalismi che ci riportano indietro a cent’anni fa. Mi sembra di sentire la sua voce: è tempo di dare battaglia politica». Oggi per tutto il giorno in molti ricorderanno le sue battaglie: dalla politica al Mezzogiorno al garantismo, ai diritti sociali. Alle porte di Roma, alla cooperativa Nuova Agricoltura (via Valle della Perna 315), in un luogo a lui caro, dove festeggiare anche questa primavera.

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