Nessuno avrebbe voluto essere nei panni di chi si è trovato a gestire le conseguenze economiche di una crisi diversa da tutte le altre. Il mercato del lavoro ha pagato fin da subito le chiusure obbligate delle attività produttive, soprattutto in primavera, e giovani, lavoratori con contratti a termine e donne sono state le principali vittime.

La scelta, inedita, del governo di procedere con il blocco dei licenziamenti ha tamponato inizialmente quella che sarebbe stata una sicura emorragia di occupati, ma purtroppo non si è riusciti ad andare oltre a questa decisione. Decisione che è stata quindi periodicamente prorogata e che oggi è in essere fino al 31 marzo 2021.

Il messaggio è che dopo questa data (sempre se non verrà ulteriormente rimandata), tutto sarà come prima e potremo scongelare il mercato del lavoro senza gravi perdite. Purtroppo non è così, perché in 12 mesi è cambiato molto sia a livello dei sistemi produttivi e della domanda nazionale e internazionale e non sappiamo decifrare quali saranno le azioni delle imprese.

Per questo gli ultimi mesi, soprattutto quelli dopo l’estate sono stati sprecati. Si poteva mettere in atto una azione straordinaria di riqualificazione degli occupati in cassa integrazione, per ridurre il rischio di una loro disoccupazione a lungo termine dopo un eventuale (e spesso probabile) licenziamento.

Qualcosa è stato fatto, in linea teorica, con il Fondo nuove competenze, ma in tempi e modi difficili da governare. Non siamo stati capaci di uscire dalla visione emergenziale, e questo creerà presto una nuova emergenza, economica e non sanitaria. 

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