L’attività negoziale in vista delle prossime elezioni europee è già cominciata in grande stile e tocca tre caselle chiave: la presidenza della Commissione europea, la presidenza del Consiglio d’Europa, e la Nato. Sono tre caselle che potrebbero contendersi Ursula von der Leyen, Mark Rutte e Mario Draghi.

Per quanto riguarda la Nato, il primo luglio scorso, gli alleati della Nato hanno concordato di estendere il mandato del segretario generale Jens Stoltenberg di un ulteriore anno, fino al primo ottobre 2024. La decisione è stata approvata dai capi di stato e di governo alleati al vertice di Vilnius dell’11 luglio 2023.

Una delle ragioni è senz’altro la guerra in corso tra Russia e Ucraina, alla quale si è aggiunta ora la grave crisi del Medio Oriente. Ma c’è anche il fatto che questa importante carica potrebbe far parte dei giochi che seguiranno alle prossime elezioni europee per ottenere un posto di prestigio.

Stoltenberg non è stato certamente un brillante segretario generale, ma è durato a lungo perché è sempre stato un fedele esecutore degli indirizzi voluti dagli Stati Uniti che sono l’azionista di maggioranza della Nato.

La candidatura italiana

È noto da tempo che, teoricamente, questa posizione spetterebbe all’Italia, specialmente dopo il fallimento del 2004 di nominare Franco Frattini sul quale, a quanto pare, pose il veto Obama perché troppo legato a Berlusconi che già allora si dichiarava amico di Putin.

Per ottenere queste posizioni importanti in campo internazionale occorre muoversi per tempo, mettendo in campo tutta la nostra capacità diplomatica, pronti a eventuali scambi di favori con i paesi che più possono sostenere tale candidatura. La Nato è un’antenna preziosa per conoscere quello che bolle in pentola a Washington o Londra.

Oggi il segretario generale della Nato ha un ruolo significativo: ha lo status di capo di stato, intrattiene rapporti con i leader di tutto il mondo e ha a disposizione uno staff di 1.200 persone alla sede dell’Alleanza atlantica di Bruxelles. Di solito i segretari generali della Nato sono stati politici che hanno occupato posizioni importanti nel loro paese, con qualche eccezione di diplomatici come Manlio Brosio che ricoprì questa carica dal 1964 al 1971. Per questo ferve già una forte attività politica e diplomatica per occupare una di queste posizioni.

I possibili candidati italiani

L’Italia avrebbe oggi alcuni nomi di rilievo da spendere per questa carica. Il primo nome è appunto quello di Draghi, ma Draghi è una persona autorevolissima in campo economico abituato a dire, però, quello che pensa, come è apparso recentemente in una sua intervista al Financial Times.

E questo potrebbe essere un aspetto del suo carattere non gradito agli Stati Uniti, abituati a giocare un ruolo decisivo nella Nato. Un nome, circolato in passato anche per la carica di presidente del Consiglio d’Europa, è quello di Enrico Letta che ha una solida preparazione politica sviluppata in Italia, a Strasburgo e come docente di rapporti internazionali alla prestigiosa scuola Science Po di Parigi, oltre ad essere stato presidente del Consiglio. Forse una delle persone più gradite agli Stati Uniti.

Altri candidati simili a Enrico Letta potrebbero essere il commissario Paolo Gentiloni o Piero Fassino. Ma è assai improbabile che questo governo, preoccupato soprattutto di sistemare i suoi amici, si batta per questi candidati della sinistra. In passato è uscito il nome di Matteo Renzi i cui rapporti col principe saudita lo escludono di fatto.

Ultimamente si è finalmente auspicata la nomina di una donna e in particolare Von der Leyen. In questo caso l’Italia ha una persona che potrebbe avere le caratteristiche richieste, specialmente dopo l’attuale esperienza nei servizi di sicurezza. Questa persona è Elisabetta Belloni che in passato ha ricoperto la carica di segretaria generale della Farnesina.

Un altro ex segretario generale della Farnesina è l’ambasciatore Giampiero Massolo, attualmente presidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e che è stato per molti anni capo degli sherpa che preparavano il G7 e il G20 per il governo. Una persona preparatissima che parla diverse lingue compreso il polacco.

Un altro possibile candidato potrebbe essere Gianni De Gennaro, grazie ai suoi eccellenti rapporti con gli Stati Uniti. Infine, non si deve dimenticare Federica Mogherini che, come responsabile della politica estera dell’Unione europea, è stata molto apprezzata, soprattutto nelle negoziazioni con l’Iran.

Gli ostacoli per una candidatura italiana

Occorre tuttavia osservare che il governo attuale di estrema destra non rappresenta una garanzia agli occhi degli altri alleati della Nato, soprattutto degli Stati Uniti. Molti membri del governo hanno avuto, e alcuni ancora hanno, rapporti con la Russia di Putin o con l’Ungheria di Orban. Inoltre, questi stessi membri del governo in passato hanno auspicato l’uscita dell’Italia dall’Unione europea e dall’euro.

Tutto questo gioca chiaramente a sfavore di una candidatura italiana alla Nato. E non sono certo gli improvvisati balletti e le dichiarazioni di sostegno alla Nato di Giorgia Meloni che possono rassicurare gli Stati Uniti sull’affidabilità del nostro paese.

Peccato perché l’Italia ha un ruolo centrale nella Nato. È presente nel mar Baltico e nella polizia aerea della Nato, in Kosovo e nella lotta al terrorismo, in particolare nell’ambito della missione Nato in Iraq. L'Italia ospita anche molte importanti istituzioni della Nato, tra cui il Nato Defense College.

Ma soprattutto l’Italia è l’occhio più importante della Nato nel Mediterraneo, quindi nel Medio Oriente che in questo momento sta vivendo una crisi molto preoccupante che potrebbe richiedere l’intervento della Nato a difesa degli interessi europei e americani. C’è però un altro fatto che potrebbe indebolire la candidatura italiana: l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, attuale capo di stato maggiore della Difesa, è candidato ad essere il prossimo presidente del comitato militare della Nato nel 2025. Sta al governo decidere per quale delle due cariche adoperarsi.

Alla base di tutto resta sempre la presenza di un governo che pone seri dubbi di affidabilità per le sue radici nella Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.

© Riproduzione riservata