«Cose ovvie, banali»: così Andrea Giambruno, intervistato dal Corriere della Sera, ha difeso le sue esternazioni in diretta sugli stupri di Palermo e Napoli. Ovvia e banale è, secondo il giornalista di Rete 4 e compagno di Giorgia Meloni, l’affermazione «se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche».

Altrettanto logico gli pare l’invito che ne consegue, rivolto a ragazze e ragazzi «senza distinzioni di genere», a «non uscire apposta per ubriacarsi e drogarsi». È quello che avrebbe detto qualunque mamma, ha aggiunto. Giambruno sembra dimenticare che il suo ruolo non è quello della mamma che dice a una figlia (ma non a un figlio) «stai attenta». È invece quello di voce e volto del sistema dell’informazione, che ha la responsabilità di curare il contenuto dei messaggi distinguendo i fatti dalla percezione, la verità dal senso comune.

Più importante però è soffermarsi sugli errori contenuti nella dichiarazione «ovvia e banale».

Si può cominciare notando che se, come ha premesso lo stesso giornalista, esiste una libertà di «andare a ballare e ubriacarsi», e se questa libertà è uguale per donne e uomini, non può derivarne la prescrizione di comportanti precauzionali che solo le donne dovrebbero adottare.

Anche tralasciando il fatto che nessun comportamento precauzionale mette le donne al riparo da una violenza che si insinua all’interno delle relazioni intime, dei rapporti di fiducia, delle dinamiche interne al gruppo dei pari, il buon uso della propria libertà dovrebbe piuttosto essere insegnato a chi commette il reato di stupro, violando la libertà, il corpo, l’integrità altrui.

Se la vittima non è pienamente cosciente, non può esprimere liberamente il suo consenso. Ed è proprio questo che fa dell’atto una violenza. Non, dunque, un comportamento meno grave per una sorta di concorso di colpa dovuto all’aver assunto alcol o droghe.

Questo messaggio, che rovescia l’attribuzione di responsabilità, dovrebbe essere veicolato con nettezza da chi ha il compito di creare i contenuti informativi dei media. Perché è solo così che si costruisce una cultura del consenso e si combatte la cultura dello stupro.

E non solo. Se come soluzione al problema della violenza si prospetta la limitazione – o autolimitazione – della libertà delle donne, si rafforza in realtà la radice da cui il fenomeno ha origine: la diseguaglianza di potere – quindi anche di libertà – tra i generi.

Quello che Pierre Bourdieu ha chiamato «dominio maschile» si sostiene tanto attraverso strutture sociali che generano disparità di accesso al lavoro, alle risorse, alle decisioni politiche, quanto attraverso la perpetuazione di schemi di percezione, di pensiero e di azione, cioè modi di conoscere, ragionare, comportarsi. Per questo, sembra essenziale mettere in discussione ciò che appare come «naturale», anziché rafforzarne l’effetto appellandosi al senso comune.

Giorgia Meloni, la Presidente del Consiglio, non è per forza tenuta a rispondere delle dichiarazioni del suo compagno. Però ha una responsabilità ben più grande. Deve far capire chiaramente se pensa che la soluzione alla violenza contro le bambine, le ragazze e le donne sia nella stretta su alcol, droghe e movida, e nella “tolleranza zero” contro il crimine; o se crede sia arrivato il momento che anche la sua parte politica cominci a parlare di educazione sessuale e di genere.

Sarebbe questo il messaggio più importante da portare a Caivano dove ha promesso che si recherà: l’impegno della maggioranza contro la cultura dell’abuso.

 

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