L’articolo di Rita Rapisardi pubblicato su Domani e dedicato ai messaggi sbagliati che trasformano le donne in complici dei loro carnefici, prendendo spunto da una campagna di comunicazione mal riuscita sulla violenza sulle donne (il poster che recita «Se resti in silenzio, stimoli il carnefice»), ha il merito di riportare la riflessione su una questione cruciale: l’esistenza ancora forte di pregiudizi che spesso rappresentano uno dei presupposti della violenza contro le donne.

Il ruolo del servizio pubblico

In questo campo un ruolo fondamentale potrebbe rivestirlo il servizio pubblico radiotelevisivo Rai, in grado di coniugare corretta informazione e funzione sociale. A tal proposito, quindi, lo scorso 17 settembre ho inviato una lettera alla presidente della Rai, Marinella Soldi, e all’amministratore delegato, Carlo Fuortes, proprio per chiedere al servizio pubblico di avere un ruolo di avanguardia contro la grave piaga dei femminicidi e della violenza sulle donne. Una lettera nella quale ho chiesto di valutare la creazione di una trasmissione dedicata esclusivamente alla tutela delle donne che hanno subito violenza e potrebbero subirne ancora, un programma sul modello di “Chi l’ha visto”, “Striscia la Notizia”, “Le Iene”, per accendere i riflettori su casi emblematici di violenza, per creare una sorta di cordone di sicurezza mediatico intorno alle vittime, uno spazio settimanale fisso pensato come strumento di denuncia e protezione per le donne che si sentono minacciate dalla violenza maschile.

Far pressione per più tutele

Lo scopo della proposta è quello di mettere pressione sia su chi indaga, sia sugli autori delle violenze, esattamente come quelle trasmissioni fanno per i casi di mafia, disastri ambientali, corruzione, truffe, delitti, ma anche semplici lungaggini o insabbiamenti burocratici. Se una donna presenta una denuncia ma finisce nelle pastoie burocratiche della giustizia, dovrebbe poter contare su una tutela in più, quella delle telecamere Rai che vanno a chiedere conto degli iter bloccati.

A seguito di quella comunicazione, un alto dirigente Rai mi ha contattato per dirmi che l’azienda vedeva con interesse quell’idea. Lo stesso mi è stato confermato per iscritto. Ma poi non c’è stato più alcun feedback, né in privato né pubblicamente. Cosa è stato fatto, quindi? Cosa intende fare davvero di concreto la Rai per proteggere, almeno mediaticamente, le donne che ogni giorno subiscono violenza?

Forse Domani, grazie al lavoro della sua redazione, potrebbe avere più fortuna del sottoscritto nel sapere in che modo il servizio pubblico intenda contribuire ancora di più a combattere la piaga della violenza contro le donne.

La mia lettera alla Rai

LETTERA INVIATA IL 17 SETTEMBRE 2021

Alla Presidente del Cda, Marinella Soldi

All'Amministratore Delegato, Carlo Fuortes

Gentile Presidente, gentile Amministratore Delegato,

dall’inizio del 2021 i femminicidi in Italia hanno raggiunto la tragica cifra di 84 vittime. Solo nell’ultima settimana abbiamo assistito a ben 7 omicidi di donne in 7 giorni. A questi terribili numeri, vanno aggiunti quelli delle violenze quotidiane che tante donne subiscono, con la conseguenza spesso di finire in ospedale. Una piaga che, purtroppo, non si riesce a debellare.

Nel campo della prevenzione e della protezione delle donne minacciate, però, un aiuto importante lo possono dare i mezzi di comunicazione, tenendo i riflettori accesi e vigilando, attraverso l’informazione, su questo grave fenomeno.

Mi permetto, quindi, di avanzare una proposta. Il servizio pubblico potrebbe avere un ruolo d’avanguardia se decidesse di rafforzare ancora di più l’informazione sulla violenza contro le donne realizzando, per la prima volta nella storia della tv, una trasmissione dedicata esclusivamente alla tutela delle donne che hanno subito violenza e potrebbero subirne ancora.

Quante volte trasmissioni come “Chi l’ha visto”, “Striscia la Notizia”, “Le Iene” hanno acceso i riflettori su casi emblematici di mafia, disastri ambientali, corruzione, truffe, delitti e, in questo modo, hanno creato una “cintura di sicurezza” mediatica intorno alle vittime?

Ecco, la Rai potrebbe valutare di dedicare uno spazio settimanale fisso proprio come strumento di denuncia e protezione per le donne che si sentono minacciate dalla violenza maschile.

Potrebbe essere un contributo di grande rilievo per aiutare a combattere la brutale ferocia di chi usa la violenza fisica e psicologica nel rapportarsi alle donne. Il servizio pubblico potrebbe così diventare una sorta di pungolo anche per snellire e accelerare la burocrazia e la giustizia, dove spesso i tempi sono lunghi e c’è il rischio che ritardi e rinvii impediscano di arrivare in tempo.

Cordiali saluti

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