La campagna 2020 della guerra mondale a SARS-CoV-2 l’abbiamo persa. Ora però rischiamo di perdere anche quella del 2021 contro la variante inglese, alias B-117. Mentre qui ci si appassiona al duello rusticano fra Renzi e Conte, il Coronavirus+, come il latte+ di Arancia Meccanica, si fa inesorabilmente strada anche oltre manica.

Già individuato in 32 paesi, Italia compresa, la variante B-117 fino a prova contraria è il 50 per cento  più contagiosa, e in Inghilterra, anche in condizioni di lockdown, si diffonde per dieci ogni tre settimane. Lo stesso pare stia succedendo in Danimarca.

L’allarme è stato lanciato da un gigante dell’epidemiologia delle malattie infettive della Harvard Chan School of Public Health, Marc Lipsitch tre giorni fa. 

La buona notizia è che, dagli studi che stanno conducendo sia Moderna sia Biotech, pare che i vaccini proteggano anche da questa variante. Ma visti i tempi lunghi delle vaccinazioni in tutto il mondo, tranne Israele, l’iniezione potrebbe arrivare a babbo morto.

Il virus “inglese” (che per la cronaca è stato rilevato in Italia lo scorso agosto, a dar retta a Massimo Ciccozzi e colleghi che hanno pubblicato ieri la notizia su Lancet Infectious Diseases), raggiunta una certa massa critica potrebbe metterci davvero poco a prendere il sopravvento sulla lumaca di Wuhan: diciamo che in nove settimane potrebbe risultare nella metà dei casi positivi.

Anche se per adesso la letalità di questa variante non sembra essere maggiore di quella finora prevalente in Europa, questo non deve farci tirare un sospiro di sollievo. Come ha spiegato l'epidemiologo Adam Kucharski della London School of Hygiene & Tropical Medicine, un virus con indice di riproduzione netto del 50 per cento superiore in un mese causerebbe oltre 9 volte il numero di morti della variante attuale, mentre uno con mortalità superiore del 50 per cento “solo" una volta e mezza.

Quindi non pare esserci molto tempo, come colto subito dalla fisica quantistica nonché cancelliere tedesco Angela Merkel, che sta stringendo tutte le misure di lockdown in Germania. Secondo Lipsitch, oltre all’isolamento e le solite misure precauzionali, andrebbero subito avviata una campagna sensata di sequenziamento a campione nella popolazione per capire quanto si è diffusa la variante cattiva al momento.

Che fine ha fatto il tracciamento dei contagi?

Non solo, bisognerebbe riprendere in mano seriamente un tracciamento dei contatti massivo. E non solo “in avanti” (cioè chiedendo al caso indice di ricordarsi chi ha incontrato nell’ultima settimana, quando era già infetto, per individuare eventuali contagi) ma anche “all’indietro” (cioè andando indietro almeno di un mese) per cercare di capire anche da chi è stato a sua volta infettato. E così via.

È ovvio che un consistente campione dei centomila e passa tamponi che vengono fatti quotidianamente in Italia dovrebbe essere sequenziato in modo da rilevare la variante.

La cosa andrebbe fatta subito, prima che il virus+ si diffonda a tal punto da rendere il tracciamento dei contatti ingestibile, cosa che in Italia peraltro è già. L’ultimo consiglio è di direzionare lo sforzo vaccinale in corso verso quelle aree dove si trovassero focolai robusti della variante, in modo da contenere l’incendio prima che si diffonda. 

Questo è quanto l’epidemiologo consiglia per gli Stati Uniti, ma è ovvio che qualcosa di simile si dovrebbe fare al più presto anche da noi. Ma in Italia ce ne stiamo occupando? Ciò che sappiamo è che attualmente gli Stati Uniti stanno eseguendo un sequenziamento ogni 300 casi diagnosticati, rispetto a circa il 60 per cento in Australia, il 12 per cento  in Danimarca e in Islanda, l’8 per cento  in Vietnam e il 7,5 per cento nel Regno Unito.

Da noi le normali attività di screening condotte dalle Asl non sembrano prevedere ancora questo tipo di analisi, mentre in alcuni centri si cerca la variante su chi è tornato dall’Inghilterra. La stessa strategia miope che a gennaio limitava la ricerca del virus solo in chi proveniva dalla Cina. Di nuovo stiamo provando a svuotare il mare con un cucchiaino.


 

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