Il fattore tempo è una variabile che ci si impone. Soprattutto nelle questioni ambientali. Che i governi o i referendum decidano di ignorarlo non cambia il fatto che esso resta sulle nostre teste come una spada di Damocle. Non lo si esorcizza fermando gli orologi. Il governo di Roma gli orologi li rompe. E il tempo se la ride. Le cose si imporranno, si impongono. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, può fare spallucce alle piste ciclabili ma nel frattempo la Commissione europea ha avviato un piano per anticipare al 2030 la decarbonizzazione. Nonostante i governi e i referendum.

Cominciando dalla base: 100 città europee sono incluse nella sfida del 2030. Tra le italiane quelle più inquinate: Milano, Bologna, Firenze, Bergamo, Parma, Padova, Prato, Roma e Torino. Comuni e regioni sono chiamati a essere avanguardia con l’approntare politiche di elettrificazione della mobilità, di eliminazione dell’uso dei combustibili fossili nel sistema dei riscaldamenti. Il tempo non aspetta i dormienti.

Recentemente, su Domani il bravo Edoardo Zanchini ci ha consegnato una mappa ragionata degli ostacoli politici e di come possono essere aggirati assegnando il testimone alle amministrazioni locali. Qui, la sussidiarietà dovrebbe dare il meglio di sé. Anche per scuotere un governo dormiente, quello a direzione Fratelli d’Italia (con la spinta propulsiva della Lega).

Un governo che sembra fermo al paleolitico in termini di competenza e innovazione. Nel quale l’umiltà di riconoscere che molto deve imparare è un bene scarso. E lascia sole le città. Pensa ad altro. Mal gestisce il Pnrr, non vede l’opportunità economica e occupazionale dell’innovazione ecotecnologica. E intanto il ministro Salvini pensa al balocco del ponte sullo Stretto, che assorbe soldi prima ancora di essere un progetto attuativo. Un’opera che, se realizzata, violenterebbe un ambiente naturale e mitico tra i più suggestivi del vecchio continente. Colate di cemento per accontentare il faraonico leader lombardo. Dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – che dovrebbe essere tra i più attivi e invece di lui poco si sa – nulla si dice su quel che seguirà all’abolizione del superbonus. Si lascia per strada, dimenticata, la riqualificazione energetica dell’edilizia popolare. L’attivismo del governo è pugilistico nel gettare discredito sugli ambientalisti e creare nuovi reati, nel diffondere scetticismo sul valore della cultura scientifica e tecnologica che sostiene le politiche ambientaliste. Il made in Italy non sta qui. Mentre sfodera aggressività ideologica verso la sinistra e la Resistenza proponedosi di riscrivere il passato, resta al palo sul presente e il futuro.

Possiamo dire senza timore di esagerazione che rispetto alla cultura ecotecnologica il governo Meloni è come la carrozza a cavalli rispetto al motore a scoppio.

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