La lenta agonia del governo Draghi lascia emergere il vuoto di idee sottostanti: tutti i partiti vogliono governare l’Italia ma non hanno idea di come fare. Si nascondono sempre dietro slogan e promesse che ribadiscono un posizionamento, ma che dietro hanno poco di concreto: il Pd si batte per i diritti (con scarsi risultati), la Lega per far pagare meno tasse, i Cinque stelle non si sa più bene per cosa, Fratelli d’Italia vuole proteggere la nazione, qualunque cosa significhi.

Non ci sono più grandi idee, e neppure piccole. Anche senza la velleità di trasformare il paese nel profondo, elezioni recenti si sono decise almeno intorno al dibattito su proposte indicate a grandi linee dai proponenti e avversate dagli altri: abolire l’imposta sulla prima casa, cancellare la riforma delle pensioni, introdurre un sussidio universale anti-povertà.

Oggi l’agenda dei partiti è vuota, anche di quelli che invocano “l’agenda Draghi”, che è semplicemente il rispetto di tempi e procedure per avere i fondi europei del Pnrr ma, per definizione, un governo di larghe intese non può fare scelte troppo nette.

Eppure, di proposte e idee c’è bisogno, ma i partiti non sono più in grado di elaborarle. Enrico Letta, segretario del Pd, in un’unica occasione ha cercato di imporre un tema al governo Draghi, cioè la proposta di una eredità universale da dare a tutti i 18enni.

Il premier lo ha ignorato, ma la cosa interessante è che neppure quell’unica proposta era stata elaborata dal Pd, bensì dal Forum disuguaglianze e diversità animato, tra gli altri, da Fabrizio Barca.

Letta ha poi coinvolto il Forum e altre realtà nel processo di discussione di temi e idee noto come Agorà, i cui risultati sono ancora poco visibili.

Oggi invece si parla, come sempre negli ultimi 25 anni, della solita terapia “shock”, cioè un taglio drastico del cuneo fiscale per dare a molti lavoratori dipendenti una mensilità in più. Una misura che piace in modo trasversale, perché muovere miliardi attraverso il sistema fiscale significa di solido fare debito.

Mancano però idee, generali e di dettaglio, di interventi mirati che aumentino il potenziale di crescita e correggano le tante storture. Anzi, alcune “riforme” del governo Draghi le peggiorano, come l’aumento delle ingiustizie fiscali con la legge delega che prevede di trattare in modo molto diverso redditi della stessa entità, penalizzando quelli prodotti dal lavoro.

I giornali non fanno programmi elettorali, è già molto se riescono a fare un serio fact-checking. Ma al momento non c’è nulla da analizzare e difficilmente ci sarà da qui alle elezioni del 2023.

Per questo Domani vuole provare a riempire questo vuoto e a discutere nelle sue pagine proposte di policy concrete, realizzabili e finalizzate a ottenere una crescita più equa e inclusiva.

Proposte che devono avere questi requisiti a) essere fattibili, niente utopie b) avere una copertura, possibilmente costare poco c) avere un impatto positivo sulla crescita potenziale d) correggere le disuguaglianze invece che esasperarle.

Ne discuteremo qui sul giornale nei prossimi mesi, sono tutti invitati a partecipare a questo dibattito, se poi si costruirà un certo consenso, potremo continuare a lavorare sui dettagli delle proposte fino a quando non saranno pronte per chi vorrà farle proprie.

Magari i partiti ci stupiranno con brillanti proposte, dettagliate e credibili. Sulla base di quanto abbiamo visto finora, però, non succederà. E quindi cerchiamo di usare Domani come palestra per allenare idee in modo che siano pronte quando qualcuno vorrà farle salire nel ring della politica.

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