Continua il coccolamento di Girgria Meloni da parte della “grande stampa”. Una ennesima lettera al Corriera della Sera ha consentito alla leader di Fratelli d’Italia, che ieri ha incontrato anche il premier Draghi, di raccontare la favola bella del suo partito. Una lettera nella quale non ha potuto, ovviamente, smentire nulla di quanto sosteneva Ernesto Galli della Loggia sulla inconsistenza  programmatica del partito e alla sua evanescente classe dirigente, ma che anzi ha messo in luce alcuni tratti tipici della cultura politica fratellitaliota. 

Senza timore del ridicolo, Meloni dall’alto delle sue inattingibili credenziali democratiche, ha stigmatizzato la sinistra e il Pd come un’ area e una formazione politica ancora irresistibilmente attratte dal totalitarismo: da che pulpito vien la predica.

Va detto una volta per tutte che in Fratelli d’Italia, al di là di alcuni dirigenti che hanno compiuto un percorso di distanziamento dal fascismo fin da anni lontani, ve ne sono altri, di primo piano, che non hanno mai mostrato la stessa convinzione.

Sarebbe opportuno sapere se Giorgia Meloni e altri dirigenti di FdI condividano in toto la dichiarazione di Gianfranco Fini sul fascismo come male assoluto, pronunciata nel lontano 2003.  Allora, da Alessandra Mussolini a  Francesco Storace, all’epoca presidente del Lazio, si levarono  grida di sdegno per aver profanato quel sacro riferimento politico-culturale.

Sono passati molti anni e la tradizione neo/post fascista sembrava andata dispersa quando invece è stata rivitalizzata dalla curvatura estremista impressa da Matteo Salvini alla Lega e dal ritorno degli ex del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale sotto le spoglie di FdI.

La presenza alle manifestazioni pubbliche di Lega e Fratelli d’Italia di elementi dell’estrema destra neofascista e persino neonazista fa presumere è esista ancora un’area di contiguità tra partiti in cerca di rispettabilità e figure sulfuree dei bassifondi anti-democratici.

Del resto, lo scatenamento di insulti antisemiti contro quel professore (ebreo) che aveva inaccettabilmente ironizzato sul libro di Giorgia Meloni capovolto negli scaffali di una libreria, dice qualcosa degli argomenti – «con quel nome sei una zecca importata» (sic) - con i quali  la leader di FdI è difesa dai suoi sostenitori.  Argomenti che non scandalizzano più, evidentemente, visto il silenzio generale, a incominciare dalla stessa Giorgia Meloni.

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