Giorgia Meloni nel recente video sull’immigrazione mette in guardia gli italiani e gli europei dal rischio che decine di milioni di africani si riversino presto nei loro paesi. Si tratta di una previsione che non ha alcun fondamento scientifico.

Essa serve però a creare nell’audience un elevato allarme sociale: occorre fermare l’immigrazione irregolare concentrandosi sulla difesa dei confini esterni. Con quali strumenti? Anzitutto, una missione europea navale in accordo con le autorità del Nord-Africa per impedire le partenze e verificare chi ha diritto a entrare in Europa. È una misura che richiama il blocco navale spesso evocato in passato da Meloni, in realtà irrealizzabile.

L’accordo con la Tunisia – peraltro non attuato - viene poi presentato come esempio dei nuovi rapporti da instaurarsi tra Ue e paesi del Nord-Africa: controllo delle partenze in cambio di sostegno all’economia. Accordi di questo tipo, come già in passato quello con la Libia e con la Turchia, trascurano il rispetto dei più elementari diritti umani dei migranti. Danno inoltre una potente arma di ricatto a regimi non democratici retti da autocrati senza scrupoli. Non a caso è impossibile esercitare un controllo da parte della Ue dei centri di raccolta creati in questi paesi.

Può stupire che Ursula von der Leyen si sia associata alla spedizione di Meloni in Tunisia e abbia di fatto sostenuto, senza prenderne le distanze, la sua strategia enunciata a Lampedusa. Difficile non pensare alle manovre per l’elezione della Commissione Europea.

Così come appare evidente che la leader di FdI abbia voluto sottolineare la coerenza della sua azione con i programmi elettorali per contrastare il tentativo di Salvini di sottrarle consensi. Anche in questo caso la campagna per le europee si fa sentire. In tale clima, l’approccio militare-repressivo al problema dell’immigrazione si completa, al momento, con la decisione del CdM di ieri di costruire nuovi CPR (Centri di permanenza per i rimpatri). Questi sono di fatto centri di reclusione in attesa dell’approvazione dell’asilo o dell’espulsione. Saranno inoltre allungati i tempi di permanenza fino a 18 mesi (una misura di dubbia costituzionalità).

A tutto ciò si aggiunga infine che in queste recenti esternazioni non vi è traccia alcuna della questione dell’organizzazione dei soccorsi per evitare altre sciagure come quelle di Cutro. Ma questa assenza è di fatto un’accondiscendenza alla linea Salvini di rendere più complicate e rischiose le operazioni di salvataggio come deterrente per chi vuole imbarcarsi. Siamo dunque in presenza di una strategia fallimentare del governo, di cui non va però sottovalutata la resa elettorale.

Nonostante si vanti un approccio finalmente “strutturale” che segnerebbe una svolta per la Ue con il suo profilo militare e repressivo, si vedono chiaramente la debolezza e l’isolamento della posizione italiana, che emergeranno nel Consiglio europeo di ottobre. Ma c’è un’altra conseguenza importante da segnalare. Vedendo l’emigrazione esclusivamente come un male e non anche come una potenziale risorsa - se ben governata - si penalizza lo sviluppo del paese. L’Italia ha un forte invecchiamento (nel 2040 mancheranno sei milioni di attivi). Questo vuol dire che per mantenere gli attuali livelli di crescita l’apporto dell’immigrazione sarà indispensabile. E questo richiederà molta più attenzione alle politiche di selezione dei flussi, di inserimento e di integrazione dei migranti.

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