Non esiste un aereo che possa atterrare prima di decollare e di volare perché questo processo, come tutti, ha un “verso” e una direzione. Allo stesso modo non credo sia la soluzione giusta pensare di chiudere il ciclo dei rifiuti partendo dalla sua conclusione, anziché dal principio. Per questo nella proposta fatta dal Sindaco Roberto Gualtieri di un termovalorizzatore per Roma vedo un errore di impostazione, di prospettiva e di merito.

In tema di rifiuti bisogna puntare sulle fondamenta della corretta gestione - fatta di riduzione, differenziata, recupero e riciclo - cercando soluzioni per la chiusura del ciclo che guardino al futuro. E Roma deve superare il ritardo accumulato sul fronte strategico del recupero dei materiali, del riciclo e di una virtuosa filiera dell’economia circolare.

La raccolta differenziata

Seguendo i principi dell’economia circolare, che è la bussola indicata dall’Europa, le priorità per Roma Capitale dovrebbero essere incrementare la raccolta differenziata, allargare territorialmente e rafforzare il porta a porta per raggiungere finalmente, e magari superare, la soglia di legge del 65 per cento di raccolta differenziata. Come anche investire su impianti innovativi per il recupero dei materiali, così da trasformare i rifiuti in risorsa. Succede ad esempio con la digestione anaerobica dell’organico, un processo grazie al quale la raccolta dell’umido viene tramutata in biometano e compost di qualità. Per questo avevo accolto con favore il progetto della giunta Gualtieri di realizzare i primi due biodigestori per la frazione umida dei rifiuti da parte di Ama.

Invece bruciare i rifiuti producendo più emissioni che energia è un passo falso, così ci si accontenta di soluzioni vecchie, rinunciando a obiettivi sfidanti di riciclo. Proporre un impianto da 600.000 tonnellate annue di rifiuti, poi, significa programmare un termovalorizzatore di capacità equivalente a oltre un terzo della produzione dei rifiuti di Roma. Che andrebbe alimentato anche una volta raggiunto l’obiettivo del 65 per cento di differenziata.

Quindi o Roma smetterebbe di implementare le sue politiche per la raccolta differenziata, il riuso e il riciclo accontentandosi degli obiettivi minimi di legge, o si pensa in futuro di bruciare rifiuti di altri comuni.

Dire che questo grande impianto avrebbe un impatto ambientale nullo non è realistico, idem dicasi per la previsione di realizzarlo in due anni, massimo tre. E il fatto che governo e parlamentari di maggioranza stiano studiando soluzioni ad hoc per il termovalorizzatore di Roma la dice lunga sull’irrealistica previsione sui tempi. Non si considera neanche che esistono altre tecnologie, come il riciclo chimico, per trattare efficacemente e con meno emissioni la parte di rifiuti non recuperabile per via meccanica.

C’è una carenza impiantistica che affligge la Capitale, viziata per decenni dalla presenza di Malagrotta. Ma è di centri per il riuso, il recupero e il riciclo che abbiamo bisogno, e di questi non si è sentito parlare. Come denunciato dal segretario della Cgil di Roma e Lazio Michele Azzola nessuna strategia è stata avanzata per aumentare in maniera decisa la differenziata, o per dotare Ama dei necessari mezzi, personale e tecnologie.

La situazione

Per una questione di dimensioni Roma non è una città qualunque. Il Terzo Municipio, dove vivo, ha all’incirca gli stessi residenti di Padova. In pratica i municipi della Capitale sono come quindici città medie, in rete tra loro. Ecco perché ragionare di un mega impianto al servizio dell’intera città lo trovo fuorviante, è quella municipale la dimensione giusta per programmare e gestire il ciclo dei rifiuti in modo sostenibile. Soprattutto vorrei che immaginassimo un sistema capace di centrare gli obiettivi europei di almeno il 65 per cento di rifiuti avviati a riciclo e del 10 per cento massimo di residuo in discarica e che credessimo di poter fare di più.

Siamo un paese in cui le materie prime scarseggiano ma ricco di ingegno, che ha fatto del riciclo necessità-virtù e che oggi recupera materia dal 69 per cento dei rifiuti industriali e ricicla il 54,4 per cento dei rifiuti urbani. Sono queste le potenzialità che conviene sviluppare ulteriormente, non l’incenerimento.

Infine c’è una questione di metodo: un termovalorizzatore per Roma non era previsto nel programma del centro sinistra per le amministrative. Tutti questi motivi hanno spinto Roma Futura a chiedere al sindaco una discussione pubblica sulla sua proposta e ad annunciare che nei prossimi giorni lancerà la prima di tante assemblee per parlarne con cittadini, associazioni, sindacati e imprese. Speriamo sia un momento utile di confronto e partecipazione, che si torni indietro sul termovalorizzatore e si dia alla città una strategia di gestione dei rifiuti all’avanguardia.

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