La pressione americana su Benjamin Netanyahu e sull’estrema destra israeliana continua ad aumentare. Oltre a far filtrare la notizia su un possibile riconoscimento dello stato palestinese, gli Stati Uniti di Joe Biden iniziano a sanzionare i coloni in Cisgiordania. Con un ordine esecutivo il dipartimento di Stato ha imposto sanzioni a quattro di loro, accusati di violenza e intimidazione contro i palestinesi e per averli costretti a fuggire dalle loro case.

Secondo l’amministrazione americana si tratta di una prima lista a cui seguiranno altre. Com’è noto, la violenza in Cisgiordania è aumentata in seguito al pogrom di Hamas del 7 ottobre ma era già molto forte prima.

Le Nazioni Unite registrano centinaia di attacchi al mese in particolare nell’area di Hebron. Secondo l’agenzia umanitaria dell’Onu (Ocha) solo da ottobre a oggi sono stati uccisi in Cisgiordania 370 palestinesi.

I coloni israeliani ne hanno uccisi direttamente almeno otto, mentre gli altri sono morti per mano delle forze israeliane, tra i quali un cittadino americano, Tawfiq Ajaq, un fatto che ha provocato un’inchiesta americana.

Le sanzioni individuali segnano un ulteriore distacco tra Biden e Netanyahu: quest’ultimo non ascolta più i consigli dei suoi amici e protettori americani che pure conosce bene. Le relazioni stanno diventando sempre più rigide e fredde.

Washington ritiene che la posizione estremista del governo israeliano in appoggio ai coloni aumenti l’impatto delle proteste pro-Hamas nel mondo, inclusi gli Stati Uniti. A novembre scorso il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan aveva chiesto ai dipartimenti e alle agenzie Usa opzioni per far fronte alla crescente violenza in Cisgiordania.

La prima azione è stata quella di negare i visti a vari gruppi di coloni israeliani accusati di aver attaccato i palestinesi. Sapendo quanto sia forte il legame tra le comunità ebraiche di Israele e quelle degli Stati Uniti, sia la stretta sui visti che le sanzioni individuali segnano una rottura che avrà conseguenze.

Gli Stati Uniti accusano l’attuale governo, entrato in carica a fine 2022, di aver accelerato l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, considerati illegali dal diritto internazionale e dalla quasi totalità della comunità internazionale.

Anche i paesi occidentali, per quanto vicini ad Israele, considerano illegale la colonizzazione della West Bank dove vivono circa 3 milioni di palestinesi, ai quali aggiungere gli oltre 2 milioni di Gaza. Agli israeliani colpiti dalle sanzioni verrà negato anche l’accesso al sistema finanziario statunitense.

Per ora i ministri oltranzisti Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich non sono considerati nella possibile lista degli obiettivi, anche se tale posizione potrebbe cambiare. Ben-Gvir e Smotrich sostengono la rioccupazione della striscia di Gaza e la ricostruzione degli insediamenti smantellati nel 2005.

Netanyahu dice di essere contrario al loro ripristino ma ambiguamente aggiunge che Israele dovrebbe mantenere un «controllo di sicurezza generale» nell’enclave. Tale posizione è rigettata da tutti, inclusi gli Stati Uniti i paesi arabi del Golfo e l’Europa. 

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