Ci siamo abituati a vedere carri armati che avanzano rumorosamente, cannoni che sparano nel cielo come se non sapessimo che qualche chilometro più in là qualcuno morirà per quello stesso colpo.

Ci siamo assuefatti a missili, caccia e bombardamenti a tappeto. Non ci inquieta più il volto sofferente di chi vive nella guerra.

E ancora peggio non sentiamo più il pianto dei bambini, che non hanno più lacrime, o il dolore delle madri, che non hanno più voce. Si è fatto silenzio di fronte a questa catastrofe umana che ci vede inermi, spettatori inermi e talvolta, peggio ancora, indifferenti.

A marzo del 2022 con gli amici delle Acli sono stato in Ucraina a portare la solidarietà di tutta la nostra associazione ad un popolo aggredito. Ho provato paura, paura vera sentendo il rumore delle sirene di allarme antiaereo.

Un suono angosciante che ti entra nell’anima soffocando il respiro. Un suono che accompagna la morte e la distruzione.

Ho toccato con mano la disperazione di chi scappa da tutto (casa, affetti, beni materiali e relazioni) verso il niente (nessun luogo preciso, nessuna relazione, nessun futuro).

Non avremmo mai creduto che la guerra avrebbe nuovamente potuto bussare alla nostra porta in termini così pressanti: una guerra, sia ben chiaro, che non è incominciata il 24 febbraio dello scorso anno – che è solo la data della sciagurata decisione di Putin di far varcare all’esercito russo la frontiera con l’Ucraina - e che non è l’unica in quello scenario di “terza guerra mondiale a pezzi” su cui il Papa ci richiama da molti anni.

E’ proprio ora, ad un anno di distanza, che dobbiamo ritrovare il senso comune di quello che sta succedendo: ad un anno dall’inizio del conflitto diamoci la possibilità di rivalutare la nostra indignazione per un conflitto così.

Diamoci la possibilità di far sentire la parola “pace”, senza crederla un’utopia o un sogno per bambini e anime belle.

La guerra in Ucraina non è quindi un evento racchiuso in una regione geografica col proprio carico di nazionalismi ma diventa un elemento di risoluzione ineluttabile dei conflitti tra Stati, cioè proprio quello che la nostra Costituzione “ripudia “apertamente.

L’attenzione sulle vere, angoscianti sfide globali come energia, lotta climatica viene sopraffatta dalle grida di guerra per proporre l’incremento delle spese militari.

In un quadro così desolante l’Europa e i Paesi che la compongono stanno affrontando questo mutamento di scenario geopolitico disegnando una continua escalation militare tirati da una parte dalla politica degli Stati Uniti dall’altra dalla paura dei paesi dell’Est dell’Unione.

David Sassoli, la cui saggezza e lungimiranza non finiremo mai di ricordare, nel suo discorso di insediamento come presidente del parlamento europeo ci ricordava che: «L’Unione europea non è un incidente della storia».

Infatti  essa è nata affondando le proprie radici nella Pace conquistata con il sangue di tanti innocenti ma soprattutto è stata costruita giorno per giorno nel confronto, nella faticosa mediazione tra i popoli che la compongono. Stiamo rinunciando a tutto questo? Sicurezza sociale vuol dire armarsi?

Politica è costruire diffidenze con altre forze straniere e fisicamente muri? E’ forse la paura che ha costruito la democrazia che ci ha cullato e salvato in questi settanta anni dalla nascita dell’Unione?

Non è possibile presentarsi con un mazzolino di fiori davanti alle bombe russe ma dobbiamo credere ad una politica che non rinunci al dialogo, a far sedere le parti.

Una politica che non abbia come riferimento lembi di terra ma le vite umane, soprattutto quelle che incolpevolmente vivono questo conflitto. Il popolo della pace così variegato e per fortuna intransigente non chiede resa.

Chiede giustizia, ma per ottenere giustizia al singolo delitto perpetuato dalla guerra dobbiamo fermare la rincorsa alle armi. Giustizia ambientale, giustizia sociale, equo sviluppo e distribuzione delle risorse. Questi siano i veri conflitti che devono vedere unità l’umanità.

Chiedo a tutti, non siamo stanchi di questa insensata guerra, di vedere orrori? Non riusciamo a capire che questa strada non ha sbocchi? Non siamo sazi di questo sanguinoso nulla?

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