La manovra di bilancio era, per alcuni, volutamente leggera, poco impegnativa, per tenere conto delle ristrettezze in cassa e delle difficoltà di contesto. Cos’altro si poteva fare? Su Domani abbiamo dato una valutazione di segno opposto. Si tratta di una finanziaria a debito, fondata su spese opportunistiche, priva di un’idea di sviluppo del paese. Che anzi, a dirla tutta, si sta facendo scappare le vere possibilità di rilancio che avevamo: gli investimenti finanziati dal Pnrr, dalle infrastrutture al sociale all’istruzione; e le riforme connesse, dal fisco, al catasto, alla concorrenza.

Ieri il giudizio critico della Commissione europea, e che fa seguito alla bocciatura del Fondo monetario internazionale, ha avvalorato le nostre preoccupazioni. Esattamente su questi due punti: debito eccessivo e mancanza di una politica chiara per lo sviluppo dell’Italia.

Ci si può consolare con il fatto che, questa volta, non siamo gli unici, in Europa, o gli ultimi. Ma il mal comune non può essere mezzo gaudio, specie adesso. Anzi aggrava i motivi di inquietudine. Noi infatti viviamo una situazione di enorme incertezza, sistemica: sia interna all’Eurozona, per ragioni economiche (l’aumento dei tassi, le difficoltà della Germania) e politiche (le europee dell’anno prossimo, il negoziato sulla riforma del Patto di stabilità), sia globale: per le guerre in corso, il responso incerto delle elezioni americane (le quotazioni di Donald Trump sono in aumento), la crisi ecologica.

In un quadro del genere, il governo dovrebbe fare una sola cosa: consolidare i fondamentali del paese, che sono particolarmente deboli; così da prepararci al meglio per qualsiasi eventualità. Cioè dovrebbe investire nell’istruzione, nell’amministrazione, nelle infrastrutture, nella cura del territorio, nella sanità; mettere in campo politiche per aiutare le imprese a crescere e a fare ricerca; combattere l’evasione fiscale e riportare il nostro sistema tributario a una logica minima di equità contributiva, peraltro recuperando risorse; puntare sulla conversione ecologica, perché è il futuro delle politiche industriali e può anche diventare un’opportunità per l’Italia; smantellare le rendite improduttive, che ancora da noi tenacemente resistono, e al contempo dare dignità e forza al lavoro, perché è giusto e anche perché può essere uno stimolo a innovare.

Che cosa fa invece questo governo? Distribuisce denaro in forma di sconti fiscali, temporanei, perché non vuole affrontare con politiche incisive i nodi dell’inflazione e dei bassi salari; e per fare questo, disinveste nell’amministrazione e nel welfare, mentre fa aumentare il deficit. Questo è il cuore della manovra. In aggiunta, rinuncia alle politiche industriali (non solo green, tutte) e, dove si muove, lo fa per inseguire le lobby più retrive e i pregiudizi, peraltro inutilmente (ultimo esempio è il divieto di fare ricerca sulla carne coltivata).

In campo fiscale, conferma la scelta dell’anno scorso di ampliare la flat tax per gli autonomi, una misura che favorisce indirettamente l’evasione e comporta una grave ingiustizia di trattamento fra i contribuenti. In sostanza, insegue convenienze elettorali di breve periodo: sono le stesse che ci stanno riportando, purtroppo, stabilmente sulla via del declino. Insomma, rispetto alla propaganda la realtà è, sfortunatamente, ben diversa: per la sua stessa composizione sociale e per la «qualità» della sua classe politica, questa è una maggioranza incapace di fare gli interessi dell’Italia.

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