- È stata la mano di Dio, che esce in sala il 24 novembre e dal 15 dicembre sarà in piattaforma su Netflix, è il vero esame di maturità di Paolo Sorrentino.
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C’era una volta quel gol leggendario di Maradona ai mondiali del Messico 1986, perché è risaputo che la divina provvidenza procede per vie imperscrutabili. E c’era una volta un ragazzo di sedici anni che solo per amore del calcio non condivise la sorte dei genitori, uccisi dall’ossido di carbonio nella loro casetta in montagna, piccolo lusso borghese sudato.
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È una frase, «è stata la mano di Dio», che per Sorrentino diventa altro, non miracolo sportivo ma dono di sopravvivenza. È vita rivisitata. Ma è una sfida vinta.
L’amarcord di Paolo Sorrentino fa ridere, tanto. Non è una bestemmia, non è lesa maestà, non è insulto per il raro coraggio di fare cinema – e arte – sulla pagina più tremenda e più irraccontabile della propria storia personale, sulla straordinaria normalità di un padre e una madre perduti in una notte come tante, per la follia del caso. È la grande bellezza di scoprire che il più recente dei nostri uomini Oscar è capace di fare i conti con il dolore e di riscattarlo con una memoria di ironia,



