Barrett, Waters, Gilmour, Wright, Mason. Ovvero i Pink Floyd: band tra le più osannate e conosciute del rock. Nulla però sarebbe stato se non avessero cucinato e consumato una colazione assieme, preparato il tè, mangiato e non avessero utilizzato le registrazioni di quella mattina per rivoluzionare la concezione della loro musica.

Un po’ di storia

I Pink Floyd sono la band più importante della storia del Novecento: oltre ad aver prodotto musica di qualità come più o meno nessun’altra band nella storia del rock, sono riusciti a interpretare, influenzare e rappresentare il contesto culturale di una generazione intera per una dozzina di anni e più. Più precisamente dal 1967, anno del loro esordio The Piper at the Gates of Dawn, capolavoro della psichedelia, fino almeno al 1979 con il Watersiano The Wall, perfetta sintesi del disagio esistenziale della generazione punk educata tramite la fallimentare riforma dell’Istruzione dell’allora ministro Margaret Thatcher.

La loro carriera, costellata di composizioni senza tempo, geniali e complesse, intuitive ed emozionanti, è divisibile in tre fasi differenti: la psichedelia stralunata del periodo Syd Barrett e dalla sua influenza (1967-69); la fase del Collettivo che va dal 1970 al 1979 in cui i Floyd compongono “distanti ma vicini” alcuni dei loro lavori più celebri; l’era del “despota illuminato” Roger Waters dal 1979 al 1983. La coda è quella successiva al 1983 in cui, dopo l’uscita di Waters, il terzetto capitanato da David Gilmour ha proseguito realizzando concerti meravigliosi, oltre a brani pressocché dimenticabili.

L’inizio dei Floyd è caratterizzato dal carisma di Syd Barrett, figura mitologica, artista senza tempo, in grado di essere oggi riconosciuto come uno dei personaggi più eccentrici e folli dell’Inghilterra degli anni Sessanta. Le sue composizioni inconfondibili, la visione psichedelica dell’armonia e i testi fiabeschi e irreali erano le fondamenta di un sound, in cui la libertà di composizione e sperimentazione erano concetti imprescindibili, come l’istinto del suo leader. In studio come sul palco.

Rumore o Musica?

Il rapporto con il rumore e i suoni reali è una peculiarità del loro stile, così come sovraincisioni e loop. Nella prima fase della loro carriera lo sviluppo armonia/rumore è interessante ma concettualmente grezzo: i campionamenti audio estranei agli strumenti tradizionali sono “semplicemente” a supporto dell’idea della canzone e a completamento della trama sonora e dell’ordito ritmico (“Astronomy Domine”, “Pow R. Toc H.” tra le altre, ma anche le successive “A Saurceful of Secrets”, “Cirrus Minor” e la Watersiana “Several Species of Small Furry Animals…”).

Il suono reale è manipolato come mezzo utile a “sciogliere la propria mente” (“psichedelia”) per estraniarsi dal contesto, viaggiare liberi con il pensiero, immergersi nel proprio “io” e favorire il “trip”. Un modo per farsi condurre altrove, in un luogo non meglio precisato di sé. Barrett, talmente immerso nella sua psiche fragile e bipolare, gravato dall’utilizzo di Lsd e altri allucinogeni vari, lascia la band e abbandona anche sé stesso durante la realizzazione del loro secondo album.

I Pink Floyd vacillano ma continuano la loro produzione discografica con dischi di buona fattura ma forse contorti e sfuggenti, andando anche a ripescare bellissimi materiali live del passato per arricchire un po’ le nuove uscite discografiche.

La crisi di una generazione

Il 1970 è un anno di transizione per tutto il mondo del rock: si sciolgono i Beatles; i Jefferson Airplane iniziano il loro processo di disintegrazione; l’ondata Flower Power si arresta anche a San Francisco; Peter Green con The End of the Game fa il funerale all’utopia, declassando l’ideologia a speranza svanita; muoiono Jimi Hendrix e Janis Joplin, due dei principali attori del periodo.

Il progressive rock inizia a dominare la scena dopo che nel 1969 i King Crimson sparigliano tutto con il diamante In the Court of the Crimson King. L’Inghilterra è pronta a band come Yes, Genesis, Van Der Graaf Generator e Jethro Tull (fieramente scozzesi a dirla tutta). Cambiano temi, tempi, modi e attitudini all’ascolto.

Una crisi di identità coglie anche i nostri amici, prima orfani e ora spaesati da un contesto che sembra non dare più spazio ad un sound come quello passato. E sarà proprio una colazione, il pasto più british che esista, con marmelade, flakes, bacon, scrambled eggs, sausages, tomatoes e chi più ne ha più ne metta, la vera salvezza della band.

Colazione rock

Atom Heart Mother (1970) porta con sé una rivoluzione copernicana. L’attitudine psichedelica è ancora presente a tratti nel brano che dà il titolo all’album ma appare diversa, confusa, in fase di “transizione culturale”. I Pink Floyd con Alan’s Psychedelic Breakfast” riescono a utilizzare il rumore e il suono esterno in modo opposto agli anni precedenti. Se fino all’album Ummagumma il suono reale serviva a far perdere riferimenti e a far andare la mente in altro luogo, ora invece è utile per contestualizzare e rendere concreta l’armonia.

Il brano è una suite di tredici minuti, tripartito in distinte sezioni (1. “Rise and Shine”, 2. “Sunny Side Up”, 3. “Morning Glory”) e arrangiato intersecando la musica a suoni di sottofondo tipici del mattino in cucina (registrati in presa diretta nella casa di Nick Mason).

In “Rise and Shine” si sentono prima passi, poi il riempimento di una teiera, successivamente l’apertura del gas e della scatola di fiammiferi. L’armonia non viene declassata ma anzi lascia spazio, quasi naturalmente, ai rumori ambientali, rendendo uniforme il suono e chiaro il contesto. La seconda parte “Sunny Side Up” si apre con il fischio della teiera e con il consumo del tè, dei cereali e con lo sfrigolio del bacon in padella.

Anche le parole assumono un ruolo centrale: un flusso di coscienza, un soliloquio, di Alan Styles, roadie della band, che accompagna tutto il tempo della preparazione della colazione. L’armonia si intervalla ad arte al rumore e, senza accorgercene, le due cose diventano una.

Stoviglie e chiacchiere

La terza parte “Morning Glory” è la conclusione della routine mattutina. Udiamo stoviglie, ancora sfrigolii, acqua corrente e altre chiacchiere. Udiamo stoviglie, ancora sfrigolii, acqua corrente e ancora quattro chiacchiere.

Sembra quasi di assistere alla scena di qualcuno che fa colazione con la radio accesa a basso volume così da non coprire i suoi ambientali. Si dispiega davanti a noi un universo distante dal “dominio astronomico” di solo tre anni prima. D’ora in avanti ogni suono reale inserito nei numerosissimi brani della loro carriera sarà utile per rendere la loro musica concreta, tangibile e quotidiana.

Cosa c’è di più british di una abbondante colazione in cui si elencano gusti gastronomici, ci si lamenta dei dolori alla schiena e di chiede l’opinione su Elton John? Il brano termina con le parole «What a day! | What? | My Head’s a Blank» a suggerire una tabula rasa rispetto ai Pink Floyd del passato. Quest’inversione di concetto, dal trascendente all’immanente, è il seme per la concretezza di album come The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here.

Allineato a questo cambio di attitudine sonora è la splendida copertina con la mucca realizzata dal genio di Storm Thorgerson, che da qui in poi sarà il deus ex machina delle grafiche Floydiane. Potete oggi pensare a qualcosa di più concretamente British di una mucca in un campo verde, d’altronde? Da qui in avanti i Pink Floyd affineranno sempre di più il loro gusto nella contaminazione armonia/suoni naturali.

Continueranno a inserirne numerosissimi creando un processo unico nell’ascoltatore: non è la musica a fare da colonna sonora alla natura, ma sono i suoni esterni a rendere “propagazione del reale”, come una semplice colazione, il sound dei Pink Floyd.

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