Ha sempre fatto caldo d’estate? Sì, certo. Del resto, parliamo della stagione che lenisce le pene invernali, vendica la decadenza autunnale e sublima il risveglio primaverile. L’estate è da sempre la stagione più attesa, da nord a sud, da est a ovest; che tu sia un lucano o un danese, che tu viva in Norvegia o in Italia, il trimestre giugno-agosto è il periodo in cui il benessere climatico raggiunge i massimi.

Certo, ogni tanto il caldo può eccedere, diventare fastidioso o addirittura insopportabile, ma si tratta di ruggiti brevi e temporanei di un drago dal cuore buono. Questo avremmo scritto un tempo, quando il clima era profondamente diverso rispetto ai giorni nostri.

Perché oggi le considerazioni non ruotano più intorno al routinario e rassicurante ritorno del caldo estivo, ma sul fatto che sia diventato anomalo, prolungato e precoce.

Da meteorologo la domanda che sempre più spesso mi viene rivolta è: come sarà questa estate? Caldissima come la precedente? E mi trovo, in maniera quasi inconsapevole, a ignorare l’incertezza e la prudenza che dovrebbe contraddistinguere qualsiasi tendenza meteo a lungo temine rispondendo: «Molto probabilmente sì».

Il fatto che ormai sia quasi scontato che la stagione estiva sia più calda del normale e che ogni estate minacci concretamente di battere i record di quella precedente è il segno evidente di un equilibrio perduto. Il drago è diventato feroce e noi dobbiamo imparare a conviverci.

Tra il 6 e il 17 luglio abbiamo goduto di condizioni meteorologiche instabili, ma termicamente gradevoli, che hanno spezzato la lunghissima e opprimente ondata di calore di giugno. Si tratta però di parentesi limitate nel tempo e nello spazio; infatti, mentre sull’Europa centrale e su parte d’Italia la canicola indietreggiava sotto i temporali, in Scandinavia, in Inghilterra e sull’Europa orientale l’ondata di calore proseguiva senza sosta. Il 12 luglio in Scozia, a Aviemore, la colonnina di mercurio ha raggiunto i 32.2 °C contro una media trentennale di appena 19 °C, in Norvegia si sono registrate punte di 34 °C. E a Londra? Valori massimi sui 30 °C, ma ormai non fa quasi più notizia.

Il problema è che i flussi di calore di matrice subtropicale si spingono a latitudini sempre più settentrionali e alimentano anticicloni più “pensanti” rispetto a 30-40 anni fa; è un fatto termodinamico: più l’atmosfera si scalda più le alte pressioni si gonfiano e più comprimono l’aria nei bassi strati scaldandola. E se qualcuno, in piena tempesta amarcord, afferma che episodi di caldo eccezionale ci sono sempre stati, sappia che in un passato non lontano i picchi di calore e di freddo si compensavano perfettamente; oggi i primi annichiliscono i secondi.

Non sorprendiamoci se nei prossimi giorni e nelle prossime settimane registreremo nuove, intense, ondate di calore, se cadranno record termici e se la calura verrà talvolta spezzata da temporali conditi da palline da tennis ghiacciate.

Non crucciamo le sopracciglia se i ghiacciai alpini perderanno ancora superficie e se le acque del Mediterraneo sembreranno una piscina termale.

Questo è il nostro presente climatico e non si torna indietro. Essere consapevoli dell’irreversibile cambiamento del clima significa smettere di sorprendersi di fronte al caldo anomalo, di stupirsi per la perdita di un ghiacciaio e di meravigliarsi se ogni temporale si trasforma in un nubifragio. Non si tratta più di proiezioni climatiche, ma di realtà quotidiana; quindi, è tempo di agire e di imparare a muoversi all’interno di una crisi sistemica.

L’adolescenza climatica è finita, è ora di diventare adulti e di smetterla di piangersi addosso. Conosciamo perfettamente la causa del cambiamento climatico e le soluzioni per porvi rimedio, lo sappiamo da oltre 40 anni e non possiamo più permetterci di aspettare. Se il caldo onnipresente peggiora la qualità della nostra vita dobbiamo fare di tutto per attenuarne gli effetti e questo passa attraverso l’adattamento.

Se vogliamo che il futuro delle nuove generazioni non sia peggiore del nostro presente, è necessario accelerare la transizione energetica e il ripristino dei sistemi naturali e questo passa attraverso la mitigazione. Guardare in faccia il drago inferocito è il primo passo per domarlo.


Il Premio Demetra

Giulio Betti (Fiesole, 1980) è meteorologo e climatologo all’Istituto di Biometeorologia del Cnr e al Consorzio LaMMA. Si occupa di previsioni meteorologiche, supporto alla Protezione civile della Toscana, ricerca scientifica, reportistica meteo-climatica e divulgazione. Betti ha vinto il Premio Demetra nella sezione Saggistica con il suo primo libro Ha sempre fatto caldo! E altre comode bugie sul cambiamento climatico (Aboca).

Il Premio Demetra, giunto alla sua quinta edizione, è promosso da Comieco ed Elba Book Festival e dedicato alle narrazioni su ecologia, ambiente, cambiamento climatico, ricerca scientifica, transizione ecologica ed economia circolare, ma anche allo sviluppo e all’impiego di nuovetecnologie. Oltre a Giulio Betti, i vincitori del Premio Demetra 2025 sono John Vaillant con L’età del fuoco (Iperborea) per la Saggistica straniera, Piero Malenotti con Per l’ultima goccia (Sensibili alle foglie) per la Narrativa, Walter Obert con Animali (Sabir Editore) per i Libri per ragazzi e Roberto Grossi con La grande rimozione (Coconino) per la Graphic novel italiana e tradotta.

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