Viaggiare è conoscere luoghi, genti e paesi. E qual è il modo più semplice, elementare di viaggiare? Mangiare, praticare la cucina di un paese dove si viaggia. Nella cucina c’è tutto: la natura del luogo, il clima, l’agricoltura, la pastorizia, la caccia, la pesca. Nel modo di cucinare c’è la tradizione di un popolo, la storia, la civiltà».

È il 3 dicembre 1957, la Rai è nata ufficialmente da tre anni, e in Italia va in onda quello che è riconosciuto come il primo programma di cultura enogastronomica: Viaggio nella valle del Po. Lo scrittore Mario Soldati per 12 puntate si sposta tra Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna per raccontare le storie dei luoghi e di chi li vive, degli alimenti tipici, di come sono prodotti e come si cucinano.

Era un programma lento, con inquadrature che duravano anche diversi minuti e audio non impeccabile. Durante il suo giro per il nord Italia Soldati non solo permette ai telespettatori di vedere da vicino tradizioni culinarie e abitudini talvolta diverse dalle proprie, ma trasmette anche nozioni di cultura generale, in particolare di storia e geografia. In quegli anni la Rai doveva far conoscere l’Italia agli italiani, un intento che sarà ancora più evidente con il maestro Manzi che, grazie alla televisione, dal 1960 ha insegnato a leggere e scrivere a molte persone analfabete o semianalfabete.

Gli inizi

Nel 1967 Elena Fabrizi, più nota come Sora Lella, dispensa consigli per le casalinghe in un dialetto romano impeccabile, insegnando come riconoscere la freschezza di alcune verdure al mercato e dando indicazioni sulle modalità di preparazione di piatti della tradizione. Negli approfondimenti del programma Linea contro linea di Giulio Macchi, va in scena la cucina della tradizione, durante cui Sora Lella non presta particolare attenzione all’impiattamento e non rinuncia a una generosa dose di olio sul fondo della padella.

Una quindicina di anni dopo gli studi televisivi ospitano A tavola alle 7, «continuazione ideale di Colazione allo studio 7», dice l’attrice e protagonista Ave Ninchi in apertura alla prima puntata. Accanto a lei, il critico enogastronomico Luigi Veronelli. Insieme hanno condotto quello che è considerato l’antenato dei programmi di cucina, in cui però i tempi di preparazione delle ricette erano quelli veri, senza piatti già pronti e tempi di cottura dimezzati. Tra conoscenze culinarie, battute e autoironia Ninchi e Veronelli hanno anticipato elementi che sono rimasti validi fino a oggi: sfide di cucina tra personaggi noti, ricette, giochi che coinvolgono il pubblico. Gli spettatori, seduti ai tipici tavoli con la tovaglia a quadri accanto ai presentatori, creano un’atmosfera da piazza di paese e diventano a loro volta protagonisti: «Signora, venga qui e provi a pesare quanto pane ci vuole per fare la zuppa per dieci invitati». E le persone, donne e uomini, con timidezza e spontaneità, si mettevano in gioco.

La carriera dei due conduttori continua a lungo anche con altri programmi di cucina. Nel 1980 Veronelli torna con Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini, in onda su Rai 3, rete nata appena un anno prima. Il critico enogastronomico attraversa vigneti e campi, parla con chi quelle terre le vive tutti i giorni e degusta, non dimenticando mai i riferimenti all’attualità. Durante il programma, infatti saranno sollevati temi importanti come la tutela delle piccole etichette e le truffe nei settori produttivi e commerciali. Negli stessi anni Ninchi conduce Tre stanze e cucina, un varietà in cui prepara una ricetta chiacchierando dei fatti della settimana.

Cucina e territorio

Nel 1981 arriva un nuovo modo di fare informazione culinaria, che ricalca il modello di Viaggio nella valle del Po, è Linea Verde. Con Federico Fazzuoli la cucina si lega in modo ancora più saldo al suo territorio. L’esplorazione del mondo agricolo e delle tradizioni quasi perdute diventa il mezzo con cui parlare di ricette, del valore dell’alimentazione sana e a chilometro zero. Insieme a Linea blu, Linea Bianca, Melaverde, Pianeta mare e altri programmi con format simili, ha saputo cogliere i cambiamenti di tanti ambienti italiani, dal mare alla montagna passando per la pianura e i piccoli borghi, raccontandoli anche attraverso ciò che si porta in tavola.

Gli anni Novanta

Tra le cucine più note della storia italiana c’è quella che ospita la cantante e conduttrice Wilma De Angelis. Nel 1990 va in onda su Telemontecarlo A pranzo con Wilma in cui De Angelis, aiutata da un ospite famoso diverso per ogni puntata, prepara ricette tradizionali. Le sue sono interviste davanti ai fornelli perché, oltre a cucinare, fa domande, chiacchiera con l’invitato in una situazione che con il passare dei minuti si fa informale e amichevole, tanto che poi a fine puntata si siedono a tavola e assaporano insieme quello che hanno preparato.

Gli anni Novanta introducono una grande novità: se prima le varie reti televisive ospitavano programmi a tema culinario, nel 1993 Food Network negli Stati Uniti inaugura la stagione dei canali a tema unico, dedicati agli amanti della buona tavola.

In Italia il primo esempio è Gambero Rosso channel, seguito da altri come Food Network Italia, in cui l’intero palinsesto è riservato alla buona tavola. Non più solo sfide con al centro la tradizione e tutorial da rifare nelle proprie cucine, ma anche dietro le quinte, attenzione all’impiattamento e gare tra ristoranti. La svolta decisiva avviene negli anni Duemila con La prova del cuoco, basato sul format della Bbc Ready Steady Cook. Con questo programma Antonella Clerici si assicura un posto di primo piano nelle cucine degli italiani, accompagnandoli per anni durante la pausa pranzo a suon di Le tagliatelle di nonna Pina, ruolo che è riuscita a mantenere fino a oggi con È sempre mezzogiorno.

Tv tutorial

I ritmi della vita degli anni Sessanta non coincidevano con quelli degli anni Duemila. Di conseguenza, il tempo della narrazione dei programmi televisivi si è adattato, diventando più veloce. E così, anticipando i reel di ricette, sono arrivate le trasmissioni in stile tutorial con Benedetta Parodi. Niente a che vedere con i due minuti abbondanti di sigla di Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini.

Cotto e mangiato è stato il primo e ha aperto la strada ad altri programmi simili, come I menù di Benedetta e Fatto in casa per voi. Accanto al divertimento, quindi, anche l’utilità. Questi programmi propongono ricette di facile esecuzione, spesso per chi ha poco tempo e utilizzando alimenti non troppo ricercati. Tutto in un ambiente molto familiare: Benedetta Parodi ha parlato agli italiani direttamente dalla cucina di casa sua.

I primi programmi di cucina si rivolgevano principalmente alle casalinghe, che – trascorrendo gran parte del loro tempo tra le mura domestiche – dovevano destreggiarsi tra pentole, pirofile, fornelli e mercati. Con il passare del tempo, i format si sono moltiplicati e il pubblico di riferimento si è ampliato. Si sono diffusi anche programmi studiati per i bambini, come Crazy cooking show, Junior chef Italia e Le ricette di Niccolò, per aiutare i più piccoli ad avvicinarsi alla cucina divertendosi e per dare le basi di una sana e corretta alimentazione.

Intrattenimento e svago

Insegnare a cucinare, trasmettere nozioni di cultura e, in parte, intrattenere. Questi erano gli obiettivi dei primi programmi di cucina. Con il tempo, però, l’intrattenimento ha acquisito sempre più rilevanza. E a fare da contorno sono arrivati gli chef superstar in veste di giudici. Da Antonio Cannavacciuolo a Carlo Cracco, sono tanti i cuochi che hanno trasformato le cucine da ambienti familiari a luoghi di rito.

Nel 2011 è arrivato Masterchef Italia, in cui la ricetta è lo strumento utilizzato per raccontare vite, sfide, storie, e che più di altri ha contribuito a promuovere l’ascesa delle food celebrity. Non è più la cucina con un fine pedagogico, che insegna trucchetti alle casalinghe al di là dello schermo e non è nemmeno quella che porta gli italiani in viaggio alla scoperta di angoli nuovi della penisola. Più che la preparazione del piatto in sé sono diventate protagoniste l’adrenalina, la passione e la sfida tra concorrenti in cui anche la sostenibilità diventa un fattore da tenere in considerazione. La cucina di Masterchef è quella che intrattiene, che diverte, di cui si parla. È la cucina spettacolo – rappresentata anche da Cucine da incubo, Il boss delle torte, Unti e bisunti –, che arriva in prima serata e domina i palinsesti tv, che si guarda non durante il pranzo ma mentre ci si riposa a fine giornata sul divano. È veloce, emoziona, brucia i tempi morti e rende dinamica un’arte che, come insegnano i primi programmi, necessita di tempo e pazienza.

© Riproduzione riservata