Abitare la tela era la curiosità di Albane Dela, all’anagrafe Albane De Labarthe, una pittrice francese di 33 anni in esposizione a Castello 925, a Venezia. Si tratta di vecchie lenzuola lavorate con la cera e colorate con la pittura. Il risultato è una scultura metamorfica che sembra stropicciarsi su sé stessa: rigida alla vista, malleabile al tatto. «Con l’arte e il colore si può attraversare il dolore»
«Tutto è cominciato con la pittura dei grandi artisti esposti nelle chiese e nei musei. Ero ossessionata dalla tela, volevo toglierla dai quadri, entrarci dentro e vedere».
Abitare la tela era la curiosità di Albane Dela, all’anagrafe Albane De Labarthe, una pittrice francese di 33 anni in esposizione a Castello 925, a Venezia. Nella concept gallery che si affaccia sul piccolo canale del Rio dei Giardini, nel sestiere di Castello, Dela mostra le sue creazioni adagiate agli angoli della stanza. Fanno parte della mostra “Toile Libre”. Si tratta di vecchie lenzuola lavorate con la cera e colorate con la pittura. Il risultato è una scultura metamorfica che sembra stropicciarsi su sé stessa: rigida alla vista, malleabile al tatto.
«Come donna, l’idea di entrare nei quadri mi affascinava perché mostrava la contraddizione del corpo: la pelle protegge dall’esterno, ma talvolta può diventare una prigione». Trascinata da questa sensazione, Dela crea una combinazione tra pittura e pelle. Come il kimono blu con riflessi argentei che, a seconda del contesto, trasforma chi lo indossa in “una regina”, perché attira le attenzioni dei passanti. O ripara dal peso degli sguardi.
In questo gioco di fuga e ritorno alla propria pelle che caratterizza la sua creazione artistica, Dela ricorda che all’origine vi fu un momento drammatico della sua vita, risalente a dieci anni fa: «Ero malata di anoressia. Ero davvero in una condizione in cui il corpo, la vita, tutto era molto vicino alla morte. Ogni piccola cosa che facevo, diventava importante, perché consumava energia. È stato in quel periodo che ho iniziato a dipingere tanto, è stato come un modo per sopravvivere».
L’arteterapia
L’arte è stata un’àncora di salvezza, prima ancora che un lavoro a tutti gli effetti. Il colore, il mezzo per esprimere la sua interiorità: «Ho studiato arteterapia, quindi credo davvero – e so – che attraverso l’arte e il colore si può attraversare il dolore. Il cervello si attiva, comunica qualcosa, la gente può percepirlo. Intanto, tu liberi ciò che avevi represso dentro di te».
Questa forte creatività si spinge oltre l’esposizione delle sue produzioni. Ballerina e insegnante di danza, Dela confessa di essere poco incline agli eventi inaugurali di una mostra. Motivo che l’ha spinta a rendere la performance danzata l’evento stesso di apertura alle sue opere. Le lenzuola sgualcite divengono, così, protagoniste dell’esibizione e momento di interazione con le danzatrici e i danzatori. Pittura e danza si fonderanno in una perfetta armonia che coinvolgerà ed emozionerà lo spettatore, influenzato ad accogliere l’urgenza di Dela: raccontare il rapporto complicato con la pelle.
«Penso che sia qualcosa di molto difficile per una donna, perché veniamo cresciute con l’idea che la nostra bellezza sia il modo con cui vivremo nella società. Ogni cosa che farai sarà a partire dalla tua bellezza. Quindi, come si fa a invecchiare?», si domanda Dela. E affida la risposta alla sua arte e a queste sculture multiformi, affermando: «La sensazione della mia pelle che cade, ma che allo stesso tempo tiene ancora, in un modo bello. Amo davvero il modo in cui si accartocciano un po’».
Venezia
La visione di Dela s’inserisce anche in contesti più ampi, come le città. Mossa dal desiderio di vivere a Venezia per la sua ricchezza artistica e architettonica, l’artista voleva ritrarre le sue creazioni in scatti fotografici. L’idea era di riprodurre «la sensazione della pelle che va dappertutto». Tale progetto attira la curiosità delle persone e apre in Dela la voglia di restituire la bellezza ad angoli delle città che vengono dimenticati nella vita di tutti i giorni. Ma apre anche nuove riflessioni: se entrare in un quadro e abitare la tela è stato il primo impulso ad aver motivato l’artista a plasmare delle lenzuola, potrebbe il vivere sereno con il contesto che ci circonda ristabilire un equilibrio nel nostro vivere e abitare indissolubile la nostra pelle?
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