Il paradosso dell’anguria: caldo e concorrenza insidiano la Puglia

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Un problema che ha riguardato anche una delle regioni leader nella produzione del frutto estivo per eccellenza come la Puglia dove, secondo dati Istat del 2022, si producono ogni anno oltre 85 mila tonnellate di angurie su una superficie coltivata di 1.645 ettari. Un tema rilevato da Coldiretti Puglia, che ha sottolineato come quest’estate gli agricoltori abbiano ricevuto tra i 9 e 10 centesimi al chilo per le angurie e poco di più, circa 30 centesimi al chilo, per il pregiato melone giallo brindisino. Ma perché questi prezzi così bassi? «Ci sono diverse cause: l’allarme nasce innanzitutto da siccità e caldo estremo in alcune zone, che hanno portato ad una maturazione anticipata dei prodotti. In questo modo meloni e angurie sono arrivati prima del previsto, già a metà giugno, e a inizio luglio l’offerta è stata tale da portare a un crollo dei prezzi, non in grado di coprire nemmeno i costi di produzione» dice Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Puglia. «A ciò si aggiunge anche l’arrivo di prodotti da paesi fuori dall’Unione europea che, pur non rispettando gli standard produttivi e qualitativi, diventano ugualmente comunitari e abbassano i prezzi. In questo modo un intero settore rischia di andare in difficoltà: sono poche le annate che permettono agli agricoltori di guadagnare e così si piantano sempre meno angurie» sottolinea. Un’annata che si spera insegni qualcosa anche in futuro. «Serve capacità di programmare e fare squadra per entrare nei mercati in modo diverso: molto spesso si pianta senza programmazione e senza contratti, rischiando tantissimo» conclude Cavallo. Perché il riscaldamento globale sta accelerando più del previsto Quanto guadagnano gli agricoltori La convinzione che questa stagione estiva sia di insegnamento per quelle che verranno ce l’ha anche Luigi De Giorgio, titolare dell’azienda agricola Octavius di Nardò che produce e commercializza prodotti ortofrutticoli, tra cui angurie, mini-angurie e meloni gialli coltivati in 200 ettari a metà tra le province di Brindisi e di Lecce. «Anche nella nostra città ho notato una sovrapproduzione: piantano angurie anche coloro che non sono del settore e spesso senza programmazione o contratti, arrivando a perdere anche milioni» dichiara De Giorgio. Ma quanto costa produrre un’anguria? «Ci sono diverse spese da tenere in considerazione, come la preparazione del terreno; la pacciamatura nera a terra e l’impianto d’irrigazione; i concimi organici a lungo termine; il trapianto e la messa a terra delle piante; l’inserimento dell’archetto e della pacciamatura bianca e la manodopera. A queste si aggiunge il costo dell’acqua, diverso da zona a zona: mediamente ogni ettaro di angurie costa complessivamente 10mila euro. Considerando che un ettaro produce mediamente 550-600 quintali, il costo di ogni anguria al chilo si aggira sui 15-17 centesimi al chilo a fronte di un prezzo pagato che è sceso anche a 6-7 centesimi al chilo, cioè meno della metà dei costi di produzione» spiega De Giorgio. Il fattore climatico ha inciso anche sulla domanda, «visto che il freddo e la pioggia al Nord Italia e all’estero, dove si registrano i consumi maggiori, hanno rallentato gli acquisti» continua il titolare dell’azienda Octavius. L’importanza della domanda estera è testimoniata anche dai dati: come ha sottolineato l’Istat, nel 2024 in Italia sono state prodotte oltre 700mila tonnellate di angurie e oltre 300mila sono state esportate. A riceverle sono state in primis la Germania, la Repubblica Ceca e la Polonia, dove sono arrivate rispettivamente 140.191, 24.763 e 22.096 tonnellate. Con un consumo limitato al solo Meridione, le aziende sono andate in difficoltà. «C’è chi è preparato e magari perde “solo” mille o duemila euro a ettaro, altre che invece sono destinate a perdere tutto» dice De Giorgio, che sottolinea come parte della responsabilità sia della Grande Distribuzione Organizzata, che gestisce la vendita al dettaglio dei prodotti per un marchio. «In momenti come questo non guardano in faccia nessuno e pensano solo a se stessi. Anche noi, che da anni lavoriamo con loro, non veniamo tutelati: nel momento in cui non c’è possibilità di carico o di aumentare i prezzi, ti lasciano lì la merce» conclude. Oltre la buccia: ribellarsi agli standard della grande distribuzione L’opinione di grossisti e commercianti Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Gianni Martucci, titolare della ditta pugliese Martucci Srl di Massafra, in provincia di Taranto, che commercializza prodotti ortofrutticoli in giro per l’Italia e l’Europa. Ogni anno trattano circa 50/60mila quintali di angurie, mentre quest’estate si sono fermati a 5/6mila quintali. «La ragione è legata al clima, all’inizio non abbastanza caldo: le angurie di Nardò che trattiamo non hanno raggiunto il solito grado Brix (che indica il contenuto di zuccheri all’interno) di 15 e si sono fermate a 12, nel migliore dei casi, oppure a 10. Poi, però, con l’arrivo del caldo estremo, le angurie sono maturate male e velocemente» sottolinea Martucci. Ciò ha avuto degli effetti anche sulla fase di trasporto, che ha inevitabilmente dei costi. «Mandare i camion nella zona di produzione, caricare la merce e portarla in azienda da noi ci costa 3-4 centesimi a chilo. Le angurie vanno poi messe nei macchinari, perché sono sporche, e poi spazzolate, bollinate e separate per peso: questa è un’operazione che ci costa 5 centesimi al chilo» continua il produttore. «Infine, vanno messe nel bins di legno, per un costo di 8 cent. Se i produttori le vendono a 10 centesimi al chilo, il prezzo ora è salito a 28: ciò significa che vanno vendute minimo a 30 centesimi al chilo. In un momento nel quale nessuno le vuole, al Nord Italia come all’estero, ciò vuol dire non venderle» evidenzia Martucci. La febbre dell'oro tagiko, il potere delle albicocche Da considerare, poi, anche i costi con i rivenditori. «Se decido di mandare le angurie dal magazzino di Massafra a Monaco c’è un costo medio di 15-18 centesimi al chilo, a cui vanno aggiunti 2-3 centesimi richiesti dal buyer. Ciò significa che il consumatore tedesco le troverà a 50 centesimi al chilo, senza però alcun ricavo per noi». Storia simile per il commercio interno, chiosa Martucci. «La Grande Distribuzione è quella che guadagna più di tutti: le promozioni nelle corsie dei supermercati sono fatte a loro vantaggio e a discapito dei grossisti. Per non parlare dei camion rimandati indietro, quando si trovano ad avere un’eccedenza di prodotto, e dei prezzi tirati fino all’inverosimile, con pagamenti sempre a 60 giorni» racconta Martucci. A ciò va aggiunto il ruolo dei buyer, «coloro che fanno gli ordini di merce per conto di supermercati, ai quali noi grossisti dobbiamo rimanere legati e ai quali va riconosciuto “un regalo” per poter vendere la propria frutta. Altrimenti dall’oggi al domani c’è il rischio di vedersi annullare una fornitura garantita per la quale magari sono stati fatti anche degli investimenti» rincara. A essere mutati, però, sono anche i consumi: come sottolinea Cosimo Gianfrate, venditore ambulante in diverse zone del Barese, «oggi si compra a malapena un’anguria, ma più spesso a metà o a un quarto. Venti anni fa la storia era diversa: se ne compravano di più». Ma cosa c’è da aspettarsi per l’anno prossimo? Per Gianfrate, «lo spavento di quest’anno farà sì che se ne pianteranno meno e ci saranno prezzi più alti. Non c’è dubbio». [Missing Caption][Missing Credit]