Accanto alla nostalgia reazionaria c’è la manosphere. Misoginia analizzata e studiata, che però non è un ritorno ingenuo al passato, non è una regressione per inerzia: è una ricostruzione cosciente, un modello molto più forte di un libro che esorta i ragazzi ad amare la patria
Immaginate un video su TikTok in cui si spiega, con grafici e toni da conferenza motivazionale, che le ragazze non vogliono i ragazzi gentili, ma i maschi dominanti, violenti, fisicamente capaci di minacciarle. Perché le donne, dietro un femminismo di facciata, sarebbero creature perverse che in realtà non dicono mai cosa desiderano veramente. Prova ne è che leggono quei romanzi fantasy erotici in cui la donna si accoppia col mostro: altro che pornografia!
Le donne sono streghe scellerate, mentre gli uomini sono creature pure, cavalieri coraggiosi traviati dal femminile, che perciò va sottomesso.
Il ragionamento che ho appena descritto è solo un frammento fra le centinaia di migliaia di contenuti che oggi potete trovare se vi occupate di manosphere (io me ne occupo, è uno fra i miei molti hobby).
Facciamo un passo indietro.
Dentro tante persone ottimiste e progressiste (è un cocktail complicato, lo so) resiste una speranza: con la giusta educazione, le nuove generazioni saranno aperte, innovatrici e disponibili a mettersi in discussione nel modo che ci piace. Non è un dogma, ma nemmeno una fantasia. In realtà è un’aspettativa, qualcosa che sembra avere un fondamento nella realtà. Guardiamo i figli (dico i figli, voi potete dire un’altra cosa) e immaginiamo un futuro migliore.
Misoginia spiegata
Ma se non siamo del tutto divorziati dalla realtà, vediamo che qualcosa non torna. Accanto alle correnti nostalgiche (politiche, culturali) che molti “vecchi” portano avanti con baldanza, oggi osserviamo fenomeni costruiti con una materia più fresca, più intenzionalmente congegnata, più veloce. Per l’appunto, ad esempio, il mondo della red pill, della manosphere.
Per chi fosse disorientato, è quell’insieme di contenuti, narrazioni e riferimenti che presentano il mondo attraverso una visione violenta dei rapporti fra uomini e donne (fra ragazzi e ragazze), fondata sull’idea che la mascolinità sia minacciata e che gli uomini debbano “risvegliarsi” dall’inganno femminile e femminista. Ci si risveglia mangiando appunto la red pill, la magica pillola rossa che ti espone alla cruda verità (un riferimento a Matrix, film che però parlava d’altro).
Non è una misoginia d’atmosfera. È una misoginia spiegata, articolata, difesa nei minimi dettagli, “scientifica”. Esiste da tempo, ma il fenomeno continua ad approfondirsi con velocità persino crescente. È come osservare le orchidee che crescono contro la direzione prevista, solo che non possiamo fissarle a uno stecchetto (le orchidee sono un altro fra i miei molti hobby).
La cultura giovanile legata alla red pill non si limita ad assorbire idee conservatrici già note: le seleziona, le ricodifica, le trasforma in meme. La mascolinità minacciata e il risentimento verso le ragazze (autonome, libere e dunque minacciose) diventano repertorio identitario.
Non è un ritorno ingenuo al passato, non è una regressione per inerzia: è una ricostruzione cosciente. Modello di tante altre ricostruzioni identitarie oggi in atto. Modello più forte, vincente e felice delle ricostruzioni, per esempio, dichiaratamente fasciste. Funziona più questo rispetto a un libro dove si esortano i giovani ad idolatrare la Patria.
Rinnovamento
A differenza dei nostri antenati che vivevano immersi in un patriarcato dato per scontato, i ragazzi che abbracciano la manosphere aderiscono a una struttura ideologica di “rinnovamento” che scelgono e arredano attivamente. È una performance. La regressione verso forme di violenza e verso la giustificazione o persino l’idealizzazione dello stupro (ben oltre le scritte nei cessi di una scuola) non è un residuo culturale che riaffiora per caso: è un gesto intenzionale. Vuole essere nuovo.
In un’epoca in cui tutto è precarietà (relazioni, lavoro, immagine di sé), la promessa della pillola rossa offre un inquadramento. Se il mondo è complicato, qualcuno deve essere colpevole. Se sei marginale, qualcuno ti ha sottratto qualcosa. E quel qualcuno è una ragazza. Le donne sono la metà della popolazione, fai tu i conti, ragazzo mio. Dentro questo schema, sentirsi vittima (delle donne) produce gratificazione, e il recupero del potere passa attraverso un’interpretazione radicale della frustrazione.
Non basta denunciare il fenomeno. Si deve lavorare sulla solitudine, come si dice, ma si deve intervenire anche sul bisogno di una conversazione morale, un bisogno che non va sottovalutato. La difficoltà crescente delle relazioni affettive è reale anche per gli adulti. La disumanizzazione che deriva da decenni di ideologia della competizione oggi è il paesaggio delle esistenze. Dentro il paesaggio, la rabbia cerca uno schema interpretativo.
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