Buttandomi dal terzo piano ho rivisto te

Una non può ripresentarsi dopo vent’anni e invitarmi a prendere un caffè per dirmi che ha tentato di ammazzarsi e mentre cadeva dal terzo piano non ha rivisto tutta la sua vita ma solo una cosa, l’unica cosa che ha rivisto precipitando ero io. Dovevo saperlo che non dovevo venire, è la regola base, è come con i numeri sconosciuti, mai rispondere, ovvio che sono truffe. Un gradino sotto i numeri sconosciuti ci sono i messaggi degli ex amici che passano di qua e mi invitano a prendere un caffè, questi non hanno di meglio da fare che prendere un caffè con me. Ma, dico, vi sarete organizzati la gita o no? Non era tutta la vita che volevate farvi una gita qui? Ci sono musei, chiese, ristoranti, discoteche, posticini per scambisti, scommesse clandestine, gelati per tutti i gusti, droghe per tutti i gusti, e voi ciondolate senza sapere cosa fare e rompete i coglioni a me? Pensate che io sia a disposizione di tutti? A me mi paga l’azienda soggiorno e turismo per venire a prendere il caffè con voi, come no. Ve ne siete andati una vita fa, ve la siete spassata in giro, avete fatto carriera dove avete voluto, e io qua, sempre qua a fare la muffa con i burattini. Ma di qua prima o poi ripassate tutti, è una sciagura, mi mandate un messaggio all’ultimo momento, “Sono qui per qualche giorno se hai tempo per un caffè”. No, caro, no che non ce l’ho il tempo, manco ti rispondo, il tempo non ce l’ho. Questa è la città che fa sognare tutto il mondo, tutto il mondo vuole passarci almeno un finesettimana, almeno una volta nella vita, allora una dovrebbe prendere un caffè con tutto il mondo, otto miliardi di caffè. Se vi incontrassi tutti, ex amici, ex compagni di scuola, ex amanti, ex colleghi, ex parenti, bravi, mi metto in circolo tutta la vostra caffeina e faccio uno schioppone. Niente rimpatriate, per favore, niente pizze di classe, il passato via, scrollarselo di dosso, evitare accuratamente, una a forza di passato ci può restare secca. Che piacere ricevere i vostri messaggi e rispondervi “No non posso”. Se perdessi tempo con tutti quelli che passano di qui e mi scrivono “Hai tempo per un caffè?” dovrei chiudere baracca e burattini, sul serio, io ho un negozio di burattini con laboratorio annesso, li faccio fare a quattro rumeni, tutti fratelli, cioè la sorella li vende e i tre maschi li fanno, gli ho insegnato come si fa, come mia madre l’aveva insegnato a me, gli do lavoro, ai rumeni, li ho presi su che erano arrivati qua sperduti senza nessuno al mondo, altro che caffè. È ancora possibile fare una mappa della web-cultura italiana oggi? Noi ci proviamo LA PULCE NELL’ORECCHIO Per bere un caffè con tutti voi che passate di qua dovrei lasciare i tre fratelli da soli nel retrobottega, in laboratorio, e la più grande, Adela, al banco, a mandare avanti il negozio al posto mio. Di Adela mi fido, ma se lei e i suoi fratelli si accorgono che possono fare senza di me anche soltanto per un’ora, io sono spacciata, sono tanto cari ma lo vedo da come si guardano tra loro ultimamente, dalle domande strane che mi fanno, adesso che Adela è nelle condizioni che è, è da un anno che in negozio le ronza attorno questo Gervasutti, ronza che ti ronza Adela aspetta un bambino, scommetto che è stato Gervasutti a metterle la pulce nell’orecchio che potrebbero mandare avanti il negozio da soli, lei e i tre fratelli, la fava nella secchia e la pulce nella recchia, Gervasutti, a Adela in pancia si gonfia il bambino e in testa l’idea di farmi fuori, uccidermi no ma soffiarmi l’attività sì, devo stare attentissima, la devo tenere sulla corda, lei e i suoi fratelli, gli devo far credere che non sanno fare niente anche se se la cavano benissimo, gli sto sempre addosso, “Così non va” anche quando lei ha appena convinto un turista a comprare quattro burattini, “Si può fare molto meglio” anche quando i tre fratelli mi sfornano burattini perfetti. Se li lascio da soli anche solo per un’ora iniziano a scavarmi la fossa, me lo sento, mentre io sono seduta a prendere un caffè a rispondere a domande del cazzo, “E tu che cosa fai di bello?”, “Passo le giornate a prendere il caffè con quelli come te che fanno le vacanze qui e mi vogliono rivedere dopo vent’anni, e intanto i rumeni in combutta con Gervasutti sono lì nel mio negozio che mi scavano la fossa”, “No, dài, sul serio”, “Ho un negozio di burattini con laboratorio annesso”, “Che bello”, “Che cosa ci trovi di bello”, “Mi sembra originale. Che genere di burattini?”, “Due generi. Uno di gente famosa…”, “Famosa quanto?”, “Trump, Putin, Giorgia Meloni, Taylor Swift, Lionel Messi”, “Geniale”, “Cosa ci trovi di geniale”, “Invece dei soliti souvenir. E poi liberatorio”, “Cosa ci trovi di liberatorio”, “Comprarsi uno potente e poterlo manovrare”, “Ti accontenti di poco”, “Come ti è venuta in mente l’idea?”, “Non mi è venuta in mente. Lo faceva mia madre, me l’ha insegnato lei”, “E l’altro genere di burattini?”, “Quale genere?”, “L’hai detto tu che sono di due generi”, “Ti facciamo il tuo burattino preciso identico a te in ventiquattr’ore, ci bastano tre foto”, “Perché tre?”, “Una di faccia e due di profilo, da una parte e dall’altra, tu ci mandi tre foto e il giorno dopo passi in negozio e trovi il tuo ritratto in versione burattino”, “Con i fili e tutto?”, “Quella è la marionetta, il burattino ha il vestito a manicotto che ci infili dentro la mano e lo muovi da dentro”, “Giusto, li confondo sempre”, ecco, una conversazione così mi spossa ma potrei anche reggerla, ce la posso fare, massimo una al mese però, non più di una, ma tu, Margherita, invece di queste cazzate, dopo vent’anni che non ti vedo, non puoi sbucare dal nulla e venirmi a dire che ti sei buttata di sotto e prima di sfracellarti non ti è passato davanti agli occhi tutto il film della tua vita, no, mentre cadevi ti è tornato in mente un istante soltanto, e in quell’istante c’ero io. Il futuro è finito? Storia di un’idea che ha cambiato il mondo L’ARCO SOTTO IL BRACCIOLO Perché sono andata a prendere il caffè con Margherita? Perché, perché? Io lo so, perché. Perché ho commesso un errore. Ho ingrandito la foto del suo profilo. Margherita mi ha mandato il messaggio e io mi sono detta “E questa da dove sbuca?”, mi sono lasciata prendere dalla curiosità, per forza, vent’anni che non la vedevo, ho ingrandito la foto del profilo e ho guardato il suo sorrisone, luminoso, luminosissimo, il sorriso di chi è in pace con la vita e con il mondo, mi ha dato subito sui nervi, stavo chiudendo la foto, ma un dettaglio mi ha attirata, ho visto il gomito di Margherita appoggiato sul bracciolo, e sotto il bracciolo spuntava un piccolo arco, è quel dettaglio lì che mi ha fregata. Mi sa che quando Margherita ha scelto quella come foto del profilo nemmeno se n’è accorta che si vedeva, appena una fettina di gomma grigia, la cima arcuata di una ruota, è da quello che ho capito che era una sedia a rotelle. Margherita era seduta su una sedia a rotelle, come fai a dire di no a una che non vedi da vent’anni che sta in sedia a rotelle, come fai a non prendere un caffè con lei? Effetto Calandrone: intervista inaspettata a una scrittrice gentile e sorprendente LE VOCI DEI BUONI E DEI CATTIVI Io vado avanti per la mia strada, non sto mai a rimuginare. Non è che sto lì ad angustiarmi perché mia figlia se n’è andata per la sua strada. Ha fatto bene, è così che si fa, potendo. Io da giovane non l’ho potuto fare, eravamo rimaste sole, mia madre e io, lei mi ha insegnato il mestiere, mi ha insegnato a costruire burattini e a farli vivere nei teatrini, a far divertire i bambini, tutto un mondo di ini, mi ha intrappolata nei suoi mondi piccolini. Da piccola mi ha messo davanti a un teatrino, mi ha incantata con i suoi spettacolini, poi crescendo mi ci ha messo dentro, nel teatrino, mi ha insegnato a muovere i burattini e a fare le voci, quelle dolci e limpide dei buoni, quelle scure e torbide dei cattivi, quelle nasali e roche degli stronzi, fosse vero che li distingui così. Quando i burattini li muoveva lei faceva la voce di mio padre, che se ne è andato via e ci ha lasciate sole. Lasciare mia madre lo capisco, ma me no, non glielo perdono. D’altronde anni dopo è arrivato il mio turno, anch’io ho fatto scappare Rudy, il padre di mia figlia, ci ha lasciate sole anche lui. Mio padre aveva una voce dolce e pura, nel teatrino mia madre muoveva il burattino uguale identico a lui e gli cambiava voce, gliela faceva nasale e roca. Mio padre era una brava persona, lei gli metteva in mano un bastone, al suo burattino, e gli faceva bastonare tutti gli altri burattini. Lo avrebbe voluto così, lo rimproverava sempre, “Sei troppo buono, devi farti rispettare!”, lui tornava a casa la sera e le raccontava quanto era dura resistere nei cantieri, umiliato da tutti, lei invece di consolarlo dava sempre la colpa a lui, lo rimproverava di continuo, avrebbe voluto un uomo più stronzo, “Sei troppo mansueto!”, gli diceva. Se eravamo ridotti così, a trascinare la carretta sempre con l’acqua alla gola, per mia madre era perché lui non era intraprendente, non sapeva farsi rispettare. Io ho imparato a muovere i burattini e a fare le voci, le voci grosse e le vocine, dentro allo scatolotto del teatrino, lo piazzo davanti alla bottega, per acchiappare clienti con i miei spettacolini, mi tocca pure pagare la tassa al Comune per occupazione di spazio pubblico, dovrebbe essere il Comune a pagarmi, intrattenimento gratuito della popolazione, io tiro su il morale ai passanti, faccio assistenza sociale per gli sfaccendati e i disperati, con i miei spettacolini. Lorenza Indovina: «Per me mio padre era morto nell’incidente di Montagna Longa. Ma altri parenti cercavano una ragione più alta» BASTONATA GENERALE Li faccio per grandi e piccini, ai piccini racconto le solite favole, solo che i personaggi prima o poi si bastonano, si bastonano sempre, e questo ai bambini piace, piace più di tutto. Pinocchio bastona la fatina dai capelli turchini, dice le bugie apposta, “Hai detto una bugia!” dice la fatina, “Sì sì”, dice Pinocchio, e facendo sì sì con la testa la bastona con il naso appena cresciuto, “Ne hai detta un’altra!”, “No no”, e scuotendo la testa la bastona a destra e a manca con il naso più lungo di prima, le sorellastre di Cenerentola le strappano la scopa e la bastonano con quella, dopo un mese di matrimonio Cenerentola si toglie la scarpetta e bastona il Principe Azzurro con il tacco, Biancaneve bastona la strega Melesecche, la strega Melesecche bastona i sette nani, bastona Eolo, bastona Pisolo, bastona Dotto, bastona Mammolo, Brontolo no, Brontolo lo rispetta, bastona Gongolo, anche Cucciolo bastona, i nani scappano nelle altre favole, bastonano Cappuccetto Rosso, bastonano il lupo cattivo, bastonano Hansel e Gretel, bastonano il Piccolo Principe e Peter Pan, tutti si incazzano, non se la mettono mica via, finisce in una bastonata generale. A questo mondo tutti bastonano tutti, ma te lo fanno alle spalle, te le danno sul groppone appena gli volti la schiena. Nel mio teatrino no, si guardano in faccia bastonandosi, se le danno sul muso, il mio teatrino è più leale, è utopico. Elsa Morante, la fantasia di essere un ragazzo UN’ANIMA SOLA Faccio anche teatrino per gli adulti, più o meno uguale a quello per bambini, faccio le voci dei buoni e dei cattivi, faccio i buoni con le voci da cattivi, faccio i cattivi con le voci da buoni, il mio è teatro naturalistico, non si capisce un cazzo di chi è buono e chi è cattivo, è teatro realistico, tutti cambiano le voci in continuazione e si bastonano, Putin bastona Trump, Trump bastona Zelensky, Zelensky bastona Ursula von der Leyen, Ursula von der Leyen bastona Macron, Macron bastona Giorgia Meloni, Giorgia Meloni bastona Elly Schlein, Elly Schlein bastona Matteo Salvini, Matteo Salvini bastona alla cazzo chiunque ma non becca più nessuno, la gente ride ma anch’io con queste pantomime mi sento come Salvini, una che ormai bastona a vuoto, una che si consola così, perché non può sfogare la sua rabbia contro il mondo e le restano solo i burattini, tutto quello che so fare è bastonare i burattini e far ridere i passanti, ma bisognerebbe prendere le risate e farne qualcosa, se per un attimo siete stati capaci di ridere insieme, allora dovreste restare uniti per fare insieme anche altre cose più serie, non solo ridere, e invece finito il mio spettacolino vi sparpagliate e chi s’è visto s’è visto, non vi scambiate i numeri di telefono, non vi scambiate le mail, tuttalpiù mi comprate un burattino. D’altronde i miei spettacolini servono a questo, mica a fare vedere alla gente che possono diventare un’anima sola anche se fino a cinque minuti prima erano perfetti sconosciuti che passavano per caso per di là. Ma poi chissenefrega, a me basta vendere i miei burattini, ho l’affitto del negozio da pagare, le tasse da pagare, quattro rumeni da pagare, li pago poco ma li pago, ho già tanti pensieri per la testa, adesso anche Margherita che si butta dal terzo piano e un attimo prima di spezzarsi la spina dorsale vede me, l’unica cosa che vede cadendo sono io. Gli occhi di Diane Keaton: schermo dopo schermo, proiezione dopo proiezione MENTRE CADEVO Adesso mi tocca pensare a Margherita seduta sulla sedia a rotelle che mi parla al tavolino del bar, con il suo sorriso luminoso, in pace con il mondo, irritante come nessun’altra cosa al mondo, io di fronte a lei che la ascolto, seduta al tavolino di merda del bar di merda mentre bevo un caffè di merda, mi racconta cose che avevo dimenticato, che non volevo ricordare, mi dice “E insomma, tre mesi fa, mentre cadevo dal terzo piano mi sei tornata in mente tu, precipitando è te che ho rivisto, quando siamo rimaste sole, quella sera, tanti anni fa, ti ricordi?, che avevamo fatto una passeggiata, Rudy ti aveva appena lasciata, tua figlia dormiva nella carrozzina e noi ci eravamo raccontate le cose, e tu a un certo punto hai detto ho voglia di un gelato, e io ho detto volentieri, e ci siamo messe in coda davanti alla gelateria, e tu mi hai guardato negli occhi con uno sguardo dolcissimo e mi hai detto ma è proprio un gelato che vogliamo?, e a me è venuto da darti un bacio, un desiderio irresistibile, proprio un bacio in bocca, ma non ho avuto il coraggio. E mi è sembrato che anche tu avessi voglia di darmi un bacio, ma anche tu non hai avuto il coraggio. Mentre cadevo dal terzo piano ho rivisto quel momento, solo quel momento lì. Dimmi la verità, è stato così anche per te? Anche tu non hai avuto il coraggio? Se quella sera ci fossimo date un bacio sarebbe andata in un altro modo, secondo me, sarebbe tutto diverso, adesso”. Sono tornata in negozio e ho fatto una piazzata a Adela perché aveva spostato un burattino in vetrina, sono andata nel retrobottega e ho detto ai rumeni “Fatemi un burattino di questa qui”, “Sono un po’ scarse le foto, signora”, “Sono come sono, gliele ho fatte al bar”, “Non è professionale, signora”, “Ah, lo decidete voi? Da quando in qua?”, “Faremo del nostro meglio”, “E fatemi tre foto”, “A lei, signora?”, “A me, adesso. Una davanti e due di profilo, da una parte e dall’altra, e mettetevi al lavoro”, “Li vuole tutti e due per domani?”, “Li voglio più somiglianti che si può”, “Va bene, signora”, “Perché mi guadate così? Ho due mani, voglio due burattini, cosa c’è di strano?” “Niente, signora”, “E fategli un bastone bello grosso, che bastoni fortissimo”, “A tutti e due?”, “No, solo a lei. Il mio senza”. Il mio migliore amico: appunti per un discorso funebre L’anti Zalone a Natale Tiziano Scarpa nel 2009 ha vinto il premio Strega con il romanzo Stabat mater, Einaudi. Ora Damiano Michieletto, anche lui veneziano come Scarpa, tra i più visionari e rivoluzionari registi di opera lirica, in Italia e nel mondo ne ha tratto il suo primo film, Primavera, sceneggiato da Ludovica Rampoldi, musica di Fabio Massimo Capogrosso. Prodotto da Warner e Indigo esce il giorno di Natale come il film di Checco Zalone Buen camino. Primi del Settecento. L'Ospedale della Pietà è il più grande orfanotrofio di Venezia, ma è anche un'istituzione che avvia le orfane più brillanti allo studio della musica. La sua orchestra è una delle più apprezzate al mondo. Cecilia, (interpretata da Tecla Insolia, quella magnifica nell’Arte della gioia di Valeria Golino, gran regista del romanzo di Goliarda Sapienza) ha vent'anni, vive da sempre alla Pietà ed è una straordinaria violinista. L'arte ha dischiuso la sua mente ma non le porte dell'orfanotrofio; può esibirsi solo li dentro, dietro una grata, per ricchi mecenati. Questo fino a che un vento di primavera scuote improvvisamente la sua vita. Tutto cambia con l’arrivo del nuovo insegnante di violino. Il suo nome è Antonio Vivaldi, interpretato da Michele Riondino. [Missing Caption][Missing Credit]