Esisteva uno strano paese in cui ogni anno cadeva il governo. E infatti ne era appena caduto uno. L’usciere degli uffici presidenziali andava a origliare alla porta e poi si affacciava alla finestra dove c’era un giornalista che appuntava tutto su un bloc notes.

«Il presidente ha sciolto le camere», disse l’usciere.

Il giornalista sbuffò. «Bella forza, questo lo sappiamo tutti. Io voglio uno scoop!».

«Hanno detto che non c’erano le premesse per andare avanti».

«Sì, funziona così da anni. Per quanto forti le alleanze, per quanto stringenti le negoziazioni, per quanto blindati i patti, alla fine arriva un bel giorno in cui l’esecutivo viene sfiduciato e il presidente della Repubblica obtorto collo scioglie le camere».

«Vabbè, siamo in democrazia, esiste la dialettica parlamentare, è ammessa la possibilità che il governo in carica non porti a termine la legislatura».

Il giornalista sghignazzò. «Ma in questo paese ormai l’eccezione è diventata la regola. Si fanno più campagne elettorali che governi!».

«Tutto sommano non mi stupisce».

«In che senso?».

«Che la campagna elettorale è il momento più bello della vita politica di un paese».

«Che intendi?».

L’usciere sembrò pensarci seriamente solo in quel momento. «Be’, sono giorni di sospensione dalla realtà delle cose, in cui i politici possono promettere tutto e il contrario di tutto, mettendosi al riparo da un qualsiasi riscontro immediato. Che so, anche piantare un milione di nuovi alberi all’anno!».

Il balsamo della politica

«La campagna elettorale è il momento più bello della vita politica se il paese è infantile», concesse il giornalista. «Nel mare magnum di proposte fantasiose e ipotesi mirabolanti non ci sono né vinti né vincitori, sono tutti felici sotto al sole artificiale di un qualche salotto televisivo. Anche i partitini possono illudersi di non essere così piccoli e marginali, almeno fino a quando le urne non li smentiranno. Il politico di destra può essere pienamente di destra, quello di centro pienamente di centro, quello di sinistra pienamente di sinistra, dal momento in cui tutto si svolge nella virtualità del prevoto. La radicalità che non può avere conseguenze sulla realtà: esiste qualcosa di più adrenalinico da ostentare su un palco? Tutti rivendicano per sé stessi una purezza che diventa vera perché non è passibile di ulteriori verifiche, non è ancora inchiodata alla prova dai fatti».

Anche l’usciere cacciò una risatina. «Si potrebbe dire che la campagna elettorale è il balsamo della politica. Toglie le rughe anche dalle facce più impresentabili».

«Questa è buona, te la rubo!», esclamò il giornalista, appuntandosi l’affermazione sul bloc notes. «L’essere umano è credulone per natura, e non c’è niente che possa dimostrarlo meglio di una campagna elettorale!».

Piace a tutti

«Ma la campagna elettorale piace a tutti, per voi giornalisti è una pacchia, altrimenti come li riempireste i giornali? Delle televisioni e dei talk show non parlo neanche: ci vanno a nozze. Il punto è che ne vanno matti anche i cittadini, che possono accantonare ogni ritegno e diventare dei tifosi scalmanati».

«Certo, la campagna elettorale ha molti punti in comune con lo stadio, a partire dall’elemento imprescindibile della gara».

«Quindi sei d’accordo con me!»

«In un certo senso. Finita la campagna elettorale c’è la doccia fredda della realtà. I numeri impietosi obbligano i partiti a rivedere le coalizioni, a stabilire alleanze forzose. I partitini tornano a essere partitini. Finito il sabato del villaggio ci si deve rimboccare le maniche e trovare una soluzione per governare».

L’usciere fece un gravoso segno di sì con la testa.

«Oh, ma questo scoop?», lo incalzò il giornalista. «Tu stai a cazzeggiare con me mentre quelli stanno prendendo decisioni importanti».

Solo campagna elettorale

L’usciere fece cenno con le mani di attendere e tornò con l’orecchio alla porta dell’ufficio presidenziale. Era in corso un incontro ufficioso tra il presidente e le maggiori forze politiche. Non si capiva proprio tutto, ma l’essenziale trapelò.

«Allora, questo scoop?», fece il giornalista, non appena rivide la testa dell’usciere alla finestra. «Come mai sei bianco come un cencio?».

«Avevamo ragione noi», disse.

«Che intendi?».

«Hanno deciso che governare è noioso, non è più una priorità di questo paese».

«Cioè?».

«La legislatura e il voto si cambieranno di posto».

Il giornalista fece una smorfia. «Che vuoi dire? Non capisco».

«Si governerà un fine settimana l’anno, tutto il resto del tempo faranno campagna elettorale».

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