«Non posso dire altro, o mi uccideranno», sussurra una voce autorevole della moda dall’altra parte del telefono. Oltre al Fantasanremo e alla gara sul palco, l’altra competizione dietro le quinte del Festival è tra stylist. A decidere quali brand indosseranno gli artisti sono loro, e dichiararli in anticipo è come rivelare il segreto del Sacro Graal.

Mentre sotto casa passano i trattori dei contadini in protesta e i clacson non permettono altre attività se non quella di riflettere sugli errori della mia vita, sento dire dalla voce autorevole che «un grosso artista ha detto no a un brand del lusso che vestiva anche altri due». E poi: «Una cantante ha fatto prove abiti infinite con uno stilista e dopo ne ha scelto un altro che le offriva un cachet».

Infine che Angelina Mango sarà in Etro, Dargen D’Amico indosserà Moschino, Sangiovanni Gcds, Annalisa e i Santi Francesi Dolce e Gabbana, i Negramaro in Paul and Shark, Mr. Rain Fendi, Gazzelle Msgm, Fiorella Mannoia in Luisa Spagnoli, e che Geolier avrebbe dovuto indossare Dsquared ma ha cambiato stylist all’ultimo, e quindi anche stilista. Conosco lo stylist. «Non chiamarlo», mi consiglia la voce mentre mi sfiora l’idea di salire su uno dei trattori e cambiare vita.

Cena in galleria

«Hai un contatto in Korea? Devo recapitare lì un’opera entro tre giorni», chiede al telefono Victoria, consulente di Frieze, mentre fuma nel dehor della galleria d’arte di via Adige dello stilista Massimo Giorgetti, aperta stasera per un’ottantina di amici.

Il creativo è un collezionista, e anche alla festa di Natale aveva invitato gli autori delle opere che ha a casa e nel suo quartier generale, ma quello che ricordo sono i gin tonic e che nessuno di loro era astemio. Stasera sulle pareti ci sono quadri di Iva Lulashi e Roberto De Pinto, intorno a noi gente della moda, del design e dell’arte, e il fatto che la cena sia placé non mi rasserena.

I posti assegnati sono una lotteria, sei nelle mani del pierre e lì scopri se ti ama o ti odia. Stavolta sono stata graziata, e sebbene i miei commensali avessero nomi come Clementina, Delfino e Orsetta, la cena a base di piatti vegetariani è volata. Merito anche del mio vicino Jacopo, psicologo, a cui tutti, in forme diverse abbiamo chiesto una consulenza.

Il film di Milani

Pescasseroli è in fermento. Il regista Riccardo Milani ha ambientato lì, nel paese abruzzese, il suo prossimo film Un mondo a parte e come attori, oltre ad Antonio Albanese e Virginia Raffaele, ha voluto personaggi locali. Era argomento di conversazione l’altra sera a cena a casa di Paride Vitale, che ogni estate ci ospita lì, a casa sua.

Ormai siamo così tanti che per sistemarci ha acquistato il vecchio albergo Valle del lupo, di nome e di fatto, e lo sta ristrutturando. Il responsabile casting Antonio Piarulli spiegava la difficoltà di scegliere chi portare sul set. «Ma come, non avete preso Sandrina la fruttivendola?», chiedeva Filippo, milanese doc tra i clienti abituali.

Attovagliati c’erano anche l’autore Lorenzo Campagnari, Geppy Cucciari, Dino Vannini di Sky Arte, Annalisa Inzana e Miriam Masciarelli che dopo cena si sono diretti al Plastic, tranne me. «Sei brava a resistere», mi ha salutato Paride.

L’isola che non c’è

Per lo spettacolo teatrale dell’assessore Pierfrancesco Maran l’altra sera ho rinunciato al concerto di Coez e Frah Quintale al Forum, e mentre m’incamminavo in via Settala mi chiedevo se stessi facendo la scelta giusta. Poi Maran è salito sul palco, e ispirandosi al suo libro Le città visibili ha spiegato che cosa potremmo fare per viverci meglio.

«I sondaggisti consigliano ai politici di non usare la parola cambiamento», diceva. «Ma non si può». Nella sala nella barricadera Porta Venezia si rideva e applaudiva. La mia vicina era Alessandra Kustermann, ginecologa e fondatrice del primo centro antiviolenza d’Italia.

Durante l’intervallo mi ha detto che darà vita a una cascina per donne in difficoltà. Alla fine il musicista Lelio Morra si è esibito con la chitarra ne l’Isola che non c’è. E anche Coez mi avrebbe dato ragione.

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