Qualche sera fa, mangiando davanti a un telegiornale, non mi ricordo più quale, ecco che si rinnovava questo dramma che ha ferito le nostre coscienze ma anche le nostre ultime giornate. Mi ritrovavo davanti alla tele con il mio amico Dino e lui con lieve anticipo, ma devo dire anch’io e tutti gli altri commensali, ci mettevamo a dire: «No! Perché? Non potete fare così!».

E di colpo eravamo tutti disperati e il cibo che stavamo masticando iniziava a andar giù sempre più a fatica, come se fossimo di colpo rimasti senza saliva per l’emozione. Come avrete tutti capito la notizia era che Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno proprio deciso di separarsi.

Quella Italia laica, ma anche progressista, ma anche moderata, femminista ma anche non antimaschilista, che voleva fare un nuovo centro che mettesse fine alla ormai trentennale scentratura della nostra nazione che qualcuno, con cattiveria, aveva voluto polarizzare in modo che rimanesse scentrata, ecco che quell’Italia laica ma anche progressista ma anche moderata si avviava a perdere il suo futuro.

La prospettiva delle riforme di colpo, in un attimo, svaniva. Come se il futuro, per forza, dovesse essere o solo progressista o solo moderato. Perché? Perché un partito con un potenziale bacino di elettori di almeno il quaranta per cento, vuole tornare a ridursi a due partiti (o movimenti) del due o tre per cento? Io non è che abbia seguito proprio tutto perfettamente, ma per esempio ho ascoltato Calenda dire che non sapeva più, quando parlava con Renzi, se stava parlando con un amico o con il direttore di un quotidiano. È vero, questo può essere un problema. Ma mi sembra che uno possa metterci una pezza.

Amico o direttore?

Per esempio, Calenda telefona a Renzi e gli dice: «Ciao Renzi, ho bisogno di parlarti» «Ok. Dimmi» «Ma tu adesso sei un amico o sei un direttore di un quotidiano?». Renzi risponde: «Adesso sono un direttore di quotidiano» «Ah, va bene. Quand’è che non sei più un direttore di quotidiano e sei mio amico?» «Dopo le sei» «Ah, va bene. Ti telefono dopo le sei. Ok?» «Ok caro».

Ecco un modo ragionevole di risolvere la questione amicizia-direzione di quotidiani nella stessa persona. A meno che Calenda non avesse paura che Renzi, da bravo toscano, non gli facesse gli scherzi. Per esempio Calenda telefona a Renzi alle nove di mattina, gli chiede quel giorno lì quando Renzi smette di essere il direttore di un quotidiano, Renzi dice a Calenda che smette di essere un direttore di un quotidiano esattamente alle diciassette e quindici.

Calenda telefona a Renzi alle diciassette e venticinque e parla a Renzi per quarantadue minuti, poi, visto che sente dei rumori strani, gli chiede «ma dove sei?» «Sono al giornale» «Ma non dovevi smettere alle diciassette e quindici?» «Sì. Ma mi hanno chiesto di fare un’ora di straordinari» «Ma allora io con chi ho parlato? Con l’amico o con il direttore di quotidiano?» dice Calenda. «Mi dispiace, ma hai parlato col direttore di quotidiano» gli risponde Renzi. «Ah, ma non si fa così!» dice Calenda e ci resta male perché lui aveva proprio parlato all’amico, se avesse parlato a un direttore di quotidiano avrebbe detto delle cose diverse.

Però da quel che ho capito, Renzi dovrebbe essersi messo a dirigere il Riformista. Bene. Ma sia Renzi che Calenda si sono sempre dichiarati e sono dei riformisti. Andavano d’accordo su un sacco di cose, volevano fare tutti e due i termovalorizzatori. Se Renzi si fosse messo a dirigere l’Antiinceneritore, o il Rivoluzionario o il Neofascista capirei, ma si è messo soltanto a dirigere il Riformista.

Certo, scassa un po’ i maroni quando parli con uno non sapere mai se parli con un direttore di quotidiano o con un amico. Per esempio Calenda aveva detto a Renzi, come amico, che voleva andare a comprare delle scarpette per andare a correre tre volte alla settimana, che scarpette gli consigliava? Allora, sapere che a chiesto che scarpette comprare a un direttore di quotidiano, un po’ ti scoccia. Lo dico, scoccerebbe anche a me.

Però mandare a rane per così poco un Terzo Polo che avrebbe potuto rendere l’Italia una Repubblica tripolare invece che bipolare ci ricaccia tutti nella tristezza. Ecco che in pochi giorni un ipotetico e potenziale bacino di elettori del quaranta per cento di italiani che pensava di aver trovato un’ipotetica casa si trova di nuovo per strada. Ripensateci per favore.

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