«I consumi calano, i giovani non bevono più il nettare di Bacco, il salutismo demonizza l'alcol, i soldi in tasca sono sempre meno e la minaccia dei dazi funge da spada di Damocle sui nostri capoccioni. Tutto vero, il futuro non si prospetta roseo. Voglio affrontare però un altro argomento, tutto italiano e non meno spinoso: quello dei ricarichi del settore Horeca e quello dei tempi di pagamento». Così una nota professionista del settore scriveva su Facebook appena qualche giorno fa, persona che si occupa di vendite da molti anni.

Un post che un po’ provocatoriamente tentava di rovesciare il modo con cui guardiamo alla crisi dei consumi, analizzando alcune delle pratiche meno virtuose della ristorazione. «Calici che costano come il prezzo della bottiglia da cui vengono versati, bottiglie al tavolo quadruplicate rispetto al prezzo di acquisto. Fatture pagate in tempi biblici per attitudine o per connivenza delle aziende e degli agenti di vendita, dove la rimessa diretta a 60 giorni data fattura o 60 giorni fine mese diventano 120, 240 giorni, mesi, anni.

Non si può fare da banche ad attività che riscuotono liquidità ogni qual volta in cui il cliente esce dal locale. Se andassi in un ristorante ed uscissi tranquilla dicendo "tra sei mesi passo a saldare il conto" mi rincorrerebbero e nella migliore delle ipotesi chiamerebbero le autorità. Siamo sicuri che sia questa la strada giusta da percorrere?»

Il contesto 

Una riflessione che coinvolge la ristorazione e quindi uno dei canali di vendita in assoluto più importanti, quello che offre al vino un contesto ideale per essere raccontato. Il luogo dove forse non si costruisce il grosso di un bilancio ma da cui passa un pezzo importante della reputazione di ogni etichetta.

Tuttavia i tempi di pagamento a volte eccessivamente lunghi, i ricarichi spesso sproporzionati, la frammentazione dell’offerta e l’imprevedibilità degli ordini rendono questo canale difficile da gestire per molti produttori, soprattutto quelli più piccoli. È in quest’ottica che la ristorazione andrebbe gestita con una logica più simile a quella del marketing che a quella della pura distribuzione: selezionando i partner e investendo in relazioni stabili in un contesto in linea con il proprio posizionamento.

Un interessante articolo pubblicato questo mese su SevenFifty Daily affronta proprio questo tema dal punto di vista dei sommelier: se il vino è tradizionalmente considerato come uno dei pochi segmenti su cui i ristoranti possono generare profitti in modo affidabile, va considerato quanto sia diminuito nel tempo il potere d’acquisto dei clienti.

È in questo senso che la soluzione, per molti locali, può essere rappresentata da un’offerta ridotta, da una carta dei vini che si limiti cioè all’essenziale. Titolo del pezzo: Come stilare una carta dei vini con 100 bottiglie o meno.

«Per gli esperti di vino c'è sempre qualcosa di invitante nello sfogliare una carta dei vini molto lunga» scrive l’autrice, Kathleen Willcox. «Curare una lista con migliaia di scelte può essere un'opportunità di esplorazione, di scoperta e, sì, di sfoggio di sé. Sia la sua scrittura che la sua lettura possono rappresentare un'esperienza intellettuale ed emotiva gratificante. Ma per gli ospiti carte dei vini molto lunghe spesso risultano opprimenti e intimidatorie, forse persino un po' fuori moda. Abbiamo tutti sentito parlare del paradosso della scelta, in cui avere troppe opzioni può essere paralizzante».

Non una rinuncia, ma un approccio ragionato che mette al centro la coerenza, la rotazione, la gestione del magazzino e la sostenibilità economica.

Secondo i sommelier intervistati nell’articolo un numero limitato di etichette permette una maggiore cura nella selezione, migliori margini grazie a un sell-through più rapido, meno immobilizzazioni di capitale e una formazione più semplice per il personale di sala. «Scrivere una piccola lista è più impegnativo che crearne una da 3.500 etichette, perché bisogna assicurarsi che ci sia qualcosa per tutti coloro che entrano nel locale. Bisogna essere molto disciplinati e considerare sempre come ogni opzione si abbinerà ai piatti in carta. Ma questo può semplificare il processo di scelta del vino e, in definitiva, migliorarlo sia per gli ospiti che per il personale».


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