Barrette, gelati, pane, succhi di frutta e acque aromatizzate, ormai tutto può diventare high protein. I cibi addizionati di proteine sono il nuovo mantra della salute, tanto che il boom dei prodotti arricchiti ha invaso scaffali e abitudini, cavalcando la promessa di benessere, forma fisica e muscoli scolpiti.

Ma siamo sicuri che tutte queste proteine ci servano davvero? Quanto c’è di scientifico in questa tendenza? E quanto, invece, è solo una strategia di marketing?

Sappiamo cosa sono le proteine?

Le proteine (dal greco “principale”), sono il fondamentale substrato della materia vivente. Oltre alla funzione strutturale, attivano le più importanti reazioni biochimiche del nostro organismo, svolgono funzioni di trasporto, di comunicazione cellulare, funzione protettiva e di movimento. Ma le proteine sono anche la voce dei geni vale a dire gli elementi attraverso cui si esprime il nostro Dna per trasmettere i caratteri ereditari.

Le proteine introdotte con l’alimentazione vengono scisse dagli enzimi digestivi nei loro costituenti più semplici, gli aminoacidi. È proprio da questi mattoncini che l’organismo attinge per costruire le “proprie” proteine. Saranno dunque il numero e la tipologia degli amminoacidi che la compongono a definire le caratteristiche e le funzioni specifiche di ogni proteina.

Perché poche, perché di qualità

Otto dei venti aminoacidi sono definiti essenziali poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli e devono essere assunti con l’alimentazione. Il valore biologico di una proteina dipende dunque dalla sua completezza in aminoacidi essenziali. Questo è il motivo per cui le proteine introdotte devono essere di qualità.

Ma attenzione anche alla quantità: le proteine non devono superare il 10-15 per cento delle calorie giornaliere. L’Efsa raccomanda un quantitativo giornaliero di circa 0,83 gr/Kg per gli adulti (circa 50 grammi al giorno per una persona di 60 chili). Un obiettivo facilmente raggiungibile attraverso una dieta bilanciata come quella mediterranea. In questo contesto, è bene sottolineare che una volta soddisfatte le necessità dell’organismo, gli aminoacidi in eccesso vengono trasformati in grassi o zuccheri.

Ciò determina non solo un aumento ponderale ma anche la produzione di scorie azotate (come ammoniaca, acido urico e corpi chetonici), che sono sostanze tossiche che il fegato deve degradare in urea e che i reni devono eliminare. Un consumo eccessivo di proteine, quindi, non è solo inutile, ma può diventare un peso per l’organismo.

Le fonti bibliografiche concordano inoltre col suggerire che un eccesso di aminoacidi contribuisce all’accumulo di grasso nei muscoli scheletrici, fenomeno che è stato associato all’aumento del rischio di insulino-resistenza e sviluppo di diabete. Inoltre una ricerca pubblicata su Nature Metabolism ha mostrato che un consumo di proteine superiore al 22 per cento delle calorie giornaliere può iperattivare alcune cellule immunitarie coinvolte nella formazione delle placche aterosclerotiche, aumentando così il rischio di aterosclerosi. Non da ultimo, sempre più studi collegano il consumo regolare di alimenti ultra-processati, tra cui molti prodotti ad alto contenuto proteico, a una maggiore incidenza di infiammazione cronica, alterazioni del sistema immunitario, obesità e invecchiamento precoce.

Proteine protagoniste

La moda del proteico è diventata sempre più evidente negli ultimi decenni, prima nei paesi occidentali e poi nel resto del mondo. Si tratta di un fenomeno complesso, nato dall’intreccio tra evidenze scientifiche, cambiamenti culturali e strategie di marketing. A partire dagli anni Settanta, con la diffusione di diete come la Atkins, la Paleo e la cheto, si è consolidata l’idea che ridurre i carboidrati e aumentare l’apporto proteico fosse la chiave per migliorare la salute e mantenersi in forma. In quegli stessi anni, è cresciuta anche la cultura del fitness e del bodybuilding che hanno portato all’attenzione del grande pubblico l’importanza delle proteine per lo sviluppo muscolare.

L’industria alimentare ha intercettato e potenziato questa tendenza trasformando il concetto di high-protein in un vero marchio di garanzia. La parola “proteico” diventa allora sinonimo di alimento sano, performante, adatto a chi vuole prendersi cura di sé. Ecco quindi che i prodotti con etichettatura ad alto contenuto proteico si moltiplicano e il mercato si espande rapidamente.

Secondo i dati dell’Osservatorio Immagino GS1 Italy, solo nel 2023 i prodotti ad alto contenuto proteico hanno registrato un aumento del 5 per cento nelle vendite e una crescita del 20 per cento nel fatturato, che ha raggiunto i 2 miliardi di euro. A livello globale, il settore ha già superato i 4 miliardi di dollari, con previsioni che ipotizzano un valore prossimo ai 10 miliardi entro il 2032.

A guidare questa crescita ci sono diversi fattori. Da un lato, la trasformazione degli stili di vita: in un mondo sempre più sedentario, alimenti proteici come snack, barrette, yogurt o bevande funzionali vengono percepiti come soluzioni pratiche per mantenere il senso di sazietà e preservare la massa muscolare. Dall’altro, c’è l’influenza crescente dei social media, che diffondono modelli corporei atletici e tonici e rafforzano la convinzione che una dieta ricca di proteine sia fondamentale per raggiungerli.

Il problema, per lo più, è che le proteine che vengono incorporate nei prodotti high protein sono spesso estratte da fonti vegetali o animali attraverso processi industriali complessi. Per questo motivo, gran parte degli alimenti proteici confezionati appartiene alla categoria degli ultra-processati: prodotti industriali nati dalla combinazione di diversi ingredienti e additivi, pensati per essere pratici e gustosi. Facciamo l’esempio di un budino proteico. Sulla carta fornisce una quantità di proteine paragonabile a quella di uno yogurt greco. Ma la differenza sta negli ingredienti extra, elementi che ne migliorano il sapore, ma non necessariamente fanno bene alla salute.

Per un grammo di proteina in più

A questo punto viene da chiedersi se vale davvero la pena sovraccaricare l’organismo solo per ottenere qualche grammo in più di proteine. Anche in presenza di un aumentato fabbisogno – come dopo i 50 anni quando il fisico inizia naturalmente a perdere massa e forza muscolare oppure in gravidanza o ancora per gli sportivi ad alta intensità – è sempre preferibile assumere le proteine da alimenti che ne sono naturalmente ricchi, piuttosto che da prodotti industriali con proteine aggiunte.

Un filetto di salmone o una scatoletta di tonno, ad esempio, apportano già un quantitativo proteico significativo. E per chi segue un’alimentazione vegetariana o vegana? Può coprire tranquillamente il fabbisogno proteico senza particolari difficoltà, poiché legumi, cereali integrali, uova, frutta secca e formaggi sono tutte fonti naturali ricche di proteine.

Le proteine di origine vegetale, è vero, vengono assimilate più lentamente, ma possono essere rese più biodisponibili con semplici accorgimenti come l’ammollo, la cottura o l’associazione con alimenti ricchi di vitamina C. In fondo, la natura ha già pensato a tutto: basta saperla ascoltare, piuttosto che correre dietro a polveri e barrette.


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