C’è chi domenica sera ha guardato l’intervista di Chiara Ferragni da Fazio e c’è chi mente, e come ha detto lei prendendo posto in studio con lo stesso entusiasmo che avrebbe avuto se si fosse accomodata sulla sedia elettrica: «Dobbiamo essere sinceri».

Tuttavia, se mai ci fu un momento in cui ha avuto senso ricordare che spesso l’attesa del piacere è essa stessa il piacere, credo che quel momento sia arrivato intorno alle 21:15 di domenica, quando gli spettatori di Che Tempo Che Fa hanno capito in maniera inequivocabile quello che in fondo sapevamo già tutti da settimane, mesi, forse anni: quando si parla di Ferragni la realtà è sempre molto più deludente delle aspettative.

Le aspettative

Le aspettative, va detto, erano già assai basse. Cosa poteva mai succedere? Che il replicante che simula le emozioni umane che noi chiamiamo Chiara Ferragni dicesse qualcosa di interessante per la prima volta in vita sua? Che arrivasse nuda sventolando una bandiera della Palestina? Che ammettesse che «i coglioni vanno inculati», in un omaggio a Wanna Marchi?

Ne abbiamo parlato molto, forse troppo, in una chat di amiche che nei giorni scorsi si è trasformata nella tavola rotonda dell’Algonquin a tema Ferragnez, e tra dietrologie, ipotesi e pronostici – tutti sviscerati con una tale serietà che se avessimo applicato la stessa dedizione a un qualsiasi campo di studio legittimo a quest’ora avremmo un premio Nobel a testa – eravamo allineate tutte sul medesimo auspicio: se tanto non ha intenzione di affrontare la situazione incresciosa del pandoro, che ci spiattellasse almeno i dettagli della sua crisi coniugale.

Pensati libera

ANSA

La felicità non è interessante, chiedetelo a qualunque scrittore. Personalmente non me n’è mai fregato niente della narrazione dei Ferragnez, dei loro figli, e delle gite di famiglia alle fattorie degli animali. Saltavo a piè pari tutti i “ciao guys” e le storie nella neve e le brutte torte che cucinava lei, ridendo della propria incapacità.

Sono in compenso moderatamente ossessionata dalla bruttezza delle loro case, credo siano gli unici al mondo ad avere un tappeto che sembra gres porcellanato, ma questa mia piccola perversione, che comunque mi ha tolto alcune ore di sonno, non è bastata a salvare Ferragni dalla selezione naturale dell’algoritmo di Instagram, che nel tempo ha smesso di mostrarmi i suoi contenuti rimuovendola così anche dai miei pensieri. Fino a un anno fa.

L’ultima volta che l’avevo trovata interessante, prima del tamponamento a catena di questi ultimi mesi, era stata a Sanremo 2023, quando la prima sera del festival era scesa dalle scale dell’Ariston con un taglio nuovo, un caschetto della ribalta.

Non lo dico io, ma la scienza: nessuna donna si fa un nuovo taglio di capelli radicale se non è pronta a cambiare radicalmente alcuni aspetti importanti della sua vita: compagno, lavoro, yogurt per la colazione. “Pensati libera” recitava invece il suo scialle Dior, che a posteriori era un messaggio molto più significativo di quanto avessimo immaginato. Era già tutto scritto, letteralmente.

Il mestessismo

Si è pensata libera anche a Che Tempo Che Fa, Chiara Ferragni, libera di non dire assolutamente nulla che non potrebbe essere usato per un post motivazionale sopra alla foto di un tramonto. Come potevamo ipotizzare dopo l’intervista del Corriere della Sera, perlopiù ha ripetuto a memoria le quattro frasi che deve aver preparato nei giorni scorsi con una qualche Olivia Pope di Buccinasco, affidandosi al mestessismo che da sempre è la sua cifra.

«Sono autentica» ripete con la faccia contratta in una smorfia di disagio e lo sguardo atterrito che ho visto solo in certe sessioni d’esame all’università. «È bello far vedere le imperfezioni», aggiunge riferendosi penso alle torte malriuscite di cui sopra, e non all’inchiesta per truffa aggravata che la riguarda e che sta cercando di dissimulare con tutte le sue forze.

Dev’essere davvero disperata per andare in televisione, mezzo del Novecento che sfugge al suo controllo. Tuttavia Fazio è l’uomo giusto per tentare una riabilitazione agli occhi del pubblico, e soprattutto agli occhi delle aziende, che da dicembre la trattano come se potesse attaccare lo scolo ai loro figli. «Sei una persona che mette a suo agio le persone», dice Chiara a Fazio mentre la sua espressione sembra piuttosto suggerire che qualcuno abbia sostituito il cuscino della poltrona con una grossa pigna secca.

Oppenheimer

Fazio premette che lui non è un magistrato né un prete, fa solo il suo mestiere secondo l’articolo 21 della costituzione, e noi sappiamo così che non caverà niente di nuovo da quest’intervista. Eppure lei dice cose talmente generiche che lui in confronto sembra uscito da Tutti gli uomini del presidente. «Cioè per te il virtuale coincide con la realtà?» chiede Fazio lasciando trapelare un accenno di esasperazione. «Sono autentica, io, me stessa, fragilità, fraintendimento», risponde Chiara affidandosi a una rotazione dei suoi cavalli di battaglia.

Poi lui la paragona a Oppenheimer e dal modo in cui annuisce sospetto che lei non abbia visto il film di Nolan. E forse non l’ha visto neanche Fazio, né gli autori che hanno scritto la domanda, perché l’analogia con lo scienziato della bomba atomica è incomprensibile – da una parte un uomo che ha cambiato le sorti dell’umanità, dall’altra una donna che fatica a cambiare le proprie – ma questo non impedisce a Fazio di usarla in più occasioni nel corso di questi 20 minuti tutt’altro che esplosivi, a contorno di affermazioni peraltro false.

Lui le dice che il suo seguito non ha eguali e in questa equazione se Ferragni è Oppenheimer, Kim Kardashian è automaticamente Dio.

 

Proiettati al futuro

Ma la mistificazione ormai è avviata e per riferirsi all’ospitata in corso Fazio dice «la tua venuta», espressione che ha un che di messianico e che forse dà alla testa a Ferragni, la quale infatti comincia a parlare di sé al plurale: abbiamo, pensiamo, siamo autentici. «Abbiamo il cervello proiettato al futuro» dice lei evocando una collettività che non esiste.

Noi chi? Chi sono questi altri di cui parli? Li vedi qui con noi in questa stanza? Dovrebbe chiederle lui. E invece non lo fa, lasciando noi spettatori pieni di dubbi. Io mi arrovello su questo cervello proiettato al futuro, ma il discorso non regge neanche da un punto di vista generazionale: è risaputo che noi millennial pensiamo solo a Trl e alle altre gioie dei bei tempi andati.

«Vediamo»

Questo noi, comunque, di sicuro non comprende il marito Federico Lucia in arte Fedez, che si sta attrezzando in autonomia per una diversa narrazione di sé. Domenica pomeriggio è a Rozzano con i figli, che scorrazzano nella periferia come in un safari nel Serengeti.

Lui torna alle origini, si dichiara nullatenente, ma alle sfilate ci può ancora andare senza dover chiedere scusa a nessuno. All’Algonquin siamo tutte ragionevolmente certe che sarà lui a darci qualche soddisfazione, qualche colpo di scena che seguiremo con interesse morboso: ci avete sfranto per anni con le vostre storie d’amore e di equilibrio famigliare, ora vogliamo la stessa generosità nel concederci gli stracci che volano (di nuovo, la felicità non è interessante).

Ferragni comunque non dice niente a riguardo, e si commuove guardando il collage di copertine di coppia degli anni passati che Fazio le sottopone con fare passivo-aggressivo. Le scende una lacrima, le si rompe la voce (per davvero, non è Meryl Streep), ha i fazzoletti a portata di mano, ma commenta solo «vediamo», facendomi venire voglia di prendere a calci il televisore.

La fine?

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La conversazione si chiude sui vestiti che ha scelto per la sua venuta, e all’Algonquin ci eravamo molto interrogate a riguardo. Poteva ripristinare la tuta grigia del video di scuse per coerenza, o presentarsi con la divisa stagionale della vendetta, la camicia bianca già sfoggiata da Ilary e Belen, in uno slancio filologico.

Se avesse avuto un po’ di senso dell’umorismo avrebbe chiesto a Maria Grazia Chiuri di farle un nuovo scialle con scritto “pensati al gabbio”, ma l’Olivia Pope di Buccinasco deve averle consigliato la sobrietà: si è vestita normale, con un completo nero perfetto per un colloquio di lavoro in società di consulenza. «Classico e semplice come piace a me» dice in chiusura, sperando che nessuno si ricordi delle brutture glitterate che vengono prodotte dal marchio che porta il suo nome.

Ma quindi è finita? Ci chiediamo nella chat dell’Algonquin riferendoci sia all’intervista sia a lei come persona. Riprenderà il suo lavoro come nulla fosse? Verrà condannata? Tornerà col marito? Sparirà nell’oblio? È difficile dirlo, ma spero di scoprirlo prossimamente in un film biografico diretto da Christopher Nolan.

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