Annie Ernaux racconta sempre la stessa storia, Annie Ernaux non racconta mai la stessa storia. La sua scrittura è politica: illumina il passato sociale e storico, lo trasforma in memoria condivisa e indagine in cui può dire «ero io e allo stesso tempo non ero più io».

Se il mondo che narra è il racconto di sé e della sua famiglia, l’angolazione con cui lo inquadra è ogni volta sorprendente. Il linguaggio che usa, ancora di più.

Partendo da sé travalica la sua vita, la getta ad abbracciare quella di ogni donna che tenta faticosamente la strada dell’emancipazione. La memoria si realizza mentre Ernaux scrive, sezionando il passato accoglie il nostro presente.

Nel 2014 Annie Ernaux era in Italia per la pubblicazione nel nostro paese del suo romanzo Il posto, così mi è capitato di andare a una sua presentazione. La prima cosa che ho pensato è che era molto bella. All’epoca aveva 74 anni, capelli biondi e lunghi, niente trucco, fronte alta e zigomi prodigiosi. Ho provato invidia per la sua vita – la più importante scrittrice contemporanea francese, vincitrice di moltissimi premi, i suoi libri letti nelle scuole e utilizzati come tema per la maturità – si era guadagnata ogni millimetro di spazio occupato con strappi violenti, e li rivendicava tutti.

Tra quegli strappi c’è stata anche la deflagrazione del matrimonio per riappropriarsi della sua esistenza, come racconta ne La donna gelata (tradotto egregiamente da Lorenzo Flabbi), il romanzo appena pubblicato in Italia dalla casa editrice L’Orma.

Anche qui Ernaux fonde l’io personale con l’io collettivo, concentrandosi sull’apprendistato alla disparità che una donna si trova forzatamente a subire nella vita e nel matrimonio, dove lo squilibrio di gestione e cura è tutto sbilanciato sulla moglie.

Non mi ha stupito scoprire che, già da alcuni anni, è uno dei libri di Ernaux più venduti (il romanzo in Francia è uscito nel 1981), perché le scosse telluriche provocate dalle voci delle donne sono sempre più forti. Dalla Francia arriva anche Emma, blogger, fumettista e ingegnera informatica che con la sua graphic novel Bastava chiedere – dieci storie di femminismo quotidiano, ha spiegato con un’efficacia illuminante che cos’è il “carico mentale” che fa soffocare poco a poco la protagonista de La donna gelata.

Il condizionamento è inevitabile

Eppure la sua storia parte bene, anzi benissimo. Le donne che Annie respira sin da piccola sono figure potenti, non hanno bisogno di protezione o pietà, hanno modi brutali, la tendenza a imprecare, sono «donne da esterni, abituate a sgobbare come gli uomini», i loro forni sono vuoti, la polvere può adagiarsi indisturbata sotto ai letti. «Donne fragili e vaporose, fate dalle mani dolci, aliti leggiadri della casa che in silenzio fanno nascere l’ordine e la bellezza, donne senza voce, sottomesse: nel paesaggio della mia infanzia non riesco a vederne molte di donne così».

La divisione dei ruoli non ha nulla di tradizionale a casa Ernaux. Ok, la madre lava e stira, ma è appannaggio del padre cucinare, accompagnarla a scuola e cantarle le filastrocche mentre la madre compila i libri contabili della drogheria di famiglia. Annie cresce scevra da retaggi che vogliono le bambine a giocare con le bambole e i maschi a fare gli eroi. «Diventare qualcuno, per i miei, non aveva sesso… Mia madre è la forza e la tempesta, che mi dice di non aver mai paura di niente e di nessuno. Come avrei potuto, vivendo accanto a lei, non essere persuasa della magnificenza della condizione femminile, o persino della superiorità delle donne sugli uomini?».

Eppure, anche crescendo senza alcun confine tratteggiato dalla famiglia, scopri tuo malgrado che quei limiti ti vengono imposti comunque da fuori.

La possibilità della tua libertà finisce accartocciata dal condizionamento sociale, sei l’anomalia nello sguardo degli altri. È un vizio di forma, lo sai ma non basta. Ti ha già travolta.

A scuola viene insegnato a Ernaux che l’intelligenza femminile è un peccato, le maestre consigliano alle allieve di tenere un “quaderno dei sacrifici” su cui annotare la propensione alla rinuncia come si confà a una giovane donna, futura madre. I ragazzi riceveranno esortazioni a tenere il conto delle loro privazioni? No, perché a loro non è richiesto.

Ernaux ricorda di aver pensato: «Comincio davvero a credere che ci sia in me qualcosa fuori posto», ed è in quel preciso momento che decide di adeguarsi all’idea di perfezione che ci si aspetta da lei. Essere amata significa essere scelta, e per farlo Annie impara a piacere: stira, cucina, soprattutto sta zitta.

Lei che era proiettata nel futuro – l’università, certamente il concorso per diventare insegnante – impara a produrre i suoni discreti che deve emettere una donna in procinto di diventare moglie. Così, il rumore della macchina da cucire prende il sopravvento, sostituendo quello della penna che sottolineava un testo.

Si guarda attorno lei, ci guardiamo attorno noi: è pieno di ragazze che conciliano tutto, no? Perché lei, perché noi non dovremmo riuscirci?

Pezzi identitari

Con il suo matrimonio, inizia la perdita dei pezzi identitari. A partire dal più evidente: «Il mio cognome, quello che ho imparato a scrivere da piccola, quello che mi rendeva me stessa ovunque fossi, di colpo è svanito. Quando sento l’altro, ci metto sempre qualche secondo a riconoscermi».

Mentre leggo La donna gelata, e poi mentre scrivo questo articolo, carico la lavastoviglie, faccio la lavatrice, cucino. Come sempre. Come tutti i giorni. A volte con piacere, a volte con rabbia. Come Annie, come molte compagne, fidanzate, mogli, quando è iniziata la convivenza con l’uomo che poi è diventato mio marito, ho ripetuto dal macellaio frasi pronunciate da altre come formule magiche, per dimostrare che sapevo il fatto mio. Non me lo chiedeva mio marito, eppure lo facevo. E ho la metà degli anni di Ernaux.

Come era, come è, e probabilmente come ancora sarà. Internamente, intendo. Perché sradicare migliaia di anni di patriarcato che ci è insufflato per una differenza biologica al momento della nascita, non è semplice.

Nel libro c’è una scena bellissima, in cui Annie scrive che è scivolata senza rendersene conto dal cartellone pubblicitario di una crema solare – ragazza abbronzata al sole – a quello della casalinga operosa che coglie detersivi come se fossero fiori.

Nella sua nuova vita da sposata la pentola a pressione dà il fischio d’inizio a quella che è, a tutti gli effetti, una danza solitaria, perché a fare la veglia allo sbuffo c’è una sola persona: la donna. «In nome di quale superiorità?», si chiede Annie. Stiamo ancora cercando di rispondere a questa domanda.

Capire il peso delle parole che pronunciamo, o che ci pronunciano spesso contro è fondamentale. Se il comportamento è lo stesso, perché gli aggettivi vengono capovolti in base all’identità di genere? Lei è aggressiva, ambiziosa, prepotente, mentre lui è forte, determinato, autorevole.

Arrivano i figli, due, nel matrimonio di Ernaux, e la toponomastica della città improvvisamente per lei cambia. Le strade, racconta, sono diverse per gli uomini e le donne. Per queste ultime esistono solo le strade del passeggino, e poi quelle funzionali alla gestione della vita familiare: la spesa, il pediatra, il dentista. Sono strade che si percorrono di fretta, concentrate nel perdere il minor tempo possibile.

A un certo punto, l’invidia per la vita di chi può non preoccuparsi di parole come “cibo”, “casa”, “manutenzione delle cose” diventa così forte che Annie si scrolla il torpore sfinente di dosso. Dà il concorso e lo passa, però non diventa una «professoressa, ma una moglie-professoressa, sfumature. Sono una privilegiata, con una tata che mi aiuta in casa quattro giorni a settimana? Ma allora quale uomo non lo è, privilegiato, con la sua donna delle pulizie in servizio sette giorni su sette?»

99 per cento

Su 101.000 posti di lavoro persi a dicembre, in Italia, 99.000 erano occupati da donne. Il 99 per cento. La crisi causata dalla pandemia da coronavirus non ha colpito allo stesso modo gli uomini e le donne. Perché i nostri diritti sembrano ancora essere meno diritti. Fino a quando la parità non sarà effettiva, ci troveremo ancora e sempre a essere delle donne gelate.


Annie Ernaux è autrice del libro La donna gelata, appena pubblicato in Italia dalla casa editrice L’Orma

© Riproduzione riservata