Non sono il tipo di donna che ti gireresti a guardare per strada. Ho superato con disinvoltura un’adolescenza di tette piccole, busti ortopedici e denti storti, il peggio sarà passato, pensavo. Poi è arrivato Instagram e mentre mi barcameno con i patemi che da sempre mi sono più congeniali (sarò abbastanza intelligente? Abbastanza simpatica? Sarò stata troppo scortese con la signorina del call center? Mi odierà? Perché non ho detto al cameriere che ho trovato una caccola nel mio cocktail?) mi scopro sempre più ossessionata da culi lisci come la seta, pori invisibili, labbra turgide e parti del corpo di cui in tempi più semplici non conoscevo il nome (se non sapete cos’è l’arco di cupido, vi invidio).

L’ossessione va di pari passo con il sottile ma rapido deperimento del mio corpo, che non è certo una sorpresa: le mie giornate si svolgono tra una sedia, un divano e un materasso e gli unici muscoli regolarmente esercitati sono quelli della mandibola per masticare, quelli dell’avambraccio per manovrare il cavatappi e quelli del pollice destro per scrollare immagini di femmine bellissime. Tutte queste femmine bellissime non sono lì per umiliarci, ma per venderci qualcosa. Prodotti di bellezza, principalmente, che io continuo a comprare con la granitica convinzione di essere a solo due gocce di siero di distanza dagli zigomi di Zoë Kravitz.

Emily Ratajkowski (Foto: Dennis van Tine/ABACAPRESS.COM)

Sono il bidone dell’umido?

Mentre il tempo che passo a spalmarmi cose varie in faccia aumenta drammaticamente giorno dopo giorno, con risultati non pervenuti, cresce in me il sospetto che le femmine bellissime del mondo stiano arrivando a rubare il lavoro a quelle come me. Due femmine bellissime in particolare: Emily Ratajkowski e Chrissy Teigen.

Sto parlando di due modelle americane. La prima è stata progettata da un team di scienziati arrapati per corrispondere all’ideale di bellezza di qualsiasi uomo etero sulla faccia della terra, ma anche per confondere sessualmente le donne, che guardandola restano interdette: voglio essere lei o farmela? Ci chiediamo turbate. Ma anche: se la sua è una pancia, la mia che cos’è? Se lei è una donna, io cosa sono? Sono forse il bidone dell’umido?

Chrissy Teigen (Foto: APN)

Ho pianto per Teigen

La seconda, sempre di una bellezza conturbante, ha sposato John Legend, ci ha fatto due figli, ha appeso le protesi al chiodo (mantenendo comunque due tette giganti) e si è data ai libri di cucina, su cui mi permetto di riservare qualche perplessità da quando l’ho vista preparare una carbonara con una quantità di aglio tritato che sembrava eccessiva anche per una bagna cauda.

Qualche giorno fa entrambe hanno pubblicato articoli a tema maternità che sono stati ritwittati da mezzo mondo. Ratajkowski ha annunciato la sua prima gravidanza con un pezzo su Vogue e un cortometraggio diretto da Lena Dunham (mica con la telefonata alla zia Maria che fanno le comuni mortali), in cui appare come sempre stupenda, nuda o seminuda, con la pancia che di solito noialtre abbiamo dopo il pranzo della domenica. Teigen invece ha scritto del figlio che ha perso al quinto mese di gravidanza.

Dopo alcune settimane di assenza dai social, ha raccontato il suo dolore, già documentato su Instagram con una serie di scatti più che intimi, che erano stati oggetto di molte polemiche, di cui Teigen tuttavia non si cura più di tanto. La sua speranza, dice, è che le donne che hanno passato la stessa esperienza si sentano meno sole. Quando l’ho letto ho pianto un po’, forse perché ero in piena sindrome premestruale, ma anche perché Teigen ha scritto una riflessione autentica, misurata, su qualcosa di indicibile.

Quando avrà 18 anni

Sui contenuti di Ratajkowski invece preferisco non pronunciarmi, perché ho paura che emerga la piccola Margaret Thatcher annidata in un angolo del mio cervello e temo di svelarmi come l’under-trenta meno progressista che ci sia. Vengo battuta solo dal mio fidanzato, che alla notizia che lei e il marito aspetteranno che sia il figlio o la figlia a comunicare il proprio genere quando avrà diciotto anni ha commentato: «Ma allora che si faccia anche da mangiare da solo».

My body

Se il racconto di Chrissy Teigen può sembrare un esercizio terapeutico dell’autrice per superare un trauma, è evidente che nella scrittura di Ratajkowski c’è un progetto diverso, un’ambizione. A settembre, su The Cut, era già uscito un suo pezzo piuttosto ben scritto, ed è previsto per il 2022 il suo primo libro, una raccolta di saggi dal titolo My Body.

Mentre ne parlo sento un piccolo deposito di bile che comincia a scavarmi un buchino nello stomaco, proprio lì, dove un tempo avevo gli addominali. Cosa vuoi di più, Emily? Non ti basta che rosichiamo davanti alle tue foto? Dobbiamo ammirare anche la tua prosa e la tua profondità? Abbiamo già Zadie Smith per questo, grazie. «Non mi sorprende che pensi a sé stessa prima di tutto in quanto scrittrice», ha dichiarato Sara Bershtel, l’editor di Metropolitan Books, che pubblicherà My Body.

A me invece sorprende molto, perché se avessi l’aspetto di Emily Ratajkowski andrei in giro nuda, avrei i muri di casa fatti di specchi e penserei a me stessa prima di tutto in quanto imperatrice dell’universo. Scrivere – questa attività patetica e faticosa, foriera di paranoia e insoddisfazione – sarebbe in fondo alla lista delle mie priorità. Forse non leggerei neanche un libro. Forse non saprei leggere.

(Foto: Evan Agostini/Invision/AP)

Trascendere il fisico

Teigen e Ratajkowski cercano di offrirci livelli di immedesimazione che trascendano l’aspetto fisico, e va apprezzato lo sforzo. La prima, nel tempo, è riuscita a ribaltare la sua immagine, il suo profilo pubblico ormai ha più a che fare con l’essere una simpatica mamma/cuoca che non con l’essere una bona miliardaria. Ratajkowski invece deve mangiarne ancora di pastasciutta prima di cambiare davvero la percezione che si ha di lei (anche letteralmente: niente ci unisce più dei carboidrati).

In parte perché credo che quella di Sara Bershtel sia una bugia e che lei, com’è giusto che sia, si ritenga prima di tutto una modella. Non troverete neanche una foto di Emily Ratajkowski con le borse sotto agli occhi o con i capelli sporchi o con il doppio mento, forse perché gli scienziati che l’hanno creata non hanno previsto questi difetti nel suo sistema, ma anche perché lei stessa è determinata a presentarsi sempre esteticamente impeccabile.

Bauli per beauty-case

Il che non è certo una colpa, visto che è così che si guadagna da vivere. Ma le sue campagne per Bernie Sanders, i libri, le linee di bikini (dei fili interdentali che stanno bene solo a lei) e i figli gender fluid non cambieranno il fatto che il suo modello (e quello di mille altre donne su Instagram e dintorni) resta un inarrivabile miraggio davanti a cui la donna media si frustra.

Non è tutta colpa di Instagram, va detto. Sono secoli che coltiviamo questo talento, questa capacità di inventarci modi sempre più creativi e dispendiosi per combattere gli effetti del tempo e della gravità. Con piastre, rulli di giada e creme sempre più specifiche per ogni singola area del nostro corpo (la cellulite! Le occhiaie! I talloni secchi!), i nostri beauty-case diventano dei bauli adatti a partire militare, mentre i nostri uomini se ne vanno in giro leggeri come l’aria, con lo spazzolino da denti infilato in tasca, mantenendo una pelle di velluto pur asciugandosi tutti i giorni la faccia con la salvietta da bidet.

(Foto: PWPG/MediaPunch /IPX)

La manutenzione

Già in Il collo mi fa impazzire (Feltrinelli, 2007) Nora Ephron scriveva: «Sono settimane che cerco di scrivere della manutenzione, ma non è stato facile, e per un motivo molto semplice: la manutenzione mi porta via tanto di quel tempo, che non me ne resta quasi più per sedermi davanti al computer». Nelle pagine successive passa in rassegna tutte le opere di manutenzione che vengono eseguite con regolarità da una signora della sua età: creme, peli, unghie, capelli.

Nora Ephron però aveva sessantacinque anni a questo punto, mica ventotto, e nel frattempo aveva fatto in tempo a diventare Nora Ephron. Ora invece veniamo risucchiate dalla skincare sempre prima, e questa sì che è colpa di Instagram: ho una cugina di tredici anni esperta di peeling e maschere esfolianti (non espertissima, in realtà. Una volta mi ha strappato uno strato di epidermide con una maschera a base di carcadè e colla di pesce e ho avuto l’aspetto di Freddy Krueger per una settimana).

Ci affanniamo a imparare tutto quello che c’è da sapere sulla beauty routine coreana, i cui step continuano ad aumentare, incapaci di accettare l’idea che l’unico modo per avere la pelle come le donne coreane è nascere in Corea. Intanto le strafighe imparano a cucinare e scrivono libri e conquistano anche il nostro posto nel mondo.

(Foto Joel Ryan/Invision/AP)

Il tempo per essere perfette

La battaglia è persa in partenza: noi il loro non possiamo occuparlo. Ma mi piace pensare che mentre scorriamo le foto dei loro corpi perfetti, nella vana speranza di identificare un buco di cellulite o una mezza smagliatura, loro con occhi sognanti passino in rassegna immagini di tipe qualsiasi, spettinate, normali portatrici di occhiali da vista e pantaloni della tuta con le ginocchia molli.

Dopotutto, se ci metto mezz’ora io a prepararmi per uscire di casa, chissà quanto tempo porta via mantenere la perfezione. Non ne potranno più. «A volte penso che non doversi più occupare dei capelli sia il vantaggio segreto della morte», ha detto Nora Ephron. Amen, aggiungeremmo in coro, aspettando con impazienza l’estrema unzione, che se non sbaglio è lo step definitivo della beauty routine.

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