Rido ancora da solo quando penso al nono capitolo di Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno, Feltrinelli, l’esilarante ma anche angosciante romanzo con cui Benjamin Stevenson, giallista e comico australiano, ha debuttato nel 2022. Il capitolo si intitola Mia moglie ed è composto soltanto da cinque parole: «Non mi va di parlarne».

Il protagonista di quel romanzo, Ernest Cunningham, ritorna in Tutti su questo treno sono sospetti che sin dal titolo strizza l’occhio (e un po’ anche le palle) ad Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie e, in generale, a tutto il delizioso armamentario del giallo classico, quello detto della Golden Age (anni Trenta secolo scorso), di cui Stevenson è appassionato cultore.

Gli autori di quell’epoca felice si credevano tanti Mosè e non facevano che stilare decaloghi, tavole della legge narrativa gialla a cui, chi voleva cimentarsi con il genere, era tenuto ad attenersi per non imbrogliare il lettore. Ad esempio, il Decalogo di Ronald Knox, uno degli statuti più famosi, al quinto comandamento ammoniva: «Non ci deve essere nessun personaggio cinese nella storia».

Una formula geniale

La formula magica di Stevenson è semplice come tutte le cose geniali. Lui riprende le regole del mystery classico per rivoltarle come calzini, un po’ sputtanandole, un po’ dissacrandole, un po’ prendendole in giro, ma alla fine rispettandole e ricreandole.

All’inizio del nuovo romanzo, Ernie Cunnigham, reduce dal successo ottenuto con l’opera prima in cui ha raccontato le vicende della sua famiglia criminale e criminogena e risolto un caso assai intricato, ha firmato un contratto per un nuovo giallo, ma non ha uno straccio di idea e non riesce a scrivere niente di buono.

A complicargli la vita e l’opera ci si mette anche la sua editor. Per mia esperienza personale gli editor dispensano sempre lo stesso, unico consiglio: «Ci vuole un prologo».

La mia esperienza coincide con quella di Ernie come si evince dalla mail seguente.

«Reperto n. 1

ECunninghamWrites221@gmail.com
a:<censurato>@penguinrandomhouse.com.au
Oggetto: Prologo

Cara <censurato>, mi spiace, ma per il prologo che mi hai chiesto la mia risposta è un secco no. Lo so, si mette sempre nei romanzi gialli, per agganciare subito il lettore eccetera, qui però mi sembra fuori luogo. Non perché non sappia come, ovviamente: la scena sarebbe facilissima da scrivere. Sguardo onnisciente che scorre dall’alto sulla cabina devastata, soffermandosi sui segni di colluttazione: le lenzuola per terra, il materasso caduto di lato, l’impronta insanguinata sulla porta del bagno. Con qualche indizio appena accennato: tre parole scarabocchiate sulla pagina di un manoscritto, con il blu dell’inchiostro che spicca accanto al rosso scarlatto colato dall’arma del delitto – quanto basta per stuzzicare la curiosità senza spoilerare».

Identikit

In piena crisi da sindrome della pagina bianca, Cunningham è ospite di un Festival del Giallo che si svolge sul supertreno Ghan, l’Orient Express australiano, e a cui prendono parte i maggiori scrittori del genere. Ecco la lista degli illustri passeggeri.

Wolfgang, l’autore più prestigioso che si comporta come una popstar (infatti si fa chiamare soltanto con il nome tipo Madonna) ed è quello con più spiccate doti letterarie. Sua è, per esempio, una riscrittura in versi di A sangue freddo di Truman Capote. Non c’è nemmeno bisogno di aggiungere che Wolfgang se la tira assai e che è impegnato nel progetto di arte interattiva La letteratura è morta (corrispettivo italiano per quanto riguarda il tirarsela: Carofiglio?).

Lisa Fulton, autrice di un bestseller, L’equilibrio della giustizia, che era il suo libro d’esordio e «scosse dalle fondamenta la narrativa gialla con la sua ferocia incandescente e il suo brutale realismo». Purtroppo, da allora, e sono passati ventuno lunghi anni, Lisa non ha più pubblicato una riga. (Corrispettivo italiano, anche se non giallista e parlandone da vivo: Daniele Del Giudice?).

SF Majors, autrice di thriller avvincenti, psicologicamente complessi e ricchi di colpi di scena, da cui traggono film su Netflix e musical a Broadway. La scrittrice «vive sulle Blue Mountains, insieme al suo compagno e a due cani». (Corrispettivo italiano per quanto riguarda residenza e pet: Manzini?).

Alan Royce, autore di undici romanzi e ideatore di una serie con protagonista una dottoressa. «Affermato patologo legale prima dell’ascesa nel firmamento del giallo, Royce ha portato sulla pagina la sua ineguagliata competenza in tema di obitori e autopsie». (Corrispettivo italiano: De Giovanni?).

Henry McTavish è l’ospite più importante del Festival. I suoi libri si vendono come il pane. McTavish incarna «il paradosso dell’autorialità». E cioè: «se sei abbastanza bravo da avere successo, hai troppo successo per essere davvero bravo». (Corrispettivo italiano: Camilleri, che però era simpatico a differenza di McTavish).

Ovviamente sull’Orient Express australiano sarà presto commesso un delitto (vittima uno scrittore) e a tempo debito ne sarà commesso un altro (un editore questa volta) e Cunningham avrà finalmente materiale per scrivere.

Autopsia del mystery

Il racconto di Stevenson si trasforma in una specie di autopsia del mystery, in una critica della ragion gialla, alla fine della quale si scopre una verità inquietante: «In un giallo il passato non passa mai». Verità che non vale solo per i mystery. Arriva sempre la resa dei conti.

Non fatevi trarre in inganno dall’aria di giallista in gita premio di Stevenson con le sue battute, dai suoi virtuosismi tecnici, dal suo snobismo da antiquario del mystery, in realtà la storia che sta raccontando non è allegra come non sono mai allegri i sensi di colpa. E di questi è pieno proprio il protagonista.

Lo scrittore/detective Ernest Cunningham soffre della sindrome del sopravvissuto e non riesce a levarsi dalla testa la carneficina che si svolse nel suo primo romanzo (Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno): «Tutti quei morti... Loro non avevano fatto nulla di male. E io non avevo fatto nulla di speciale. Dunque, perché io sono ancora qui e loro no? Il viaggio sul Ghan, le royalty, questo vino assurdamente costoso: che cos’ho fatto per meritarli? E perché io e non loro?».

La sindrome del sopravvissuto non si trova quasi mai nei gialli dell’Epoca d’oro: «In quei libri, il protagonista arriva alla fine di un’indagine e poi rimane in uno stato di vita sospesa, tornando a rianimarsi all’inizio del libro successivo.

Non subisce l’impatto cumulativo di tutte le morti e le violenze cui deve assistere; quei delitti non si scavano una nicchia nella sua psiche, non lo rodono ogni notte. E per quanto aspiri a somigliare a quei celebri investigatori immaginari, io sono tormentato e loro no: loro si godono tranquilli il proprio letargo, in attesa che l’autore riprenda in mano la penna. Miss Marple non ha gli incubi: questo sto cercando di dire».

Perle comiche

I gialli di oggi hanno perso l’innocenza dei gialli di una volta. La letteratura tutta ha perso l’innocenza di una volta.

È questa l’amara scoperta di Cunningham mentre sorseggia Espresso Martini sul Ghan, il lussuoso Orient Express aussie che corre con il suo carico di letterati morti da Darwin ad Adelaide: «Ho sempre pensato che scrivere aiutasse a ricordare. Ma c’è una parte di me che scrive per essere ricordata. Mi resi conto che, a prescindere da quante volte il tuo nome compare sulla costa di un libro, spesso di te resta soltanto un pezzo di carne dentro un sacco di plastica nera».

Tutti su questo treno sono sospetti è un congegno giallo perfetto e un trattato sulla psicopatologia degli scrittori. Ma Stevenson è anche un comico. Ecco alcuni esempi della sua verve.

«La differenza tra la letteratura vera e quella di genere, tra uno scrittore autentico e uno scribacchino, sta negli avverbi. Gli scribacchini ne usano troppi».

«Due sono le storie che hanno spalancato le porte di tutte le paranoie: Attrazione Fatale e Misery».

«Se un romanzo contiene nel titolo un nome, un cognome e un numero (tipo Gli undici orgasmi di Deborah Winstock) sarà quasi di sicuro un best seller. Se volete provare... »

Voto: 8.


Tutti su questo treno sono sospetti (Feltrinelli 2024, pp. 368, euro 19) è l’ultimo romanzo dello scrittore australiano Benjamin Stevenson

© Riproduzione riservata