Dal culto dello chef al diritto al cibo di qualità: come sta cambiando la ristorazione

Cibo è il nostro inserto mensile che racconta il mondo attraverso ciò che mangiamo. Esce l’ultimo sabato di ogni mese sulla app di Domani e in edicola. In ogni numero svisceriamo un tema diverso con articoli, approfondimenti e commenti: il tema del numero di questo mese è come si salvano i ristoranti. Qui troverete man mano tutti gli altri articoli di questo numero. In questa pagina, invece, tutti gli altri articoli di Cibo, che è anche una newsletter gratuita. Ci si iscrive a questo link. La ristorazione in Italia sta attraversando, da alcuni anni a questa parte, un periodo di profondo cambiamento, guidato non solo dalle trasformazioni sociali e culturali, ma anche dalle crescenti aspettative dei clienti. Queste aspettative, influenzate dalle narrazioni mediatiche contemporanee, riguardano soprattutto la sostenibilità sociale e ambientale dei ristoranti scelti, oltre al tipo di esperienza che si desidera vivere attraverso il cibo, il servizio e il menù. Stella Michelin, la droga e l’ossessione degli chef dai benefici incerti Un esempio emblematico arriva dal mondo del fine dining. Il caso dell’Eleven Madison Park, ristorante newyorchese stellato che dapprima si è trasformato in un locale 100 per cento vegetale per poi riprendere ad utilizzare prodotti di origine animale, dimostra come la domanda di un pubblico elitario e iper-esigente possa dettare le decisioni aziendali di un esercizio. Qui, i prezzi inaccessibili ai più e la gestione complessa di un ristorante di questa tipologia e livello, rendono poco sostenibili cambiamenti radicali non sorretti da una convinzione profonda, ma da logiche di marketing. In contesti meno formali e più radicati nella comunità, mutamenti simili sono accolti con maggiore adattabilità. Questo accade quando il ristorante ricopre un ruolo attivo nella collettività, diventando luogo di incontro e di convivialità, ed è qui che si può creare una relazione più nutrita con la clientela, per farsi accompagnare in una trasformazione che diventa quindi orizzontale. Ristoranti e menù insostenibili Nuova linfa In questo senso, la ristorazione va sempre più interpretata come un’impresa di comunità, un motore di sviluppo dei territori, in particolare nelle aree interne rurali. Il ristorante non è più soltanto luogo di consumo (sebbene secondo la Federazione italiana Pubblici Esercizi, la Fipe, nel 2025 un terzo dei nostri pasti è consumato fuori casa), bensì un vero e proprio crocevia tra i prodotti agricoli frutto del lavoro delle aziende locali, e la clientela. Così intesi, i ristoranti diventano centri di aggregazione sociale che valorizzano la cultura locale e contribuiscono al recupero delle tradizioni gastronomiche e produttive. Si tratta a tutti gli effetti di luoghi terzi, diversi dalla casa e dal lavoro, fondamentali per la socialità e per il mantenimento del capitale sociale, poiché favoriscono l’interazione e contribuiscono a costruire identità collettive. Benvenuti nell’inferno nascosto della cucina: salari troppo bassi e orari infiniti Intessendo questo tipo di relazioni attraverso il cibo, la ristorazione dà vita a nuovi ecosistemi: è l’esempio di molte attività, gli agriturismi in primis, che stanno rivisitando la loro offerta per diventare veri e propri punti di incontro tra produttori e clienti, dando nuova linfa alle aziende agricole di piccola scala e rendendo il settore più attrattivo anche per chi ci lavora. È questo il caso di Reis, in Val Varaita, dove lo chef Juri Chiotti ha dato vita ad un progetto in cui il cibo è stato il motore per riportare comunità e vita in un piccolo borgo di montagna. La ristorazione, come si sta facendo a Roma con il Consiglio del cibo, presieduto da Fabio Ciconte, diventa quindi un attore chiave anche nelle politiche locali del cibo (food policy) e anello cruciale nella filiera della sostenibilità. Un attore importante che può favorire pratiche di approvvigionamento più consapevoli, riduzione degli sprechi e dell’impatto ambientale, senza mettere da parte la responsabilità sociale del settore, dove sono ancora fortemente presenti i fenomeni di sfruttamento del lavoro, mancanza di personale, scarsa professionalizzazione, che rappresentano le sfide più urgenti per modelli già virtuosi o in fase di trasformazione. [Missing Caption][Missing Credit]