Le polemiche scatenate dall’articolo di un giornale tedesco pubblicato in occasione del Dantedì dimostrano che chi osa mettere in discussione lo status culturale del poeta tocca un nervo scoperto del nostro paese
- È solo a partire dal Romanticismo e dal Risorgimento che Dante divenne il poeta di riferimento della letteratura italiana: fu Francesco De Sanctis a canonizzarlo nella Storia della letteratura italiana (1870), dopo cinque secoli di giudizi tutt’altro che benevoli, in patria e all’estero.
- A partire dal quasi contemporaneo Petrarca, che diceva che «Dante scriveva per la gente d’osteria»: cioè, non tanto e non solo in lingua volgare, quanto piuttosto e soprattutto per il lettore volgare.
- Leggiamo dunque le parole di Dante, alcune delle quali sono indimenticabili, ma non dimentichiamo che le sue idee sono figlie di un tempo che non è più il nostro.
Il 25 marzo, festa solenne del Dantedì, la Germania si è macchiata del crimine di lesa maestà contro il nostro Altissimo Poeta. O almeno, così sembrava dai titoli dei giornali nostrani, che reagivano pavlovianamente a un articolo del Frankfurter Rundschau. La Lega ha addirittura sollevato il caso al parlamento europeo, cogliendo l’occasione per tirar acqua al proprio mulino: lamentando, cioè, che gli olandesi avessero censurato la Commedia in un’edizione ridotta per le scuole, togliendo Maomett



