Diciamocelo, sono anni complicati per voler essere felici.

E badate bene non per essere felici, per voler essere felici.

Uno ci si mette, di buzzo buono, tracciando la propria rotta, cercando una meta, una  sorta di linea retta: dei buoni studi, un buon compagno, una buona compagna, un buon lavoro, uno di questi, nessuno di questi, nessuno di questi ma con farmaci, un «ciao come va?» «Ma, ti dovessi dire, non è poi così male», per poi approdare a una sorta di galleggiamento generale che ci ha convinti che la nostra vita, al netto delle nostre lamentele, non era poi così male. Ed è lì che, come lo scapoccione della nonna che ti becca con la pizza bianca prima di andare a tavola, è arrivata la pandemia.

Poi la crisi economica.

Poi la guerra.

Per carità sia lodato il bonus psicologo, un grido della notte finalmente ascoltato, ma adesso dopo tutte queste tragedie, forse a noi over trenta c’è rimasta solamente una soluzione: i tarocchi. I tarocchi. E una sana e consapevole scaramanzia.

Bonus tarocchi

«Aiuto, al fuoco, i tarocchi nel 2022?» Sento già il Savonarola che è dentro di me uscire dal mio computer e dire «vergognati, adesso ti prendo la laurea magistrale e la uso come sottopiatto per i pici ai ragù», (Che poi punto primo mi chiedo anche quale sarebbe la novità, dato l’uso che ne fanno molti miei coetanei, punto secondo io consigli da uno che ha rovinato Botticelli e si è fatto ardere vivo non me ne faccio dare, grazie Medici che siete ritornati a riprendevi tutto chell che era vuost).

Attenzione quando parlo di scaramanzia non dico di mettervi nelle mani delle maghe o di affidare loro i vostri risparmi. Anche perché è tutta concorrenza. L’unica cialtrona pazza che dovete pagare devo essere io, che tra parentesi sono anche in tour (su richiesta eseguo anche la Marsigliese con le ascelle sul palco).

Dico solo: se un giro di tarocchi tra amiche o un po’ di scaramanzia può aiutarci in questi tempi difficili e darci un po’ di sollievo, perché non farne uso? Il Cicap ci perdonerà e speriamo anche Sergio Mattarella.

Scaramanzia napoletana 

Quando si parla di qualcosa si dice sempre «solo chi è dentro la tragedia, può parlare della tragedia» e chi meglio di me, che parlo di scaramanzia provenendo da una famiglia napoletana?

Mio padre mi ha passato questa passione per la scaramanzia. Per i riti. Mio padre è il mio Albus Silente ca a pummarola, il mio Gandalf coi friarielli. Insomma io non so scaramantica così, so scaramantica così (qui si fa il gesto delle corna).

Sono qui per fare una sorta di coming out e confessare l’inconfessabile: vi giuro su Dio e Beyoncè che se passa un  gatto nero, io non passo, anzi io  entro in modalità immobilismo tipo autobus dell’ Atac  e all’occorrenza mi do anche fuoco da sola.

Se passa un gatto nero e sono in auto, io come se avessi incrociato lo sguardo della Medusa di Caravaggio divento pietra, metto le quattro frecce e, piuttosto che attraversare la strada, aspetto fino a quando mi viene menopausa.

E io non sono una persona che parla a vanvera, vostro onore, quando una dico una cosa la faccio.

Gatto nero

Un ridente sabato pomeriggio io e il mio fidanzato ci trovavamo nella mia 600 direzione vernissage ad Ariccia. A causa della mia guida incerta e delle mie soste fisiologiche avevamo accumulato un piccolo ritardo: quaranta minuti. Dopo altri venti passati a cercare parcheggio pregustando già il sapore del carboidrato, la nostra fantasia gastronomica viene interrotta da un funesto passaggio: un gatto nero.

«No Riccà, nun se passa» pronuncio solenne al mio fidanzato manco fossi Giosuè che tuona «fermati o Sole». A quel punto il mio fidanzato esibendo tutto lo sdegno di un maschio cisgender del terzo millennio, acculturato, lettore di quotidiani come Domani e quindi progressista e illuminato:

«Ma amore siamo già in ritardo, a queste cose oggi non ci crede più nessuno. Cosa sono queste superstizioni medievali napoletane?»

Come costruire la mia arringa difensiva tenendo in piedi delle motivazioni valide che possano stroncare persino un avvocato Taormina? Semplice. Facendo quello che fanno da sempre tutti i ciarlatani: prendendo in prestito, a sproposito la storia e piegandola al mio volere: «Senti romano, nobiltà pecoraia, ora ti insegno due cose. Il Medioevo è un grande periodo storico. Il Medioevo ci ha dato Giotto, Giotto di Bondone, i Comuni, Gutenberg, grazie al quale puoi leggere Finzioni dandoti l’aria di sedicente intellettuale. E quando dici che oggi a queste cose non crede più nessuno, io ti ricorderei a cosa  crede la gente oggi: «Ha visto la storia di whatsapp quindi mi ama».  Se fossi uno del medioevo verrei da te a dirti «Aò, io io sicuramente prenderò la sifilide perché non c’avrò le mutande e c’ho i genitali che fanno contatto col vellutino, ma quantomeno non so così coglione».

Bum, sbem. E pensate che Giotto e Giotto di Bondone sono anche la stessa persona.

Quindi, ottengo il mio obiettivo: ci fermiamo e aspettiamo che passi qualcuno passi  per prendersi tutta quella sfortuna.

Finalmente quel qualcuno arriva e pietoso il mio compagno mi si rivolge dicendo: «Amore, è un bambino», ma io che sono sì superstiziosa ma credo anche nella scienza gli rispondo: «C’è il riscaldamento globale il suo futuro è già compromesso».

Non vi preoccupate non sono il mostro che state pensando io sia: questo bambino si è preso tutta la mia scalogna, è vero, ma nonostante questo avrà uno splendido lavoro, tanti amici e una famiglia. Nel metaverso.

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