Di questi tempi a Milano, a cercare un po’ di vita sociale, si fa fatica. È vietata, ma sognarla non è peccato, almeno per ora. E mentre cerco il guinzaglio di Olga e l’accompagno all’area cani per la sua (e mia) ora d’aria, penso a un anno fa, in questi giorni, quando le nostre agende erano bloccate da un mese, tra aperitivi di auguri, karaoke benefici, tombole perfino nei negozi (da Clan ho sfiorato la cinquina perdendo un weekend all’Albereta).

E poi cene, quante cene placé, due o tre nella stessa serata. Ricordo qualcuno che, per non deludere chi lo aveva invitato – di solito un brand del lusso – presenziava per la prima portata in un posto e per la seconda in un altro. Mangiare era un modo di dire. A Milano, alle cene, non si mangia. La madre milanesissima di un mio ex sosteneva che non fosse elegante masticare in pubblico e consigliava di uscire di casa già sfamati.

Sarebbe andata d’accordo con l’imprenditrice digitale pluri invitata Alessandra Airò che una sera, a tavola, ha istruito me e l’altra commensale Giulia Torelli sulla sua teoria: «Mai finire i piatti, ma solo spiluccare». Con tutti quegli inviti lei si poneva un altro problema, se mangi davvero poi non entri nella taglia 40 (che io ho abbandonato alle medie). Personalmente prediligo l’altra teoria, la mia, del tieni sempre un bicchiere in mano. Crea altri effetti collaterali ma nessuno è perfetto.

Mentre Olga mi costringe a una sua pausa fisiologica, con malinconia mi tornano in mente i professionisti del brindisi da cui c’è sempre da imparare. A dicembre, di sera, i taxi non li trovavi neppure se ti buttavi a terra in lacrime. Non come oggi che rispondono in pochi secondi perfino sulle App (incredibile). I professionisti del brindisi, dicevamo, sotto le feste prenotavano le Ncc, auto con conducente. E così arrivavano all’evento, facevano la foto di rito col padrone di casa, rimanevano mezz’ora e poi via, per una nuova destinazione. Così fino a notte fonda.

E poi i pierre. Quelli che contano, a fine novembre non rispondevano più a nessuno temendo l’ennesimo “più uno” da aggiungere agli Rsvp. In compenso avevano già prenotato le vacanze alla Maldive per il 26 dicembre.

Oggi passano le serate a giocare al Burraco online, come Paride Vitale. Una volta organizzava feste, le più pazze, e poi, per gli intimi, cene a casa sua attovagliati con le amiche Geppi Cucciari, Paola Cortellesi e Victoria Cabello. Quest’anno nel tempo libero si dedica al suo marchio, il profumo Parco 1923, un giochetto nato cinque anni fa e in cui, in questi giorni, confluiscono tutte le sue energie. Avere a casa almeno un flacone piccolo della crema mani Scarpetta di Venere equivale al «sono in lista al party» dell’anno scorso.

Tra le passioni dei pierre poi c’è il delivery. Andrea Caravita, che nella vita ha passato più tempo sui voli aerei che a casa sua, e che custodisce i segreti delle amiche Chiara Ferragni ed Emma Marrone, oggi posta foto di panettoni artigianali, gelati dai gusti improbabili e hamburger confezionati bene. Sembrano lontani i tempi in cui ti faceva entrare dal retro alla festa più bling bling di Milano.

I ricordi del Plastic

Tra i pierre nostalgici c’è Carlo Mengucci che sulla sua pagina Instagram ricorda, con carrellate di foto e video, le serate di Natale organizzate da lui, quando ballavamo fino all’alba al Plastic e fumavamo di nascosto dietro la cucina del Nephenta. Sembra un secolo fa ma era solo l’anno scorso. A Instagram non rinuncia neppure la storica pierre Emanuela Schmeidler, braccio destro della compianta Franca Sozzani, che ostenta i bei tempi di lavoro matto e disperatissimo e poi ci propone la foto di una mise en place nel salotto di casa sua, ideata dal wedding planner degli sceicchi Matteo Corvino.

Anche l’industriale Umberta Gnutti Beretta, regina delle serate mondane, è annoiata. Lei di questi tempi sarebbe stata già sul volo per Miami, per la fiera dell’arte Art Basel – indimenticabili le serate nel club del Setai, insieme a lei e al creativo Stefano Seletti – e così al canile di Brescia ha adottato un cane, Ottone. Ha cambiato stile anche il designer libanese Samer Alameen. Un tempo sui social postava oggetti disegnati da lui e collezionava copertine di riviste internazionali, ora scatta una foto da Luini, il mago dei panzerotti, per farci sapere che ha finalmente riaperto.

“Non fa hype”, gli direbbero di certo i colleghi che soggiornano al Bar Basso durante il salone del mobile. Continua a fare hype invece il curatore festaiolo Cesare Cunaccia che non rinuncia all’ostentazione, pubblicando una foto dell’anno scorso ad Acapulco, all’Arango Marbrisa House, disegnata da John Lautner e con vista mozzafiato sull’oceano. Nonostante sia rinchiuso da giorni nella sua magione affrescata di via Rossini.

La festa è uno stato mentale e chi vive a Milano l’ha acquisito. Con la differenza che se prima eri tu ad andare al party, ora è il party che entra a casa tua. Nessuno sgarro al Dpcm. Qui ci si mette il rossetto anche per un collegamento su Zoom. Se l’invito te lo manda un pierre non sai chi ci sarà tra gli ospiti della “call”, e vestirsi bene, almeno dalla vita in su, è d’obbligo.

«Sì ma che noia, siamo tutti sui social ormai. Non c’è più scambio reale. Siamo venuti a Milano per la vita, e ci troviamo intrappolati in una routine di provincia», commenta il pierre Alberto Corino, quando lo aggiorno sull’arrivo di una nuova “call”. Se qualcuno si chiede se fare il pierre è un lavoro vero, sappia che mai come di questi tempi è fondamentale essere i migliori. O anche solo esserci. Se un brand non viene evocato, nominato, pensato, sublimato, non esiste più. Saremo pure chiusi in casa, ma certi passaparola sono potenti come una granata.

Dillo con un dito

Accade al vino Lassembramento, ideato da Filippo Lambertenghi, uno dei proprietari del bar Colorificio in Piazza Cesariano. È prodotto a Montepulciano, il vino è buono, ma soprattutto il nome ci ricorda quanto ci manchino le serate accalcati nel suo locale. Anche l’artista Maurizio Cattelan in questo periodo di calma piatta si vuole far ricordare. Insieme agli amici Charley Vezza e Paolo Dalla Mora ha ideato Sgrappa, una nuova Grappa col dito medio in mezzo alla bottiglia. E l’hastag di accompagnamento #Dilloconundito a cui, nel cuore dell’altra notte, mi è venuta tanta voglia di scrivere.

Tutti ormai usano solo i social. Persino gli appuntamenti con la dermatologa non si fanno più in studio ma su Meet. Ieri ne ho fatto uno con l’esperta Camilla D’Antonio, amica di Belen Rodriguez e detentrice di tutti i suoi segreti antiaging. Da uno sguardo attento, attraverso lo schermo, è riuscita a dirmi ciò che nessuno aveva mai osato e tra venti giorni, dopo l’uso dei suoi prodotti – pare – capirò se aveva ragione lei. Usa i social anche la finalista di Masterchef Alida Gotta. In passato mi chiedeva consigli sullo stile, ora mi avverte che ha aperto uno speakeasy, il Delivery Valley in via Col di Lana. Nel locale non si entra, ma se ti avvicini al vetro la vedi tra i fornelli. Se vi capita, ordinate la pizza al padellino e mi ringrazierete.

La noia degli attori supera quella di chiunque e così Luigi Luciano, più noto come Herbert Ballerina, ha creato felpe e magliette con le frasi cult del suo personaggio. È alla terza ristampa de L’uomo che usciva la gente e già rido. Me ne manda una la sua fidanzata Lucia e, in attesa di tornare insieme a cena nel nostro giapponese preferito, brindiamo su Zoom indossandole (tristezza).

Cracco pensa al dopo

La pierre di Eataly Milano, Alessia Rizzetto, non si dà pace. Dalla sua casa di Milano, pensa all’inaugurazione senza assembramento del nuovo mall di Oscar Farinetti a Torino – il Grean Pea, 15mila metri quadri su 5 piani di cibo organico e prodotti ecosostenibili – e intanto spedisce scatole a Tokyo e a New York con calendario dell’Avvento e lezioni di cucina degli chef. Anche Carlo Cracco non rimane a guardare. E mentre la moglie Rosa fa confezionare centinaia di panettoni da spedire a Londra, continuano i lavori del nuovo ristorante a Portofino che aprirà in primavera.

Con la mente sono già lì, poi mi guardo intorno e sto per deprimermi. Mi consolo col servizio di delivery dell’Emporio Armani Ristorante. Il menù, per palati fini, arriva dentro a scatole dorate, così eleganti che le avrei apprezzate anche vuote. «Le ha scelte il signor Armani in persona», mi fanno sapere.

Sotto Natale chi lavora a ritmi serrati sono le agenzie dei giovani talent, quelli che a 20 anni hanno milioni di follower. La mente della One Shot si chiama Eugenio Scotto, dorme poche ore a notte per ideare strategie e aggirare gli ostacoli del periodo. E così, invece che mandare i ragazzi a fare bagni di folla nei megastore (vietati) ha scelto otto dei suoi e li ha chiusi in una villa sul lago di Como. Su TikTok hanno una ventina di milioni di fan che vivono aspettando loro notizie. La villa, che lui chiama Chillhouse, ha tutti i comfort, dal biliardo alla piscina coperta. E gli sponsor non devono far altro che bussare alla porta (e pagare) per entrare.

L’unico che bussa alla mia porta invece è il fattorino. Seccato perché non mi trovo a casa. Al telefono mi dice, con fare misterioso, che ha un pacco da lasciarmi e che, se voglio usufruirne, tra un’ora dovrò fare un collegamento su Meet. A Milano uscire non è più di moda. 

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