- Cavez aveva 73 anni ed è morto mercoledì. Che si sapesse, non aveva nemici, ma non aveva nemmeno paura di farsene. Come chi non ha mostri sacri, miti intoccabili, o santi in paradiso.
- Ha osato trasformare una papera disneiana in una procace esploratrice dello spazio, sempre presa a sedurre alieni a destra e a manca.
- C’è stato un momento, verso la metà degli anni Novanta, in cui Cavez era dappertutto: non nasceva una nuova rivista senza che si fregiasse di una sua vignetta o di una sua striscia. I personaggi gli scivolavano fuori dalle dita magicamente e attraverso i balloon dispensavano una saggezza decisiva, tranciante. Cavez è stato un figlio della satira e ha saputo usarla con dolcezza.
Chissà perché a tutti i fiorentini, da Cecco Angiolieri a Vanni Santoni, prima o poi è venuto in mente di bruciare Firenze. A Massimo Cavezzali – anzi Cavez, in quel meraviglioso modo tronco che hanno avuto i fumettisti di una certa generazione nel darsi un nome – l’idea è venuta nel 1983 e l’ha espressa, anzi l’ha fatta esprimere da un tipo con un naso importante, gli occhiali sa sole e l’espressione severa, su un numero della rivista Orient Express che aveva in copertina Il pescatore di Massi



