Il 30 luglio è morto a 59 anni, nella sua casa di Bologna, lo scrittore Luca Di Meo. Che ha fatto parte del collettivo Wu Ming e prima ancora della sezione di bolognese degli artisti facenti parte del Luther Blisset Project (1994-99). Coautore del capolavoro Q, Einaudi Stile libero. Un libro che è proibito non leggere. Uscì nel 1999.

L’esordio

Anno Domini 1555. Sopravvissuto a quarant’anni di lotte che hanno sconvolto l’Europa, un eretico dai mille nomi racconta la sua storia e quella del suo nemico, Q. Predicatori, mercenari, banchieri, stampatori di libri proibiti, principi e papi compongono l’affresco dei tumultuosi anni delle guerre di religione: dalla Germania di Lutero al regno anabattista di Münster, all’Italia insidiata dall’Inquisizione.

Pubblicato in quattordici lingue e in trenta paesi, Q è l’esordio narrativo del rivoluzionario collettivo Wu Ming. Una delle rarissime, lucide e rivoluzionarie imprese di scrittura collettiva, in un contesto letterario che coltiva il mito romantico e narcisista dell’autore e della sua ispirazione individuale. Un nucleo di destabilizzatori dell’ovvio e degli stereotipi.

Q, finalista allo Strega, è un formidabile romanzo d’avventura. Una meravigliosa lettura estiva. Tutti gli aspetti che rendono attraente la lotta politica sono trasmessi con tono elettrizzante: interminabili dispute teoriche, incontri insoliti, meravigliose imprese senza speranza, nemici imbattibili, tradimenti imprevisti, esaltazione collettiva, viaggi clandestini.

È uno dei migliori romanzi della fine del secolo e del millennio, nato nel milieu bolognese delle lezioni di semiotica di Umberto Eco, negli anni in cui prendeva forma la scrittura del Nome della Rosa, un altro grande romanzo di storia e di dispute teoriche, di quelle di storia di Carlo Ginzburg tra Menocchio, formaggi e vermi, del sugo della vita e del pane selvaggio delle lezioni di letteratura di Piero Camporesi.

Contro lo Strega

Q arrivò alla finale del Premio Strega 1999, ma gli autori disertarono la cerimonia. «Lo Strega è una buffonata, una delle tante istituzioni inutili di questo paese», dichiararono con due mesi d’anticipo all’inserto Io Donna del Corriere della Sera, 15 maggio 1999. 

«Naturalmente non ci interessa vincere», aggiunsero, «anche perché il primo posto è sempre assegnato in anticipo, ma se per caso dovessimo entrare nella cinquina, abbiamo consigliato alla Einaudi di comprarci il quarto posto».

In un’altra intervista, stavolta sul quotidiano L’Unità del 30 aprile 1999, avevano detto: «Il premio Strega è più truccato di Sanremo e quest’anno è già appaltato alla Maraini». Mancavano ancora cinque settimane alla finale, che il 9 luglio avrebbe effettivamente portato Luther Blissett al quarto posto e incoronato vincitrice Dacia Maraini con la raccolta di racconti Buio.

Il ricordo

Dopo aver scritto il romanzo Q, nel 2000 Di Meo è stato uno dei cinque fondatori, insieme con gli amici del Luther Blisset Project, del collettivo denominatosi Wu Ming (“senza nome” oppure “cinque nomi”), con Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi e Riccardo Pedrini.

Dopo otto anni uscì dal collettivo, e a ricordarlo a modo loro sono propri i compagni di quella grande avventura. Sul loro blog wumingfundation.com.

Luca muore il 30 luglio, una domenica. Muore nel suo appartamento di Bologna, nove giorni dopo aver compiuto 59 anni, quindici anni dopo aver lasciato Wu Ming, quattro anni dopo l’ultimo evento insieme, quasi sei mesi dopo l’ultima seduta di chemio, ché tanto non serviva più a niente. Antidolorifici, e via andare.

La notizia non era inattesa, ma quando arriva è inattesa sempre. Comincia a girare nel pomeriggio, raggiungendo persone sparpagliate qua e là per i quattro cantoni d’Europa. Noi compresi. Uno di noi la riceve mentre è sul traghetto per la Grecia.

Luca «non c’è più». Questa la frase di Christiano al telefono da Berlino.

Uno di noi – cioè: uno del quartetto che scrisse Q – «non c’è più» in quel senso lì. Anni di lavoro sul confine tra presenza e assenza, sull’esserci senza apparire, poi arriva quel senso lì.

Nella seconda metà dei Novanta Luca fu, tra le altre cose, Luther Blissett, il cui nome era legione. In quel periodo scrivemmo il romanzo che ci avrebbe cambiato la vita.

Nell’anno 2000 fondammo Wu Ming. Lui uscì dal collettivo otto anni dopo. Tra Manituana e Altai. Nel darne notizia, parlammo di un umore «non facile da descrivere. È l’umore con cui guadagni l’uscita d’emergenza se il cinema va a fuoco: hai pagato il biglietto, ma pazienza. Il film piaceva a tutti, ma pazienza. […] muoversi, uscire di corsa, non aspettare che il fumo ci soffocasse e le fiamme bruciassero il culo. Questo è tutto quello che possiamo dirvi senza calpestare il diritto alla riservatezza – nostro e di Luca.»

I fatti nostri non li raccontiamo, quelli di uno di noi che se ne va men che meno. Anni dopo, Luca si sentì di farlo e ne scrisse su Giap.

Nel frattempo c’eravamo persi di vista, e ritrovati, e ci saremmo ripersi e di nuovo incontrati. Ogni tanto abbiamo fatto la reunion, come ogni band che si rispetti. La prima volta nel 2011. L’ultima nel 2019: la sala Stabat Mater dell’Archiginnasio stracolma per il ventennale di Q. Chi c’era la ricorderà finché campa. Poi ci siamo ripersi. Per l’ennesima volta. Stavolta l’ultima. Stavolta indietro non siamo riusciti a tornare.

Anche oggi, come quindici anni fa, l’umore è difficile da descrivere. Non metteremo in fila aneddoti: la prima volta che lo incontrammo, quel giorno che lui, le ultime parole scambiate… Niente.

Non aggiungeremo a queste altre parole. Almeno per un bel pezzo. Quel che abbiamo fatto insieme è stato importante, e rimane. Il resto lo teniamo per noi. Il resto è il rispetto che dobbiamo alla nostra storia comune. Ciao Luca.

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