Può diventare un cult Lgbtq+, perché milita per la genitorialità senza barriere di genere. Ma può essere anche un manifesto femminista senza zavorra ideologica, un esempio concreto di educazione sentimentale anti-violenza sulle donne, qualsiasi cosa questo significhi nella fumosa retorica di chi ci governa. E senza parere sdogana la religione (cattolica) dai dogmi sessisti: la nuova Madonna è un maschio, nemmeno vergine. La matrioska che cela queste potenzialità multiple è Santocielo, decimo film di Ficarra e Picone, prodotto con la loro Tramp Limited. Esce il 14 dicembre con Medusa Film.

Solo sei anni fa, con L’Ora Legale, la nostra critica si è accorta che la coppia palermitana è un unicum nella commedia nostrana di oggi: ha il dono di fare satira sociale e politica chiara, di fare battaglia civile senza proclami, con leggerezza. Pesta parecchi piedi doloranti, ma lo fa con fair play. Senza sconti, però. L’umorismo intelligente è un grimaldello potente. Molti hanno scoperto che sono anche attori da premi vedendoli nel pirandelliano La Stranezza di Roberto Andò, che ha risvegliato gli incassi del nostro cinema dal lungo letargo della pandemia. Gente distratta, i critici: non li hanno seguiti in decenni di teatro e nel trionfale confronto con Le Rane di Aristofane, partito dal Teatro Greco di Siracusa.

Un Paradiso democratico

Santocielo, questa volta affidato al regista-amico Francesco Amato, non è una svolta, è una conferma. Il loro Paradiso, all’inizio del film, non è così lontano dall’umorismo ebraico di un Woody Allen o dei fratelli Marx: si scherza sui dogmi, la teocrazia dell’Aldilà ha dovuto cedere il passo alla democrazia, Dio-Giovanni Storti (in prestito da suo storico trio con Aldo e Giacomo), finisce in minoranza in un Parlamento di angeli incazzati, non senza ragione, con l’umanità nel suo insieme. L’alternativa drastica è tra un Diluvio Universale-bis e la gestazione di un Messia-bis. Solo che il neo-arcangelo Gabriele in missione per l’opzione meno genocida è l’ultima ruota del carro, Valentino Picone, un mezzemaniche addetto allo smistamento del Reparto Preghiere. Sbadato, generoso e pasticcione, l’angelo Aristide ( in biondo Valentino somiglia curiosamente a Owen Wilson) ingravida erroneamente la peggiore delle Madonne possibili, ossia Nicola (Salvo Ficarra), vice-preside carogna (secondo i graffiti degli studenti) di un istituto cattolico, reazionario e maschilista. E’ un’idea forte, e le idee forti nei nostri panorami di cinema scarseggiano: Paola Cortellesi viaggia verso i trenta milioni di euro evandendo dal déja-vu.

Uomo-mamma è bello

Accade quello che non si può realizzare in provetta ma avviene in natura, e senza traumi, alle cernie e ai pesci pappagallo: il maschilista, quello che "si sa come sono le donne” con la pancia da gravido si evolve, acquista una sensibilità femminile, emotiva, umana e gentile. Sperimentare l’esclusività riproduttiva delle donne, mettersi nei loro panni e nel loro corpo con tutti i patemi del caso, per forza migliora i maschi. Ma nel frattempo il caravanserraglio mediatico si è scatenato, il maschio incinto e il suo convivente dello stesso sesso – l’angelo sotto copertura Aristide- fanno scandalo, i no-vax danno la colpa ai vaccini, i complottisti fanatici agli alieni, i bacchettoni alla perversione, e la destra invoca strette autoritarie. È un film che gronda di citazioni cinefile, da Psycho ai Blues Brothers ( il terremoto e le cavallette menzionate come scusante da Salvo, emulo di John Belushi), da A Qualcuno Piace Caldo a Ieri, Oggi e Domani ( la sedia con Salvo incinto portata a braccia dai paesani, vedi Sofia Loren per De Sica).

Maria è un ragazzo-padre. Basta un mamma-papà a fare famiglia: che salvi il futuro dell’umanità è solo un dettaglio. «La famiglia è dove c’è sentimento-dice Salvo Ficarra- si possono imporre regole al concetto di amore?». Finora abbiamo parlato di uomini, ma nella matrioska Santocielo le attrici donne non hanno un piccolo ruolo. Barbara Ronchi, che era bravissima come attrice drammatica anche in Rapito di Marco Bellocchio, è la moglie psicanalista separata di Nicola. Maria Chiara Giannetta è suor Luisa, che dell’angelo Valentino si innamora, ricambiata: tutto poco sacro e molto profano. Le creature angeliche possono amare, e anche le suore. Sono donne anticonvenzionali, come anticonvenzionale è il finale. «Famiglia sono le persone che ti scegli», precisa Ronchi. E per coronare il suo amore per la suora, peccaminoso per un unico bacio, l’aspirante cantore Picone intona Un Bacio Piccolissimo, hit di Sanremo 1964 interpretata, allora, dal dimenticato Robertino. Fic e Pic (questo lo so in privato) avevano bussato ad Adriano Celentano per usare 24 Mila Baci, ma i diritti richiesti erano esorbitanti.

Solo comici?

I diritti, tutti i diritti, e la lotta contro i pregiudizi sociali: è questo, in ultima analisi, il tema di fondo di Santocielo. «Lo sceneggiatore più importante del film è il film stesso- dice Salvo Ficarra- ogni scelta si suggeriva da sé». «Mentre scrivevamo ci siamo resi conto che il film “voleva” delle cose, e più erano provocatorie più erano interessanti - aggiunge Valentino Picone - abbiamo capito che dentro queste provocazioni c’era la possibilità di seminare punti interrogativi. Era una sfida che, se hai preclusioni, può risultare addirittura blasfema«.

Prima di loro su questo tema ci sono stati il Marcello Mastroianni di Niente di Grave, Suo Marito è Incinto ( Jacques Démy, 1973) e Arnold Shwarzenegger (Junior, 1994), ma erano paradossi comici senza spessore civile. Giovanni Storti è un plusvalore evidente. «Se ti offrono la parte di Dio, come puoi rifiutare?» Ma il sodalizio è antico. Ficarra e Picone sono stati guest star in ben due film del trio, Chiedimi se Sono Felice e Fuga da Reuma Park. Aldo Baglio, siciliano, è un amico storico della coppia. «Di questo mio ruolo ha sofferto moltissimo - scherza Giovanni - perciò sono felicissimo. E vederli lavorare è stata una lezione di vita. Noi tre ci scavalchiamo, parliamo tutti insieme, facciamo casino. Loro aspettano che l’altro finisca di parlare e chiedono scusa: due lord inglesi».

Ricordo solo che in Andiamo a Quel Paese (2014) Ficarra e Picone raccontavano un’Italia disoccupata che molto realisticamente campava sulle pensioni dei vecchi. Che in L’Ora Legale (2019) scavavano sull’allergia nazionale alla legalità. Che in Il Primo Natale scongiuravano la malefatta di Erode, la strage degli innocenti, solo per essere respinti dai porti nostrani di oggi perché gli innocenti viaggiano sui barconi dei migranti. Comici (ma solo comici?) dalla parte degli ultimi, sempre.

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