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Quella del riciclaggio è una nobile arte. Tecnicamente, il green cinema ha anticipato l’era della green economy. È green, metaforicamente, quella corrente di cinema che inventa nuovi linguaggi riciclando materiali e stilemi obsoleti.
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C’è una generazione X che conosce solo il cinema predigerito da Tarantino e dai grandi fabbricanti di immagini che come lui lavorano su materiale non proprio, privatizzato per usucapione.
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In Italia, oggi, fare film “alla Tarantino” è merce proibita. Ecco perché agli occhi di noi provinciali un film come Freaks Out di Gabriele Mainetti ha il profumo di certo jazz di contrabbando sotto il fascismo o del rock clandestino nell’Urss degli anni Sessanta.
Quella del riciclaggio è una nobile arte. Tecnicamente, il green cinema ha anticipato l’era della green economy. È green, metaforicamente, quella corrente di cinema che inventa nuovi linguaggi riciclando materiali e stilemi obsoleti. È come recuperare il litio dalle batterie rottamate, business in crescita esponenziale: tieni il materiale non deperibile e butti via il resto. Quentin Tarantino ha fatto di questo esercizio amatoriale una scuola. Al posto dei classici I mercati si stanno attre



